Google compie 20 anni, così il motore di ricerca ha cambiato il web

Tecnologia
La sede attuale di Google si trova a Mountain View, in California (Getty Images)
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Il 4 settembre 1998 Larry Page e Sergey Brin battezzano la loro società. Poco meno di un anno prima avevano registrato il dominio che li avrebbe messi a capo di un impero tecnologico. La storia di un successo, nonostante i guai con l’Ue e il nodo privacy

Motore di ricerca dominante, proprietaria del primo e del secondo sito più cliccati del mondo, sviluppatore del sistema operativo mobile più diffuso del pianeta. Questa è Google, il cui primo atto ufficiale risale a vent'anni fa: era il 4 settembre 1998, il giorno della fondazione. Poco meno di un anno prima, due studenti di Stanford, Larry Page e Sergey Brin, avevano depositato il dominio Google.com. Una storia di successo, ma di recente condita anche da qualche controversia. La più nota è certamente quella con l'Unione europea, che ha messo nel mirino il motore di ricerca per sospetto abuso di posizione dominante. Ma a tenere banco c'è anche la questione legata alla privacy.

La fondazione di Google Inc.

Larry Page e Sergey Brin, i due fondatori di Google, sono oggi tra i primi 15 uomini più ricchi del pianeta. Nella seconda metà degli anni '90 hanno l'idea di creare un algoritmo che classifichi i link e metta ordine tra i siti. Le loro storie sono molto diverse. Page è figlio di un professore universitario di informatica; Brin è nato in Russia per poi trasferirsi negli Stati Uniti a sei anni. L'idea ha successo anche per la sua apparente semplicità: una barra nella quale inserire le chiavi di ricerca e una lista di risultati. Nell'era dei portali, Google è "solo" un motore di ricerca. "Google Inc." è la dicitura ufficiale scritta sui documenti del 4 settembre 1998: riprende un concetto matematico, il "googol", ossia il numero uno seguito da 100 zeri e la leggenda vuole che sia stato un errore di trascrizione all'atto della registrazione del dominio a generare il nome attuale.

Dal garage alla Borsa

Google apre il suo primo vero ufficio solo nel febbraio 1999, a Palo Alto, in California. Nel 2000 moltiplica le lingue con cui poter cercare ed esplode in tutto il mondo. Nel luglio 2001 è la volta della ricerca per immagini. Nell'aprile 2004 lancia Gmail, il suo servizio di posta elettronica. Lo fa il primo aprile, tanto che in molti pensarono a uno scherzo. Non è così e i tempi sono maturi per la quotazione in Borsa, che arriva nell'agosto 2004. Oggi la società vale 850 miliardi di dollari, solo Amazon ed Apple le sono davanti. In realtà, a valere tanto è Alphabet. Nel 2015, infatti, le attività gestite da Mountain View sono diventate così tante da richiedere la creazione di una holding, cioè di una società che ne controlla altre. E sotto la quale ci sono (tra le altre cose) anche le reti di Google Fiber, l'Internet of Things di Nest, gli investimenti di Google Ventures e la guida autonoma di Waymo. Brin e Page restano in plancia di comando: sono presidente e Ad di Alphabet. La guida di Google è invece passata a Sundar Pichai.

Le maggiori acquisizioni

L'espansione di Google è passata per una serie di acquisizioni. A volte di piccole realtà diventate divisioni interne, altre di grandi compagnie. Il principale colpo della sua storia è probabilmente la conquista di YouTube. È l'ottobre 2006 quando Brin e Page sborsano 1,65 miliardi per la piattaforma video. Per l'epoca era una cifra enorme, che però si rivelerà un investimento abbondantemente ripagato. Oggi Youtube è il secondo sito più trafficato al mondo, alle spalle dell'ammiraglia di casa, Google.com. L'altra grande acquisizione risale al 2005. Bastano 50 milioni di dollari per portare a Mountain View il team di Android. Tre anni dopo, nel 2008, il robottino verde fa il suo esordio sul mercato. Oggi è il sistema operativo montato su 9 dispositivi mobile su 10. Tra le principali acquisizioni ci sono quella di DoubleClick (3,1 miliardi per conquistare il nucleo di quello che sarà AdSense, il cuore pubblicitario di Google) e quella di Nest (3,2 miliardi per conquistare sensori e oggetti connessi). In una storia di grandi successi, è singolare che proprio la maggiore acquisizione della storia di Google sia un flop: nell'agosto 2011 il colosso californiano sborsa 12,5 miliardi di dollari per Motorola. E per quanto quell'esperienza abbia permesso a Big G di accedere a numerosi brevetti, non viene certo ricordata come un'operazione di successo. Nel 2014, il marchio viene ceduto a Lenovo per meno di tre miliardi.

I guai con l'Ue

Nel 2017 l’Unione europea ha inflitto a Google una multa di 2,4 miliardi di euro per aver favorito il suo servizio di comparazione di prezzi Google Shopping a scapito degli altri concorrenti. Lo scorso luglio, invece, la Commissione europea ha inflitto una nuova multa record a Big G, la più alta mai comminata: il colosso del web dovrà pagare 4,3 miliardi di euro per aver abusato della posizione dominante del suo sistema operativo Android. Nel frattempo,prosegue anche l'indagine sulle sue pratiche pubblicitarie e l'accusa di aver artificialmente ristretto la possibilità per i siti terzi di mostrare le pubblicità dei motori di ricerca concorrenti.

Il nodo privacy

Secondo una recente inchiesta dell'Associated Press, confermata dai ricercatori dell'Università di Princeton, la privacy di chi utilizza gli smartphone non viene rispettata dall’azienda di Mountain View, che traccerebbe gli utenti anche quando questi chiederebbero di non farlo. Negli scorsi giorni, Bloomberg ha invece rivelato che Google avrebbe pagato milioni di dollari a Mastercard per ottenere dati per capire come le pubblicità online influenzino lo shopping nei negozi fisici. Mountain View ha risposto dicendo che non viene dato nessun accesso a informazioni personali tramite le carte, ma in tanti hanno storto il naso. Un altro caso spinoso è quello del possibile ritorno in Cina dell'azienda, con un nuovo motore di ricerca "censurato" secondo le disposizioni del governo di Pechino. Un'eventualità sulla quale i dipendenti hanno manifestato il loro dissenso e sulla quale molti analisti hanno osservato come potrebbe essere un passo indietro per un'azienda che invece dovrebbe promuovere la libertà della Rete.

 

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