Guerra Ucraina, Usa chiamano influencer TikTok per informare pubblico. Lo stesso fa Mosca

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Washington ha organizzato una riunione con 30 dei profili più seguiti sui social per organizzare la campagna di informazione in merito al conflitto. L’incontro è stato presieduto dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki e da funzionari del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Anche il Cremlino tenta di coinvolgere giovani personalità influenti sulla piattaforma a fini propagandistici

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La campagna di informazione sulla guerra tra Russia e Ucraina coinvolge anche TikTok. Il social media ha sempre più influenza tra i giovanissimi e la scelta di coinvolgerlo per informare il pubblico arriva direttamente dalla politica. È una mossa che hanno fatto sia la Casa Bianca che la Russia, con obiettivi opposti. Washington ha invitato 30 tra i principali influencer di TikTok statunitensi a partecipare a un incontro su Zoom, presieduto dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki e da alcuni funzionari del Consiglio per la Sicurezza Nazionale Usa. A riportarlo per primo è stato il Washington Post. Al centro della riunione – che si è tenuta giovedì 10 marzo - gli obiettivi ritenuti strategici degli Stati Uniti, l’aiuto umanitario fornito, la cooperazione con la Nato e come il Paese reagirebbe a un attacco russo con armi nucleari. Secondo un’indagine di Vice News, anche il Cremlino si è mobilitato per ottenere una copertura mediatica in suo supporto su TikTok. La testata riporta che Mosca avrebbe lanciato una campagna per raggiungere, attraverso un canale Telegram segreto, le più influenti personalità del social, che sarebbero state informate su cosa dire riguardo alla guerra e che hashtag utilizzare per i loro post. L’operazione sarebbe iniziata in concomitanza all’inizio dell’invasione armata russa in Ucraina, a partire quindi dallo scorso 24 febbraio. TikTok ha recentemente messo al bando la pubblicazione di nuovi post in Russia. Tuttavia, scrive il Guardian, sarebbe ancora possibile vedere i contenuti russi caricati sulla piattaforma prima del divieto (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - LO SPECIALE DI SKY TG24 - LA MAPPA DEI PROFUGHI UCRAINI).

La mossa della Casa Bianca

La riunione organizzata dalla Casa Bianca è stata presieduta, oltre che da Psaki, da Matt Miller, consulente speciale per le comunicazioni al Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Il Washington Post ha ottenuto una registrazione dell’audio dell’incontro, che ha pubblicato sulla piattaforma SoundCloud. Gli ufficiali di Biden hanno sottolineato l’influenza che il social media riveste nell’ambito della comunicazione. Il direttore per la strategia digitale della Casa Bianca ha detto ai partecipanti: “Riconosciamo come TikTok sia un luogo di importanza fondamentale nel modo in cui la popolazione americana sta scoprendo le ultime notizie. Volevamo quindi essere sicuri che aveste le informazioni aggiornate da una fonte autoritaria”. Tra i partecipanti alla riunione anche Aaron Parnas, figlio di Lev Parnas, uomo d’affari nato in Ucraina che negli scorsi anni è rimasto coinvolto nelle indagini sulle pressioni fatte da Trump a Kiev per investigare sui suoi rivali alla Casa Bianca. Il ragazzo, 22 anni, ha sempre messo in chiaro: “Amo mio padre, ma non sono mio padre”. Nella notte dell’inizio dell’invasione, il suo live su TikTok per parlare della guerra è stato seguito da 800mila utenti.

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Mosca e i social media

Mosca ha bloccato l’accesso non solo a diversi media, internazionali e locali indipendenti, ma ha anche oscurato i più importanti social media. L’ultimo in ordine di tempo è stato Instagram, che verrà bloccato definitivamente a partire dal 14 marzo. Con qualche limitazione, continua invece a funzionare TikTok, che il Cremlino starebbe appunto sfruttando per rafforzare la sua propaganda. Il controllo governativo dei media non è una novità relativa alla guerra, ma nelle ultime settimane è diventato più penetrante. Prima che venisse oscurato Twitter, come riporta la Bbc, alcuni cittadini russi sono stati arrestati per aver pubblicato post in cui parlavano della loro partecipazione o del loro supporto alle manifestazioni contro il conflitto in Ucraina. Le proteste “non autorizzate” in Russia sono illegali e dallo scorso 4 marzo una nuova legge punisce con pene graduali che vanno dalla multa fino a 15 anni di reclusione chi diffonde “fake news” sulla guerra e “scredita l’onore delle forze armate”.

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