Si tratta di un fenomeno legato al riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico dell’area tropicale, che si verifica in quelle aree del globo dove soffiano gli alisei, venti, regolari in direzione e costanti in intensità, appartenenti alla Cella di Hadley. I primi ad averne visto gli effetti? Gli abitanti del Perù
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- Piogge torrenziali, inondazioni, disastri geologici ma anche siccità e ondate di caldo estremo. Tra le cause delle anomalie climatiche, che hanno causato di recente diversi morti nel mondo, c’è anche El Niño. Ma di cosa si tratta?
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- La sua potenza, sostengono gli esperti, è tale da causare fenomeni atmosferici di grave intensità. In particolare, quando si fa riferimento a El Niño ci si riferisce ad un riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico dell’area tropicale, che si verificano in quelle aree del globo dove soffiano gli alisei, venti, regolari in direzione e costanti in intensità, appartenenti alla Cella di Hadley ovvero la cella di circolazione atmosferica situata proprio nella fascia intertropicale
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- Questo fenomeno atmosferico, considerato comunque indipendente dal riscaldamento climatico, ha dunque un’immediata ripercussione nell’area più prossima all’Oceano Pacifico, riscaldando in generale l’atmosfera di questa porzione di globo, per poi estendersi altrove. Le temperature del mare possono aumentare anche di tre gradi e i primi effetti si hanno sulla circolazione dell’oceano, con ripercussioni poi sulla fauna e sulla flora
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- Come spiegato dalla climatologa del Cnr, Marina Baldi, la prima popolazione che si è accorta di El Niño sono stati gli abitanti del Perù, che hanno notato che le acque dell’oceano erano più calde, nell’ambito di un fenomeno che si verificava intorno al periodo di Natale. Da qui, tra l’altro, anche il nome perché El Niño faceva pensare alla nascita di Gesù Bambino
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- Ma cosa c’è all’origine della sua formazione? In sintesi, un accumulo di acque da una parte dell’Oceano che cerca di spostarsi. Qui, infatti, le acque risultano più calde a ovest e più fredde a est, e quando la temperatura aumenta si inizia ad innescare una differenza di pressione che si traduce anche in una differenza del livello dell’Oceano
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- Cosa comporta il suo passaggio? Sostanzialmente uno spostamento di correnti d’aria equatoriali che si tramuta nella concentrazione di piogge nella fascia meridionale degli Stati Uniti, oltre ad un aumento delle temperature e ad un clima caratterizzato dalla siccità negli Stati del nord e in Canada ma non solo
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- La stessa dinamica ha luogo allo stesso tempo in alcune parti dell’America Latina, ma anche in Sudafrica, Australia ed Asia. E, a livello globale, il passaggio di El Niño comporta un aumento di temperatura di circa 0,2 gradi Celsius provocando, ad esempio in Europa, inverni più freddi e secchi a nord e più miti e umidi a sud del continente
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- Solitamente si verifica in media fra i 2 e i 7 anni, e dura fra i 9 e i 12 mesi. Uno dei più significativi era stato registrato nel 2016 e aveva contribuito (insieme all'effetto serra di origine umana) a rendere quell'anno il più caldo mai registrato
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- Per quanto riguarda l’area mediterranea, in sostanza, El Niño potrà favorire l’umidità, intensificando le precipitazioni. Ci sono timori? In parte, ma esistono comunque modelli matematici che consentono di ottenere delle proiezioni su quello che accadrà ma, secondo gli esperti, è importante che tutto il sistema venga attentamente monitorato, perché l’incertezza dei modelli rimane