Mafia Capitale, la storia del "Mondo di mezzo": tutte le tappe

Cronaca

Dal dicembre del 2014, quando sono scattati i primi arresti, fino al processo di appello che è terminato con la condanna a 14 anni e mezzo di reclusione per Carminati e a 18 anni e 4 mesi per Buzzi. Il racconto delle vicende del malaffare romano

A più di tre anni dall’inizio dell’operazione Mondo di Mezzo, poi rinominata Mafia Capitale, l'11 settembre 2018 è arrivata la sentenza di secondo grado per i 43 imputati accusati di far parte dell’associazione che avrebbe condizionato la politica della capitale. Fra di loro, anche i due protagonisti delle vicende del malaffare romano: l’ex terrorista dei Nar Massimo Carminati, condannato a 14 anni e mezzo di reclusione, e Salvatore Buzzi, condannato a 18 anni e 4 mesi. Pene ridotte nonostante i giudici della terza corte di appello di Roma abbiano riconosciuto l'associazione mafiosa, ribaltando così la sentenza di primo grado. In un susseguirsi di arresti, perquisizioni e indagini ecco quali sono state le tappe della vicenda.

L’inizio di Mafia Capitale

È il 2 dicembre 2014 quando 37 persone vengono arrestate (28 in carcere e 9 ai domiciliari) e scattano decine di perquisizioni 'eccellenti', tra cui anche quella nei confronti dell'ex sindaco Gianni Alemann. La Procura ritiene che negli ultimi anni, nella capitale così come nel Lazio, abbia agito un'associazione di stampo mafioso che ha fatto affari - leciti e non - con imprenditori collusi e con la complicità di dirigenti di municipalizzate ed esponenti politici. Lo scopo: avere il controllo delle attività economiche e la conquista degli appalti pubblici. I reati vanno dall’estorsione, alla corruzione, fino all’usura, al riciclaggio, alla turbativa d'asta e al trasferimento fraudolento di valori. A guidare questa organizzazione, secondo gli inquirenti, sono il presidente della cooperativa '29 giugno' Salvatore Buzzi e l'ex terrorista di destra, Massimo Carminati. Proprio l’ex Nar avrebbe impartito "le direttive agli altri partecipi" e avrebbe fornito loro schede dedicate "per comunicazioni riservate". Avrebbe anche mantenuto i rapporti "con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali, con pezzi della politica e del mondo istituzionale, finanziario e con appartenenti alle forze dell'ordine e ai servizi segreti".

Nuovi arresti e legami con la politica

Nel giugno successivo, arriva una nuova ondata di arresti per Mafia Capitale, con 19 persone in carcere, 25 ai domiciliari, altre 21 indagate a piede libero. Si delineano i ruoli di comando sia di Buzzi che di Carminati, e i loro contatti con gli esponenti del mondo politico che risultavano a libro paga dell'organizzazione che a Roma sarebbe stata attiva in ogni tipo di affare: dalla gestione dei migranti a quella di appalti per punti verdi e piste ciclabili. In carcere finisce anche Luca Gramazio, ex consigliere capogruppo Pdl (poi Fi)  in consiglio comunale e poi in Regione, e oggi condannato a 11 anni. Sarebbe lui il “volto istituzionale” di Mafia Capitale che avrebbe elaborato "le strategie di penetrazione nella pubblica amministrazione".

Mafia Capitale: il processo con 46 imputati

Il processo per Mafia Capitale comincia il 5 novembre del 2015, davanti ai giudici della X sezione penale del tribunale, e durerà oltre un anno e mezzo. Ad aprile del 2017, la procura chiede la condanna di tutti e 46 gli imputati, per un totale di 515 anni di reclusione. Le pene più elevate sono state sollecitate dai pm nei confronti di coloro che sono ritenuti gli organizzatori o i semplici membri del gruppo. La pena più alta viene richiesta per Massimo Carminati: 28 anni. Per Salvatore Buzzi si chiedono, invece, 26 anni e 3 mesi. Saranno 240 le udienze celebrate nell’aula bunker di Rebibbia e diluite in 20 mesi, con 46 imputati, molti dei quali ancora in carcere, come nel caso dello stesso Massimo Carminati, al 41 bis detenuto a Parma, e di Salvatore Buzzi, incarcerato nella struttura di massima sicurezza a Tolmezzo. Saranno trascritte, inoltre, 80mila intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre che 10 milioni di carte e altri 4 milioni di pagine di brogliaccio.

Il procedimento stralcio e l’archiviazione di 113 posizioni

Nel febbraio del 2017, sono finite in archivio le posizioni di 113 indagati su 116 coinvolti nel procedimento stralcio di Mafia Capitale, per imputazioni più o meno residuali, rispetto al processo principale. Accogliendo le richieste avanzate dalla procura di Roma nell'agosto 2016, il gip Flavia Costantini, ha firmato quindi il decreto di archiviazione che riguardava esponenti della politica, imprenditori, professionisti, ex militanti di destra e amministratori. Molti di loro, però, sono già a giudizio - o sono stati già processati - per altre imputazioni. Due i motivi principali che hanno portato alla decisione: per alcune posizioni, "le indagini sin qui portate avanti non hanno consentito di individuare elementi sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio". Mentre, per tutte le altre, non sono state riscontrate o ritenute credibili le dichiarazioni accusatorie fatte da Salvatore Buzzi. E così, per il reato di associazione di stampo mafioso, escono definitivamente di scena, tra gli altri, anche l'ex sindaco Gianni Alemanno e l’ex capo della sua segreteria politica, Antonio Lucarelli, oltre che l’ex responsabile di Ente Eur Riccardo Mancini ed Ernesto Diotallevi, sospettato di essere il referente di Cosa Nostra a Roma. L’archiviazione ha riguardato anche il presidente Pd del Lazio, Nicola Zingaretti, e il suo ex braccio destro Maurizio Venafro, e per una serie di altri esponenti della politica, da consiglieri comunali fino a parlamentari. 

Mafia Capitale: la sentenza di primo grado

Il 20 luglio è arrivata la sentenza di primo grado per i 46 imputati. Caduta l'accusa di associazione mafiosa per 19 di loro, tra cui anche i presunti capi. Carminati e Buzzi - rispettivamente condannati a 20 e 19 anni di reclusione - hanno quindi avuto pene ridotte rispetto a quelle chieste per loro dai pm. Nel caso di Buzzi, prevista anche la condanna per sua moglie e la sua segretaria. Condannati, inoltre, l'ex capogruppo del Pdl in Comune Luca Gramazio (11 anni di reclusione) e l'ex capo dell'assemblea Capitolina Mirko Coratti (6 anni). Mentre Luca Odevaine, ex responsabile del tavolo per i migranti, ha ricevuto la condanna a 6 anni e 6 mesi. Undici anni, invece, per il presunto braccio destro di Carminati, Ricardo Brugia, 10 per l'ex Ad di Ama Franco Panzironi, e 5 per Andrea Tassone, ex minisindaco del municipio di Ostia, commissariato per infiltrazione mafiose. 

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