M – Il figlio del secolo, tutto e il contrario di tutto. La recensione dell’episodio 3
Serie TVBenito Mussolini aspira a diventare uno stratega, uno statista, ma vuole pure essere amato dal popolo e surfa come una rockstar nel terzo episodio della serie Sky Original. Tuttavia, la muta di cani da guerra composta da Italo Balbo, Roberto Farinacci, Dino Grandi e Cesare Forni ha voglia di violenza. Tra olio di ricino e stoccafisso, il fascista ragionevole e rispettabile non è nel menù, mentre l’onorevole Matteotti denuncia l’inaudita barbarie delle camicie nere
Benito Mussolini: “Volevo diventare deputato, ma avrei fatto qualsiasi cosa per essere alla testa delle camicie nere, invece che in parlamento. E so già che se fossi con le camicie nere, mi vergognerei di loro e vorrei essere in parlamento. Chi sono?”.
Margherita Sarfatti:“Sei la guerra e la pace. La forza e l’intelligenza. Il male e la cura. La vita e la morte. Sei tutto e il contrario di tutto”.
Questo dialogo contiene in nuce tutta la potenza e il mistero del terzo episodio di M - Il Figlio del Secolo (Scopri lo speciale), disponibile in in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW. In poco meno di un‘ora, gli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino riescono a raccontarci i molti volti del duce (straordinariamente interpretato da Luca Marinelli) presenti nel romanzo di Antonio Scurati: da addestratore a domatore, da prestigiatore a trasformista. Ma se lo spettacolo funziona e se si resta abbacinati dal montaggio ipercinetico, dall’immaginifica Mise-en-scène, il merito è anche degli eccezionali costumi firmati da Massimo Cantini Parrini. In questa fiction la forma è assolutamente contenuto. Gli abiti si trasfigurano in una cartina di tornasole che svela l'anima dei personaggi.

DA CANI DA GUERRA A CAVALLI DI RAZZA
La seconda puntata della serie Sky Original si concludeva con un gesto triviale ed eclatante: il dito medio di Benito contro i suoi detrattori. E in questo terzo episodio è ancora la mano di Mussolini a essere protagonista. Il duce saluta il Governo Giolitti. Bye Bye Gigante, i fasciti hanno votato la sfiducia. Le camicie nere gongolano. Tuttavia, la politica somiglia alla scherma; non è solo impeto. Certo, nei primi anni Venti il globo terracqueo svolta a destra. Per citare le parole dell’uomo del secolo: “L’orgia dell'indisciplina è cessata, gli entusiasmi per i miti sociali e democratici sono finiti. La vita torna all'individuo”. Solo che, come si evince dalla sontuosa sequenza ambientata in un ippodromo, non è affatto semplice trasformare i cani della guerra in cavalli di razza.

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Marionette e olio di ricino
Il piano per un fascismo ragionevole si esplica in un’inquadratura che rimanda a L’ Intrigo, il celebre quadro di James Ensor, con Mussolini in cilindro e la fenomenale Barbara Chichiarelli con cappello a falde large occhi bistrati e civettuolo ombrellino parasole. Insomma, il duce dopo averli sciolti deve richiamare all’ordine i suoi war dog, se vuole passare dalle risse da strada alla strategia. Solo che l’impresa non pare una passeggiata di salute. La rabbiosa muta è composta da Dino Grani (Gianmarco Vettori), capo dei fasci bolognesi, contadino istruito, la razza peggiore, non li freghi mai; Roberto Farinacci (Gabriele Falsetta), la quinta essenza del bastonatore fascista; Cesare Forni (Daniele Trombetti), eroe di guerra; la star del quartetto Italo Balbo (Lorenzo Zurzolo), genio pazzo: si deve a lui l‘utilizzo della camicia nera come uniforme d’ordinanza, lo stoccafisso (il merluzzo essiccato) usato come arma contundente per aggirare i divieti e l’utilizzo dell’olio di ricino per punire gli avversari. E proprio questa pratica abominevole, già mostrata da Federico Fellini nel capolavoro Amarcord, viene esplicata attraverso l’utilizzo di una marionetta. Un riuscito escamotage che non riduce nemmeno di un’oncia l’orrore per un simile castigo, anzi ne amplifica l’esecrazione. E proprio non limitarsi alla corriva e scolastica rappresentazione di eventi noti ai più uno dei numerosissimi punti di forza della serie diretta da Joe Wright.

