Cristian Ferrario, ritenuto prestanome del leader ultrà nerazzurro Andrea Beretta e di Antonio Bellocco - ucciso da Beretta a coltellate un mese fa - ha chiarito senza negare le accuse. Intanto, sono stati notificati 24 Daspo dai 3 ai 10 anni. E sono in arrivo altri provvedimenti
Si sono conclusi a Milano gli interrogatori di garanzia degli arrestati nell'ambito dell'indagine che ha azzerato i vertici della curva Nord dell'Inter e Sud del Milan e ha svelato gli affari illeciti - dal bagarinaggio sui biglietti fino alle estorsioni su parcheggi e catering a San Siro - le violenze e un patto tra le due curve in nome dei business illegali. Oggi in cinque si sono avvalsi della facoltà di non rispondere mentre un sesto ha ammesso gli addebiti che riguardano una presunta intestazione fittizia con l'aggravante di agevolazione mafiosa.
Gli interrogatori
Stamattina il gip Domenico Santoro si è recato a Opera per interrogare Gianfranco Ferdico, il padre di Marco, uno dei capi ultrà dell'Inter, Renato Bosetti e Giuseppe Caminiti. Quest'ultimo, come Bellocco legato alla 'ndrangheta, è accusato anche dell'omicidio del 1992 di Fausto Borgioli, uomo della banda di Francis Turatello. I tre e altri due ai domiciliari, convocati al palazzo di giustizia, non hanno risposto alle domande, mentre Cristian Ferrario, ritenuto prestanome del leader ultrà nerazzurro Andrea Beretta e di Antonio Bellocco, ucciso da Beretta a coltellate un mese fa, ha invece chiarito senza negare le accuse. Ferrario, come si legge nel capo di imputazione, come "prestanome di Beretta e Bellocco" incassava 40.000 euro "con causale fittizia: restituzione per cucina" al posto dei due capi ultrà - "che attraverso tale fittizia attribuzione eludevano le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale" a cui erano sottoposti - come compenso di una "protezione mafiosa da loro fornita" a un conoscente "che aveva effettuato investimenti in Sardegna, osteggiati attraverso atti vandalici". In più a Ferrario, difeso dall'avvocato Mirko Perlino, oltre al trasferimento fraudolento di valori, è stata contestata l'aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa dei Bellocco.
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In silenzio davanti al Gip
Ieri si erano avvalsi tutti della facoltà di non rispondere i primi ultras interrogati. In particolare, sono rimasti in silenzio Francesco Lucci, difeso dall'avvocato Jacopo Cappetta, e tra i capi della curva Sud milanista, nonché fratello del leader Luca Lucci, Riccardo Bonissi e Luciano Romano, anche loro accusati di far parte dell'associazione per delinquere della curva rossonera. E ha deciso di non rispondere alle domande anche Andrea Beretta, l'ormai ex capo della curva Nord interista e che era nel direttivo con Marco Ferdico e Antonio Bellocco, quest'ultimo esponente dell'omonima cosca della 'ndrangheta e ucciso proprio da Beretta, che è in carcere per l'omicidio dal 4 settembre scorso.
Lucci e Beretta senza stadio fino al 2034
Intanto è stata quasi tutta notificata la prima tranche di Daspo - i provvedimenti interdittivi alle manifestazioni sportive - emessi dal questore Bruno Megale in
relazione all'inchiesta milanese. Si tratta di 24 Daspo tra i 3 e i 10 anni, a cui dovrebbero seguire decine di altri provvedimenti in tempi relativamente brevi. Ed è stato deciso che per Luca Lucci e Andrea Beretta lo stadio resterà proibito fino al 2034. Per loro Daspo di 10 anni, con obbligo di firma per i primi cinque anni. Stesso provvedimento anche per il fratello di Luca Lucci, Francesco, che spesso avrebbe assunto il ruolo di leader in sua assenza.
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Il ruolo della Commissione parlamentare Antimafia
Inoltre, dalle carte dell'inchiesta della Dda di Milano sugli ultras interisti e milanisti, emergono altri dettagli inquietanti sulla morsa della 'ndrangheta su affari illeciti delle curve. Uno scenario su cui vuole vederci chiaro anche la Commissione parlamentare Antimafia, che ha deciso di acquisire gli atti dell'indagine e nei prossimi giorni valuterà eventuali audizioni.