Curve criminali, Sco Polizia: "Così la mafia si infiltra nel tifo"

Si comincia a vedere più chiaro all’interno delle pieghe dell’indagine che ha portato all’arresto dei vertici delle curve di Milan e Inter. E quello che emerge è qualcosa in più del semplice controllo delle rispettive tifoserie. I segnali di allarme iniziano a essere visibili con l’omicidio di Vittorio Boiocchi nell’ottobre del 2022 ancora senza colpevoli, e finiscono fragorosamente pochi giorni fa, con la morte di Antonio Bellocco per mano di Andrea Beretta, quello che, fino al giorno prima, sembrava fosse uno dei suoi più cari amici davanti a una palestra di Cernusco sul Naviglio. È una storia di traffici illeciti che si realizzano grazie alla scalata ai vertici delle due curve, di estorsioni, di pressioni sulle società e sui loro rappresentanti più in vista ma anche, come leggeremo tra poco, di traffico di droga e di controllo del territorio. È anche una storia di interessi e ricerca di protezioni incrociate; richieste che vengono rivolte a famiglie di ‘ndrangheta diverse da fazioni diverse presenti nella stessa curva, con le famiglie che -nel nome del più classico divide et impera- utilizzano manovalanza locale per ampliare il loro giro d’affari in una città già pesantemente infiltrata dall’organizzazione criminale calabrese. Abbiamo intervistato Vincenzo Nicolì, che non è un poliziotto qualunque ma il capo dello SCO, il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, per cercare di avere qualche risposta in più e una visione di insieme su quello che sta accadendo nelle curve milanesi, ma non solo. “Questa indagine è nelle fasi preliminari, le posizioni dei singoli vanno ovviamente valutate. Ma è comunque un contesto nel quale si registra in maniera inequivocabile la presenza di organizzazioni criminali che tentano, spesso con successo e non solo a Milano, di infiltrarsi nel tifo organizzato. Il mondo del tifo gestisce una enorme quantità di interessi economici che non poteva non attrarre gli appetiti di gruppi criminali strutturati. E questi stessi gruppi hanno interesse a fidelizzare i soggetti che hanno a che fare con loro per, eventualmente, gestire altre attività. È un problema grosso che le società sono tenute ad affrontare con l’organizzazione di modelli abbastanza rigidi. Il fatto che tifosi gestissero di fatto una parte degli ingressi allo stadio è molto grave ed è uno dei motivi per cui si è intervenuti in maniera così incisiva. Le attività di sorveglianza non sono limitate ai controlli di ingresso, ma c’è tutta un’attività di intelligence “oscura” che è più importante dei controlli agli ingressi. Le informazioni che ci arrivano sono ciò che previene i fatti davvero gravi”. Alcune misure di tipo non restrittivo sono state emanate nei confronti di personaggi non arrestati ma che potrebbero comunque essere influenti sul resto della tifoseria. Per gestire e comandare una curva non serve essere presenti fisicamente? “È vero, e infatti erano tutti soggetti molto attivi sui social. Tutti i divieti però, dai DASPO agli altri provvedimenti, causano difficoltà non foss’altro perché costringono chi li riceve a parlare, a comunicare con chi invece non è stato colpito. Questo, ovviamente, avvantaggia tutta l’attività di ricerca di informazioni e di intelligence”. Come sono riusciti ad estendere in questo modo il loro giro d’affari? “La possibilità di essere così pervasivi è dovuta al “patto di non belligeranza” di cui si parla in questi giorni. Il patto però vale solo a livello di tifo, questo va specificato, ma ha creato il contesto che ha consentito a questi soggetti di infiltrarsi nella gestione di attività commerciali lecite. Però abbiamo anche assistito a interi settori di curve che venivano riforniti di stupefacenti attraverso la mediazione di questi gruppi. L’infiltrazione avviene in maniera subdola, e questo è uno dei motivi che rendono difficile combatterla”. Ci spiega come è possibile sfilare le società dalle possibilità di essere ricattate? “E’ un problema grosso. Queste preoccupazioni hanno portato all’obbligo per le società di calcio di creare modelli organizzativi che riguardano anche i rapporti con tutti quelli che erogano servizi fuori dallo stadio, oltre che con le curve e con i capi della tifoseria. Dobbiamo capire se, effettivamente, questi protocolli siano stati avviati dalle società impattate. È indubbio che questo è un tema estremamente delicato, perché il confine tra l’incitamento anche “forte” e la pressione illecita è davvero labile. Dall’altro punto di vista siamo attentissimi quando ci sono situazioni di ordine pubblico da gestire, perché ripeto che le attività di pubblica sicurezza si svolgono certamente in divisa ma anche -e soprattutto- con investigazioni e indagini riservate”. C’è una evidente commistione tra tifo, estremismo politico e delinquenza comune “Non è un fenomeno recente. È fisiologico che se le curve sono frequentate da un certo tipo di soggetti, elementi di violenza e di estremismo entrano nelle curve. Ma d’altronde è difficilissimo controllare masse di decine di migliaia di persone, ed è uno dei motivi per cui è stata data alle forze di polizia la possibilità di arresto anche al di fuori della flagranza di reato”. Come state gestendo la sicurezza in vista di Italia-Israele del 14 ottobre? “Questo genere di eventi è oggetto di monitoraggio da molto tempo prima che l’evento stesso abbia luogo. Sorveglianza di luoghi fisici, intercettazioni, attività di intelligence e, punto dove siamo all’avanguardia, una vastissima rete di collegamento con i singoli paesi -in questo caso Israele- ma anche con istituzioni come Interpol e Europol, che ci aiutano a orientare meglio le attività di prevenzione”. Quali possono essere i prossimi sviluppi? “Esiste un’attività intensa di monitoraggio di questi fenomeni, perché la “cifra” criminale va anche oltre il singolo atto violento. Ci preoccupano le infiltrazioni mafiose, le cosche di ‘ndrangheta rappresentano un punto di particolare attenzione perché di fatto poi si risolvono -o tentano di risolversi- nel controllo del territorio. Che non significa controllare solo lo stadio, ovviamente”.