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M – Il figlio del secolo, la recensione dell'episodio 2 della serie

Da Beniamino Gigli al Metal: La colonna sonora come personaggio aggiunto
“In virtù della musica le passioni godono di sé stesse” chiosava Friedrich Nietzsche. E in M - il figlio del secolo, la colonna sonora è una sorta di personaggio aggiunto, di sorprendente coro greco. Tom Rowlands dei Chemical Brothers orchestra un proteiforme accompagnamento musicale in questa terza puntata. Si passa con stilosissima disinvoltura da Musica proibita, romanza di Stanislao Gastaldon eseguita alla perfezione da Beniamino Gigli, alla deflagrante Cigaro dei System of a Down. Il brano del gruppo alternative metal statunitense è il vibrante tappeto sonoro di una delle sequenze più massicce e frementi dell’intera stagione della serie Sky Original. Mussolini ha firmato il patto di pacificazione con i socialisti. L’intento è quello di accattivarsi le simpatie dei moderati e di acquisire ancora più credito presso il parlamento per arrivare passo dopo passo a capo del governo. Ma il comitato centrale fasci di combattimento è indignato. Tra i camerati impazza il coro "chi ha tradito tradirà”. Balbo e i suoi sodali contattano D’Annunzio (il magnifico Paolo Pierobon). Ma il poeta dolente rifiuta perché “la notte è fosca, Diana non è apparsa, il cielo è muto”. Siamo a Roma, è l’8 novembre del 1921. Mussolini spariglia le carte, parimenti a un prestigiatore. Con un “me ne frego dei socialisti”, manda il maldigerito patto a ramengo. Lo sdegno delle camicie nere si trasforma in devozione. I camerati hanno bisogno di un padre. E quel padre è Benito. Si gettano le basi per la nascita del Partito Nazionale fascista. Si inneggia alla creazione di un esercito, si predica una violenza calcolata. L’Italia ha bisogno di pace e noi gliela daremo con la guerra, pontifica il duce. E tra le note metalliche e il consueto eja eja alalà, si fa la Storia. Gli squadristi pogano e Mussolini surfa tra la folla parimenti a una rock star. Mai visto niente di simile in televisione prima d’ora.

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M – Il figlio del secolo, tutto sulla serie tv con Luca Marinelli
Vendetta tremenda vendetta
Nevrile, aggressiva, sfrenata, M – il figlio del secolo cambia in continuazione pelle come un lisergico anaconda. In questa puntata trova pure spazio la nascita del saluto romano. Poco importa che i romani non si salutassero così. Basta non dirlo a nessuno. Il fato pare sorridere a Mussolini, ma ecco l’ennesima battuta d’arresto nella scalata verso il potere. In parlamento l’onorevole Giacomo Matteotti, interpretato da Gaetano Bruno, denuncia l’ennesimo voltafaccia da parte di Benito e la barbarie fascista. Come se non bastasse, il re d'Italia Vittorio Emanuele II (Vincenzo Nemolato) nomina come nuovo capo del Governo Luigi Facta e non Benito. Il duce aspira almeno a portarsi a casa un ministero. Ma la vendetta tremenda vendetta ordita da Balbo per riscattare la morte del camerata Federico Guglielmo Florio, responsabile di svariati atti di inaudita violenza ucciso da un’operaio comunista, ribalta la situazione.

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M – Il figlio del secolo, la recensione dell’episodio 4 della serie
Tra Shakespeare e la gerarchia
Al duce tocca ripartire dal via. Mentre l’Italia è in fiamme, una bandiera con la falce e il martello, Mussolini sbatte la testa contro il muro e medita la fuga. Rachele (Benedetta Cimatti, superlativa in un ruolo niente afflato facile) è al suo fianco. Ma su Gerarchia, la rivista fondata dallo stesso Benito, si palesa un articolo firmato da con una citazione da Romeo e Giulietta di Shakespeare: “Sei sempre stato uno che tutto sopportando nulla subisce: e con pari animo accoglie i favori e gli schiaffi della Fortuna (…). Mostrami un uomo che non sia schiavo delle passioni e me lo porterò chiuso nell'intimo del cuore, nel cuore del mio cuore, come ora te“. Alla moglie non resta che mostrare una rivoltella al marito e mormorare: “Ne ho tenuta una sola, non si sa mai”. Ancora una volta Mussolini è tutto e il contrario di tutto.
