Gemona, madre Venier confessa: “Ho fatto cosa mostruosa”. Lui voleva andare in Colombia

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Lorena Venier ha ammesso davanti ai magistrati di aver ucciso il figlio 35enne e di aver gettato il suo corpo, fatto a pezzi, in un bidone: "Ho fatto qualcosa di mostruoso". Si apprende che la vittima aveva intenzione di trasferirsi in Colombia, insieme alla compagna, anche lei accusata dell'omicidio, e alla figlia di 6 mesi. Le due indagate, tra cui si sarebbe creato un "legame eccezionale", non erano però d'accordo

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"Sono stata io e so che ciò ho fatto è mostruoso". Lorena Venier, infermiera di 61 anni di Gemona del Friuli (Udine), ha confessato di aver ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di 35 anni, insieme alla compagna di lui, Mylin Castro Monsalvo, anche lei in carcere a Trieste con l'accusa di omicidio. A entrambe sarà contestata la premeditazione, che sarà proposta nell'udienza di convalida davanti al Gip, in programma domani, sabato 2 agosto. L'omicidio è avvenuto il 25 luglio, sembra alla vigilia della partenza di Venier per la Colombia, dove aveva deciso di andare a vivere e dove voleva portare sia la compagna (colombiana) che la figlia. Una scelta non condivisa né dalla stessa Mailyn né dalla madre di Venier, scrive l'edizione friulana del Messaggero Veneto. Si dice che in Colombia l'uomo avesse affari non chiariti, mentre a Gemona non aveva un lavoro fisso.

Slitta interrogatorio della compagna di Venier

"La mia assistita ha reso piena confessione", ha confermato all'ANSA l'avvocato difensore della madre della vittima, Giovanni De Nardo, aggiungendo che "era visibilmente scossa per la crudeltà della sua azione e per la contrarietà a qualsiasi regola naturale del suo gesto". Già nella tarda serata di ieri la donna era stata sentita in Procura. Slitta invece l'interrogatorio della compagna di Venier, che intanto ha incontrato l'avvocato di fiducia e che nel pomeriggio ha avuto un malore che ha costretto i sanitari a chiedere l'intervento di un'ambulanza. La donna è stata quindi condotta in ospedale per una visita urgente. Le sue condizioni non sarebbero gravi, ha reso noto la legale Federica Tosel, all'uscita dal penitenziario: "La mia assistita era apparsa confusa e spaesata, una condizione che avrebbe reso comunque impossibile un interrogatorio, anche perché nemmeno a noi aveva riferito alcunché di utile alla sua difesa".

Mamma Alessandro: "Mailyn la figlia che non ho avuto"

Le indagini puntano ora a chiarire del tutto il movente, che secondo l'avvocato Di Nardo potrebbe essere frutto di un "legame eccezionale" instaurato tra la madre e la nuora. Sembra che la signora Venier non volesse perdere quella che ha definito con il magistrato "la figlia che non aveva mai avuto" e con la quale si era cementato un sentimento di forte affetto, ricambiato. E Mailyn non avrebbe voluto tornare nel suo Paese. Né Lorena Venier voleva separarsi dalla piccola con la quale il legame forse è ancora più forte. Secondo quanto è filtrato da ambienti investigativi, le nonna ha più volte fatto riferimento alla bimba e al fatto che non poteva crescere in quel clima. Non è stato possibile accertare a che cosa facesse esattamente riferimento. Il delitto - si è appreso durante la ricostruzione di Lorena Venier al pm - è arrivato dopo lunghi mesi di dissapori e anche, sembrerebbe, violenze domestiche.

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La dinamica dell'omicidio

Proseguono intanto le indagini nella villetta, in località Tobaga, dove la vittima conviveva insieme alla 30enne e la loro figlia di 6 mesi. L'uomo sarebbe stato dapprima stordito con una forte dose di farmaci e poi soffocato con un cordino. Una volta morto sarebbe cominciata l'operazione di sezionamento del cadavere. Secondo una prima ricostruzione, le due donne avrebbero gettato nel bidone il corpo sezionato in tre parti, poi lo avrebbero ricoperto con uno strato di calce viva per nascondere l’odore, come emerso dall'interrogatorio della madre. Allo scopo di non destare sospetti, la madre della vittima era poi andata regolarmente al lavoro fino al 30 luglio. La compagna si è invece occupata della piccina, continuava a uscire con la piccola nella carrozzina.

Indagini nella villetta, si cercano tracce di sangue

Uno speciale mezzo dei Vigili del Fuoco ha rimosso il bidone dove è stato gettato il corpo di Venier, posto in un'autorimessa vicino alla casa, per il recupero della salma che, una volta ricomposta, è stata affidata a un istituto legale per l’autopsia. Nella villetta non sono state trovate, al momento, tracce di sangue e non è escluso che le due donne abbiano ripulito a fondo i locali nei giorni seguenti l’omicidio.

Perché Venier voleva trasferirsi in Colombia

Come detto, a Gemona Venier non aveva mai avuto un lavoro fisso: si sarebbe arrangiato con qualche lavoretto come svuotare cantine e altre attività più o meno lecite. Era conosciuto dalle forze dell'ordine e avrebbe fatto piccoli commerci di materiale bellico risalente alla Seconda guerra mondiale trovato in zona e rivenduto ad appassionati del settore. La sua idea sarebbe stata andare in Colombia e costruirsi una nuova vita. Voci del piccolo centro friulano dove vieva sostengono che nel Paese sudamericano forse aveva una casetta nel bosco e un fazzoletto di terra per la coltivare banane o altro. Per certo in Colombia vivrebbe un suo amico, proprietario di una azienda agricola con la quale Venier aveva più volte collaborato.

Sgomento della comunità. Sindaco: "Fatto gravissimo"

"A mia memoria, non è mai successa una cosa del genere qui. È un fatto gravissimo, straziante", ha detto il sindaco di Gemona Roberto Revelant che ha raccontato che pur non conoscendo personalmente la vittima sapeva che era solito lavorare all’estero. L’uomo aveva il desiderio, un giorno, di trasferirsi in Colombia, Paese d’origine della compagna. “Ora ha bisogno di ricostruirsi una vita”, ha aggiunto il primo cittadino riferendosi alla figlia della coppia, affidata ai Servizi sociali. Sgomenti i vicini soprattutto per il coinvolgimento nell’omicidio della madre 61enne della vittima, conosciuta in paese per il suo impegno come infermiera al servizio degli altri.

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