
Covid, Iss: Omicron contagia anche chi ha fatto il booster, ma non gravemente
L’Istituto superiore di sanità spiega che dati ancora preliminari suggeriscono una riduzione dell’efficacia vaccinale contro la malattia sintomatica data dalla variante. I vaccini restano tuttavia fondamentali per ridurre il rischio di malattia e morte

Maria Van Kerkhove, responsabile tecnica della risposta al Covid-19 dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha detto di recente: “Omicron ha un vantaggio in termini di crescita rispetto a Delta, e questo significa che stiamo vedendo un grosso aumento nel numero di casi nei Paesi in cui Omicron è stata identificata”
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Tra le persone che si sono infettate di recente ce ne sono anche alcune che avevano completato il cosiddetto “ciclo vaccinale primario”, ed avevano cioè ricevuto due dosi o una nel caso del vaccino di Johnson e Johnson, e altre che avevano ricevuto il booster. Come è possibile? Una risposta si trova nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità, in una sezione dedicata alla nuova variante
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“I risultati in Gran Bretagna”, si legge, “indicano una riduzione significativa nell’efficacia vaccinale contro la malattia sintomatica da Omicron rispetto a quella da Delta dopo due dosi di vaccino Pfizer o AstraZeneca. È emersa, tuttavia, un’efficacia maggiore verso la malattia sintomatica due settimane dopo il booster, comparabile o leggermente inferiore a quella verso Delta”
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Di quest’ultimo aspetto ha parlato anche l’epidemiologo Thibault Fiolet in un’intervista a LCI ripresa dal Messaggero: “Secondo l'ultima analisi di Public Health England, l'efficacia della dose di richiamo diminuisce poco dopo dieci settimane", ha detto. "Fino a quattro settimane dopo la terza iniezione, la protezione è del 65-75%. A dieci settimane è scesa al 40-50%”. Il booster non fornirebbero quindi una protezione completa e la sua efficacia calerebbe nel tempo
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Nell’intervista, Fiolet ha parlato anche di un altro studio svolto in Danimarca e ancora in attesa di essere revisionato, che ha messo a confronto il tasso di infezione tra vaccinati e non vaccinati. “La trasmissione è ridotta del 28% tra chi ha ricevuto il booster rispetto ai vaccinati senza richiamo”, ha detto
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Gli scienziati stanno ancora cercando di capire come e perché Omicron riesce ad infettare anche le persone vaccinate. Secondo il centro di ricerca sui virus dell’Università di Glasgow, Omicron riesce ad aggirare i livelli di protezione immunitaria forniti da due dosi di vaccino anti Covid, mentre una terza dose riuscirebbe a ripristinarli “parzialmente”

A un risultato simile è arrivata anche una ricerca condotta dal professor Ravi Gupta presso l’Università di Cambridge. Dallo studio emerge la capacità di Omicron di sfuggire al potenziale neutralizzante dei vaccini, che cala comunque nel tempo. Da qui la necessità di intervenire con una nuova dose

Non bisogna comunque dimenticare che il nuovo ceppo è, in generale, molto più trasmissibile. Alcuni studi, ancora in fase preliminare, sembrano associare questa caratteristica al fatto che il nuovo ceppo si replica soprattutto nelle vie respiratorie superiori. "Se il virus produce più cellule nella gola, ciò lo rende più trasmissibile”, ha spiegato Deenan Pillay, professore di virologia presso l'University College di Londra. “Un virus capace di infettare il tessuto polmonare, invece, sarà potenzialmente più pericoloso ma meno trasmissibile"

In attesa di avere più dati sull’efficacia dei vaccini o di poter contare su un prodotto specifico - l’amministratore di Pfizer ha detto che arriverà a marzo - l'Iss continua a sottolineare: “I vaccini restano indispensabili per ridurre il rischio di malattia grave e morte per cui è fondamentale aumentare le coperture vaccinali il più rapidamente possibile sia con il completamento del ciclo primario per chi non l’avesse ancora fatto e che con le dosi di richiamo per chi ha completato il ciclo primario o per chi è guarito da più di quattro mesi”

E ancora: “Le persone che sono completamente vaccinate hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare una forma di malattia grave o di avere la necessità di ricovero in ospedale, rispetto alle persone non vaccinate o vaccinate da molto tempo”. Un aspetto sottolineato anche Philippe Amouyel, professore di Epidemiologia e Salute Pubblica all’Università di Lille: “Il vaccino riduce di oltre il 95% le forme gravi legate a un'infezione con questa variante”, ha detto

Il ministro della Sanità francese Olivier Véran ha detto che, al momento, “le persone a rischio rimangono i non vaccinati, i molto fragili o coloro che non hanno un programma vaccinale completo”. In un’intervista al Corriere della Sera, l’esperta ha detto: “Finché non avremo vaccini per i più giovani e medicine efficaci diffuse per curare coloro che, benché abbiano tentato di proteggersi, restano vulnerabili, non possiamo tornare davvero alla normalità”. Solo poi, sarà possibile trattare questo virus come un’influenza