Anche l'Italia lavora a un piano per gli ospedali in caso di guerra: cosa sappiamo

Cronaca
©Ansa

Introduzione

Il conflitto ancora in corso tra Ucraina e Russia e gli ultimi episodi collaterali - come l’ingresso dei droni russi in Polonia - mettono in allarme l’Europa. La preoccupazione dominante è che la guerra possa estendersi ben oltre Kiev: per questo in Francia e Germania è scattata l’allerta sulla preparazione della rete ospedaliera nell’accogliere eventuali soldati feriti. Un timore che, secondo Il Sole 24 Ore, è presente anche in Italia, dove ci si starebbe muovendo in tal senso con Palazzo Chigi, il ministero della Difesa e il ministero della Salute.

Quello che devi sapere

Cosa sta succedendo in Francia

Facciamo un passo indietro. Cosa sta succedendo in Francia? Una circolare del ministero della Salute francese ha avvertito le Agenzie regionali della sanità di preparare l'installazione, in caso di necessità, di strutture sanitarie in collaborazione con il ministero della Difesa, affinché gli ospedali civili possano accogliere un eventuale afflusso importante di soldati feriti. A darne notizia il settimanale Le Canard Enchainé, che ha preso visione della circolare.

 

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Il piano di Parigi

Secondo il settimanale francese, il piano di Parigi vedrebbe l’installazione di centri di smistamento di feriti a livello regionale pronti a ricevere militari di ritorno dal fronte, orientandoli verso gli ospedali civili più adatti e più vicini, ma anche a rimpatriarli verso il loro Paese di origine una volta ristabiliti. A livello nazionale, lo Stato francese, agendo in coordinamento con la Nato e l'Unione europea, si preparerebbe a uno scenario che consente il ricovero di "100 pazienti al giorno per 60 giorni consecutivi su tutto il territorio", con "picchi di attività che possono raggiungere 250 pazienti al giorno per tre giorni consecutivi", si legge nella circolare.

 

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L'impreparazione del Paese

La ministra della Salute francese, Catherine Vautrin, ha detto che l'iniziativa fa parte della necessità di anticipare la preparazione di "stock strategici, come per le epidemie". Bisogna ricordare, ha affermato Vautrin alla radio Rmc, che "per il Covid non rimanevano più parole per criticare l'impreparazione del Paese. È del tutto normale che il Paese anticipi le crisi, le conseguenze di quanto succede. Fa parte della responsabilità delle amministrazioni centrali”.

 

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Il programma in Germania

Anche in Germania, come detto, è stato presentato un programma simile per preparare gli ospedali all'eventualità di un conflitto su larga scala in Europa. Si chiama "Piano quadro per la difesa civile degli ospedali", è stato presentato dalla senatrice Ina Czyborra ed è stato realizzato con la collaborazione dell’esercito. Il testo contiene le misure da adottare in caso di scoppio di un conflitto, a partire dalla formazione del personale nella gestione delle ferite di guerra, amputazioni e traumi da esplosione. Lo scopo è quello di garantire le cure anche in contesti eccezionali, mantenendo l'assistenza medica ai civili e contemporaneamente accogliendo un centinaio di soldati feriti ogni giorno, per ciascun ospedale. Un programma in linea con le esigenze della Nato, visto che Berlino - data la sua posizione geografica - potrebbe trasformarsi in un nodo logistico e sanitario fondamentale per un possibile fronte orientale con la Russia.

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E in Italia?

Come spiega Il Sole 24 Ore, in Italia su questo fronte non c’è solo una regia tra Palazzo Chigi e il ministero della Difesa, ma da pochi mesi si è attivato anche il ministero della Salute. Come? Con un decreto ad hoc risalente ad aprile 2025, con cui il dicastero ha istituito presso l'Ufficio di gabinetto un "Tavolo permanente in materia di resilienza di soggetti critici". L’organo, formato da 10 membri, si sarebbe riunito due volte: una a inizio giugno, l’altra dieci giorni fa circa.

Una "strategia di resilienza"

Di cosa si sta parlando? Come riporta il quotidiano economico, sono in corso le prime interlocuzioni per una "strategia sulla resilienza in campo sanitario che stabilisca ruoli e responsabilità dell'insieme degli organi, istituzioni ed enti coinvolti nella predisposizione di piani e misure di preparedeness & response per la gestione di emergenze sanitarie su vasta scala". Quali sono questi eventi estremi che potrebbero accadere? Il decreto parla di eventi C.R.B.N. (ossia Chimici, radiologici, biologici e nucleari) o "scenari di crisi come ad esempio in caso di attivazione degli articoli 3 e 5 del Patto Atlantico".

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Gli scenari possibili

Si è anche cominciato a parlare, sottolinea Il Sole 24 Ore, di un ipotetico scenario di "host nation support" con mobilità militare in tre fasi: "Dalla preparazione per l'arrivo delle truppe, alla mobilità all'interno del Paese, fino alla partecipazione a fasi attive di combattimento all'estero con il possibile rientro di feriti". È anche emerso che la Nato richiede specifici requisiti per l'assistenza sanitaria nei Paesi membri, che gli ospedali italiani sono in grado di assicurare.

 

E la Protezione civile?

"In Italia c'è un Piano nazionale di difesa, che comprende anche la parte batteriologica di cui mi sono occupato io, o almeno c'era fino al 2020", ha detto all'Adnkronos Salute Ranieri Guerra, già direttore generale aggiunto dell'Oms e oggi consulente dell'Areu Lombardia, l'Agenzia regionale emergenza-urgenza. Sul ruolo che potrebbe avere la Protezione civile in caso di scoppio di un conflitto, "c'è il decreto legislativo del 2 gennaio 2018, che nell'articolo 7 comprende la tipologia degli eventi" dove è previsto l'intervento, precisa l'esperto. Ma in caso di coinvolgimento dell'Italia sul fronte Ucraina-Russia, afferma Guerra, "immagino che si debba prima di tutto pensare ai posti letto (traumatologia soprattutto) e alle terapie intensive".

 

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"Siamo in una situazione prebellica"

L'AdnKronos Salute riporta anche le parole in merito di Walter Riccardi, professore ordinario di Sanità pubblica all'università Cattolica. "In Italia si dovrebbe innanzitutto maturare la consapevolezza che siamo in una situazione prebellica e la maggior parte degli italiani mi pare rimuova il concetto". Secondo l'ex presidente dell'Istituto superiore di sanità, il punto di partenza "per non muoversi troppo tardi" è che "le istituzioni interessate inizino a coordinarsi" come è accaduto in Francia e Germania.

 

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