M – Il figlio del secolo, tradimenti ed elezioni. La recensione dell’episodio 2
Serie TVSospeso tra essere un martire o un rudere, Mussolini si consola con le avventure extraconiugali: dall’amante e mentore Margherita Sarfatti alla segretaria del “Popolo d’Italia” Bianca Ceccato. Mentre Marinetti recita i suoi versi futuristi, i fascisti, pagati dai proprietari terrieri, reprimono le rivolte contadine. Benito abbraccia la borghesia e cerca un’alleanza con il quinto governo Giolitti in ottica antisocialista. La seconda puntata della serie Sky Original è disponibile su Sky e in streaming su NOW
Il secondo episodio di M – Il figlio del secolo (disponibile su Sky e in streaming solo su NOW) inizia con la parola VERGOGNA e termina con il sostantivo GLORIA. In mezzo si dipana tutto il talento da insuperabile trasformista e spudorato voltagabbana di Benito Mussolini. Una spaventosa abilità riassunta nell’abbagliante battuta che chiude la puntata: “Io sono una bestia coerente. Ho tradito tutti. Tradisco anche me stesso”. Grazie allo straordinario romanzo di Antonio Scurati e all’eccellente lavoro degli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, la trasformazione del duce da rivoluzionario a reazionario si dipana con la precisione di un orologio di grande pregio. Per quanto repentino e imprevedibile sia il cambio di rotta, ci appare naturale la mutazione. Perché aveva ragione Ennio Flaiano: “Gli italiani sono un popolo che corre in soccorso dei vincitori”. E scagli la prima pietra, chi almeno una volta non ha cambiato pubblicamente opinione o bandiera per opportunismo o per viltà. Ancora una volta la serie Sky Original (Scopri lo speciale) non demonizza nessuno, ma ci mostra l’abisso in cui sovente tutti gli esseri umani sprofondano.
L'importante è tradire
In questa seconda puntata della serie Sky Original. Mussolini butta male. Tant’è con il consueto tocco di genio Joe Wright lo inquadra come uno dei detenuti di La ronda dei carcerati, il celebre quadro di Vincent Van Gogh. Benito viene liberato dalle patrie galere da Alfredo Lusignoli, prefetto di Milano, interpretato da Roberto De Francesco. Il sogno di trasformarsi in martire svanisce. Ora, l’uomo del secolo rischia di somigliare a un rudere. L’unico suo martirio è quello domestico. Da qui la celebre battuta: “Le pantofole sono la rovina dell’uomo, seguita dall’ancora più crudo aforisma: “Un uomo che sia un uomo non può resistere più di sette giorni consecutivi in famiglia. Insomma, la vita con Rachele (Benedetta Cimatti) e i figlioli non si addice al Duce. A lenire l’amara feccia della sconfitta, ci pensa al solito la consigliera Margherita Sarfatti. Anche perché "la galera è il pù grande afrodisiaco del mondo”. Tuttavia, siccome melius abundare quam deficere, Benito impalma pure Bianca Ceccato (Cosima Centurioni) nuova segretaria di redazione del quotidiano Il popolo d'Italia. Smagato dalle fatiche d’amore, il guerriero fantastica di darsi alla letteratura (ha già in testa 3 romanzi) o suonare il violino o addirittura di fare il muratore. Ma come sappiamo, la storia andrà diversamente.
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Dal Futurismo alla repressione
Bastano un divano, una coppa di Martini con un paio di olive, uomini in frac, ventagli di piume femme fatale dagli occhi bistrati, uno “Zang Tumb Tumb” urlato contro il mondo ed è subito Futurismo. Ma Mussolini non pare troppo sedotto da Filippo Tommaso Marinetti. Dietro quel fumo, gli pare ci sia poco arrosto. E con l’ennesima idea vincente sarà sulle note di una hit assai in voga nei tabarin del primo Novecento, che si spariglieranno le carte e resa celebre dalla cantante napoletana Evira Donnarumma. “Vieni pesciolino mio diletto vieni che faremo l'amoretto insieme su vieni al mio cuor...". Sono queste le strofe che anticipano il clamoroso voltafaccia. L’Italia è scossa da un’ondata di scioperi mai visto prima. Su suggerimento di Cesarino Rossi e dietro una schidionata di banconote, Mussolini si schiera con i borghesi, i latifondisti, i proprietari terrieri. La rivolta annega nel sangue dei braccianti ultimi della Terra. L’argine al pericolo rosso e l’uomo nero e i suoi seguaci. Dalla violenza nelle campagne agli scranni del Parlamento, il passo è relativamente breve. I fascisti scelgono di appoggiare il quinto governo presieduto da Giovanni Giolitti. Per citare le parole del personaggio interpretato da Luca Marinelli. “Giolitti è una vecchia prostituta liberale e come tutte le vecchie prostitute conosce il mestiere.” D’altronde in politica, come nella vita, non ci sposa per amore.
Approfondimento
M - Il figlio del secolo, dal libro di Scurati alla serie tv Sky
Al governo con Giolitti
L’ultimo atto del tradimento è abbandonare Gabriele D’Annunzio (Paolo Pierobon) al suo destino. In una scena potentissima e indimenticabile, accompagnato dalle note malinconiche di Barcarolle from tales of Hoffmann di Jacques Offenbach, da una botta di cocaina che pare una striscia pedonale e da fido samurai, il Vate si arrende e Fiume torna alla Jugoslavia. La carta del Carnaro diventa carta straccia addio al motto: “La vita è bella, e degna che severamente e magnificamente la viva l'uomo rifatto intiero dalla libertà”. Il 16 maggio del 1921, i socialisti vincono ancora una volta le elezioni, ma per Benito la sconfitta si tramuta in vittoria. E’ tra i 10 più votati a livello nazionale, il primo a Milano a Bologna. Si va a Roma con 40 deputati. Giolitti crede di aver addomesticato i fascisti ma li ha solo legalizzati. Mussolini è diventato l’uomo che odiava da ragazzo. Ma chissene frega. “La donna è mobile”, canta Rigoletto. Il duce pure. E nell’aria riecheggiano le parole di Giovinezza.