Covid, dalla spesa e alle visite ai parenti: cosa si può fare e cosa no a Santo Stefano
Terzo giorno di zona rossa in tutta l’Italia. Vietati gli spostamenti se non per motivi di lavoro, necessità o salute che comunque devono essere giustificati tramite l’autocertificazione. Previste anche alcune deroghe, ecco le misure del decreto “Natale”
Anche per la giornata del 26 dicembre, Santo Stefano, il governo italiano ha imposto la zona rossa in tutta l’Italia. Tra divieti e deroghe, di seguito cosa si può fare e cosa non è consentito per evitare la diffusione del Covid-19
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Gli spostamenti sono il tema che probabilmente ha creato più confusione. A Santo Stefano resta il divieto di muoversi se non per comprovati motivi di salute, lavoro o necessità
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Ristoranti, bar, pasticcerie ed esercizi di ristorazione restano chiusi ma c’è la possibilità di ordinare cibo da asporto entro le 22 o a domicilio
Le prime dosi di vaccino sono arrivate in Italia
Una sola volta al giorno è permesso uscire dalla propria abitazione per andare a trovare parenti o amici
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Ma il limite massimo di estranei al nucleo familiare convivente che è possibile ricevere in casa è di due persone adulte
I due adulti possono eventualmente portare i figli minori di 14 anni senza limitazioni di numero o persone disabili che necessitano assistenza
Per la messa di Santo Stefano, si può partecipare ma bisogna portare con sé l’autocertificazione. All’interno della chiesa si deve indossare la mascherina e mantenere la distanza di almeno un metro
Il divieto di uscire se non per comprovati motivi di salute o necessità resta valido anche il 26 dicembre dalle 22 alle 5
I cittadini possono recarsi nelle farmacie nel corso della giornata verificando gli orari di apertura o di servizio
Possono restare aperti parrucchieri e barbieri, edicole, negozi di computer ed elettronica o di alimentari
Così come le librerie, i ferramenta e i negozi che vendono vernici e piastrelle o dedicati agli animali domestici possono decidere se aprire o chiudere il giorno di Santo Stefano
Non sono costretti a chiudere neppure i negozi che vendono calzature per bambini e neonati e quelli di biancheria intima