
Taglio cuneo fiscale, buste paga più alte a gennaio: a chi spettano e quanto si guadagna
Per i lavoratori sia del settore pubblico che di quello privato il cedolino dello stipendio di questo mese sarà più pesante: merito della sforbiciata dei contributi previdenziali prevista dalla Manovra, che potrà portare fino a 58 euro lordi in più per chi guadagna 1.900 euro

Una buona notizia per i dipendenti pubblici e privati: arriva nel cedolino dello stipendio di gennaio il taglio dei contributi previdenziali previsto dalla Legge di Bilancio
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I COSTI – I costi di questo intervento sono piuttosto impegnativi per il bilancio pubblico, visto che sono molto vicini ai 5 miliardi di euro, ma diventano un effettivo incremento per chi guadagna fino a 1.923 euro mensili e ha diritto ad una riduzione di tre punti dell’aliquota contributiva: l’aumento in busta paga può arrivare fino a 58 euro
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PER CHI HA UN REDDITO SUPERIORE – Chi invece arriva a guadagnare fino a 2.692 euro si vede confermato lo sgravio di due punti già in vigore lo scorso anno, che può significare un beneficio di 54 euro sempre in termini lordi
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CHI VIENE INCLUSO – Attraverso una circolare della scorsa settimana l’Inps ha definito tutti gli aspetti delle nuove regole, operative già con i pagamenti di gennaio di questi giorni. Sono inclusi tutti i dipendenti pubblici e privati, con l’eccezione dei lavoratori domestici (che hanno una normativa specifica e aliquote contributive più basse)
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COME FUNZIONA - Il taglio riguarderà la quota di contribuzione a carico del lavoratore, fissata per la componente previdenziale al 9,19 per cento: secondo la normativa scenderà al 6,19 per cento fino ai 1.923 euro mensili e al 7,19 per chi non va oltre i 2.692. Le pensioni future degli interessati non verranno toccate: la legge prevede esplicitamente che siano calcolate come se il versamento fosse pieno
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IN PRATICA – Il vantaggio più considerevole del taglio di 3 punti, considerando l’importo massimo di 1.923 euro, lo si ha intorno al massimale di 1.900 euro mensili: ci sono infatti 57 euro lordi in più, che diventano però 38 netti. Al di sopra lo sconto riparte da circa 40 euro: questo è l’incremento lordo di chi guadagna 2mila euro, che ne avrà 26 netti in più, sempre immaginando che l’esonero contributivo non fosse in vigore. Con 2.692 mensili (ovvero 35mila all’anno) se ne ottengono 54 lordi in più, corrispondenti a circa 30 netti
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CALCOLO SU BASE MENSILE - L’Inps ricorda che il diritto all’esonero è calcolato su base mensile: vuol dire che se in un certo periodo di paga si supera la soglia, il beneficio sarà ridotto (passando da tre a due punti) oppure scomparirà del tutto. Infatti, in caso per esempio di stipendi sui 2.692 euro, un eventuale aumento significherebbe difatti ricevere una retribuzione effettiva uguale o anche leggermente inferiore a quella precedente, visto che lo scatto gli farebbe perdere l’aumento di due punti

L’OBIETTIVO - La riduzione dei contributi era stata introdotta in misura limitata, appena lo 0,8%, dal governo Draghi nel primo semestre del 2022, portandola poi a due punti nella seconda parte dell’anno. L’attuale esecutivo ha confermato per tutto il 2023 lo sgravio, incrementandolo per chi guadagna fino a 25mila euro lordi l’anno. Il traguardo dichiarato è portarlo nel corso della legislatura a cinque punti: andranno però trovate le adeguate risorse
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