A volte la ingoiano per errore, altre perché l’olfatto li inganna e la scambiano per cibo. Secondo Greenpeace sono almeno 170 gli organismi marini che certamente ingeriscono frammenti di rifiuti plastici subendo danni come lesioni intestinali o intossicazioni. FOTO - LO SPECIALE - I VIDEO
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260mila tonnellate, tra 5mila e 50mila miliardi di frammenti. Sono queste le stime sulla quantità di plastica presente negli oceani e nei mari di tutto il mondo, senza dimenticare i fiumi che sono molto spesso la via tramite la quale viaggiano i rifiuti. -
I frammenti plastici fanno ormai parte dell’habitat di pesci e crostacei che, sempre più spesso, li ingeriscono subendo danni come lesioni intestinali o intossicazioni. Nella foto un pesce nel Marcal River nel villaggio di Gyirmot, vicino a Budapest -
Più del 90% della plastica che inquina gli oceani è microplastica: frammenti di meno di 5 millimetri che abbondano nei cosmetici. Nell’immagine la situazione di qualche anno fa a Guanabara Bay, in Brasile -
Il problema non riguarda però solo i pesci e i crostacei. Anche gli uccelli marini si nutrono di plastica, ingannati dall’olfatto, come spiega uno studio dell’Università della città di Davis in California. Nella foto un airone in mezzo ai rifiuti a Guanabara Bay -
Secondo i ricercatori i rifiuti di plastica gettati nell’oceano produrrebbero un odore che gli uccelli associano al cibo da migliaia di anni e che li induce quindi a ingerirli. Nella foto una papera nuota tra i detriti nel fiume Sava, a Belgrado -
Grazie ad un esperimento, i ricercatori di Davis avrebbero dimostrato che i rifiuti di plastica gettati nell’oceano producono il solfuro dimetile o Dms, responsabile dell’odore che attira i volatili. Gli scienziati hanno depositato nell’oceano al largo della costa della California delle perline composte dai principali tipi di plastica: polietilene ad alta e bassa intensità e polipropilene. Tre settimane più tardi sono tornati a recuperarle e hanno constatato che odoravano di solfuro dimetile, prodotto da una reazione chimica delle alghe marine depositate sulla superficie degli oggetti. Nella foto una garzetta tra i rifiuti in un lago a Colombo, Sri Lanka -
Vittime della plastica nelle acque sono anche le tartarughe, come quella nella foto, ricoverata in una clinica veterinaria a San Diego, in California, dopo aver ingerito dei rifiuti nell’oceano. L’animale era stato trovato in stato di disidratazione, ipotermia e sottopeso -
Secondo il rapporto di Green Peace “Plastic in seafood”, sono almeno 170 gli organismi marini che certamente ingeriscono i frammenti di plastica. Nell’immagine una Olive Ridley Sea Turtle morta vicino alla spieggia Los Cobanos, a ovest di San Salvador -
Alcune indagini condotte sui pesci che si nutrono di plancton, come le balene, nel Pacifico del Nord hanno registrato la presenza di microplastiche nel 35% degli individui analizzati. Nell’immagine un uomo osserva una balena morta sulla spiaggia del villaggio di Dien Thinh, in Vietnam -
Secondo uno studio della Fondazione Ellen MacArthur, nel 2050 gli oceani potrebbero contenere più bottiglie di plastica che pesci. Negli ultimi 50 anni la produzione di plastica nel mondo è aumentata di ben venti volte e, per il 2050, il 20 per cento dell’intera produzione mondiale di petrolio servirà solo per la plastica. Nell’immagine decine di pesci morti su una spiaggia dell’isola di Paqueta, vicino a Rio de Janeiro -
Oggi, meno del 5% della plastica viene riciclata. Il 40 per cento finisce in discarica e un terzo direttamente negli ecosistemi naturali, come gli oceani. Un uomo di fronte a una distesa di pesci nel lago Ulsoor, in India -
Secondo una ricerca dell'organizzazione ambientale Ocean Conservancy in collaborazione con McKinsey, più della metà di tutta la plastica che finisce negli oceani, circa il 60%, proviene da cinque nazioni asiatiche: Cina, Filippine, Thailandia, Indonesia e Vietnam. Una scia di pesci morti lunga oltre due chilometri nel fiume Nanfei, in Cina -