
Il mollusco vive nel mar Mediterraneo, incastonato nelle rocce dei fondali. In Italia la sua pesca è proibita dal 1998 perché è riconosciuta come pratica che causa danni all'ambiente marino

In Italia la pesca dei datteri di mare è vietata dal 1998. Ma il mollusco, che vive nel mar Mediterraneo, continua a essere depredato da pescatori di frodo
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Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga) appartiene alla specie dei molluschi bivalvi marini. Allo stadio larvale vive libero nell’acqua. Quando raggiunge l’età adulta si fissa alle rocce di natura calcarea attraverso una sostanza filamentosa, il bisso, da lui prodotto
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Il dattero di mare scava un cunicolo all’interno della roccia calcarea (folade), secernendo una sostanza acida. Il mollusco ha una crescita molto lenta e può arrivare fino a 15 centimetri di lunghezza
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Il mollusco presenta una conchiglia lunga e stretta, dal colore brunastro, a forma di dattero. Vive incastonato nella sua roccia
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In Italia la pesca dei datteri di mare è vietata dal 1998. La sua raccolta è infatti dannosa: per recuperare gli animali, si interviene rompendo i blocchi di roccia causando danni alla biodiversità e all’ecosistema marino
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Come denunciato dalla Onlus Marevivo, la pesca illegale fa uso di scalpelli, martelli pneumatici e cariche esplosive con effetti devastanti per l’ambiente. Ed è proseguita nel tempo, nonostante sia vietata da più di un ventennio

Nonostante il divieto previsto dalla legge, si sono registrati casi in cui le forze dell’ordine sono intervenute per sequestrare i datteri di mare pescati illegalmente

Il 10 marzo 2022, secondo il procedimento n°8147/2018 Rgnr, la pesca di frodo del dattero di mare è stata riconosciuta e sanzionata come pratica che attenta e distrugge l’ecosistema marino, causando anche il depauperamento delle scogliere

La sentenza è stata emessa per il reato di disastro ambientale nei confronti di una organizzazione criminale, operante nel territorio marino del Golfo di Napoli, finalizzata alla pesca illegale e alla commercializzazione dei datteri di mare

Nelle loro perizie, i consulenti della procura della Repubblica di Napoli hanno riscontrato danni permanenti causati all’ambiente marino