Lo scrittore, fumettista e sceneggiatore britannico a cui si deve la serie TV di genere fantasy su Netflix (di cui è stata recentemente annunciata una seconda stagione) si apre sulle polemiche che molti hanno sollevato per l’eterogeneità del cast del suo show
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Lo scrittore, fumettista e sceneggiatore britannico Neil Gaiman, colui che ha creato la serie TV di genere fantasy The Sandman per Netflix (visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick), si è finalmente aperto sulle polemiche che molti hanno sollevato per l’eterogeneità del cast del suo show.
Diciamo che Gaiman sta trascorrendo tanto tempo a combattere i troll online quanto a promuovere la sua serie, purtroppo per lui e per i suoi fan...
The Sandman ha debuttato all’inizio del 2022 sulla piattaforma di streaming, e da allora non c'è pace per questo progetto, e per il suo padre putativo.
Anche adesso, con la prima stagione ormai uscita da mesi e andata a dir poco benissimo e una seconda in fase di sviluppo (come è stato recentemente annunciato) Neil Gaiman si ritrova ancora a tentare di spiegare come le decisioni di casting che sono state prese abbiano la loro fonte nelle sue graphic novel, quindi non c'è stato nessun tipo di allontanamento tra adattamento TV e originale.
Il problema è che le persone che criticano non si preoccupano nemmeno di leggere prima le sue graphic novel,o comunque nemmeno di informarsi bene.
Prima di lamentarsi di come quelle graphic novel sono state adattate sullo schermo, farebbero bene a conoscere la fonte stessa, le sue graphic novel appunto.
Il creatore di tutti i personaggi ha affermato - esaperato - che prima di condividere online le proprie opinioni bisognerebbe informarsi. E questo vale non solo per la sua serie televisiva ma per qualsiasi cosa.
Le polemiche in rete
Quando The Sandman è arrivato su Netflix, ha portato con sé molti commenti sui seguenti punti, tra gli altri: personaggi interpretati da attori neri e personaggi con sessi alterati.
Le polemiche sono diventate man mano una valanga, e hanno portato a una vera e propria battaglia: quella combattuta strenuamente da Gaiman per distogliere l'attenzione dalle lamentele meschine, sterili e dannose su chi avrebbe e chi invece non avrebbe dovuto essere scelto per interpretare la serie.
Di recente Neil Gaiman è tornato a parlare di queste polemiche, che riguardano in particolare il casting della star non binaria Mason Alexander Park nel ruolo di Desire e quello di Kirby Howell-Baptiste nei panni di Death.
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Le parole di Gaiman
In un’intervista rilasciata a Inverse, Gaiman ha affermato quanto segue: “Occasionalmente le persone ci urlano contro per aver inventato tutti questi personaggi gay che non erano nei fumetti, e poi dicevamo ‘Hai letto i fumetti?' E loro dicevano 'No’. E dicevamo: 'Erano gay nei fumetti'. E loro dicevano ‘Svegliati, nessuno guarderà il tuo orribile spettacolo'. E poi siamo diventati i numeri uno al mondo per quattro settimane. E hanno detto ‘Sono tutti robot! Ti odiamo. Svegliati’. È una strana sciocchezza. A queste persone che si lamentano non piacciono le persone gay, non piacciono i neri e non piacciono le donne. E se guardi i loro profili, a loro non piacciono i vaccini, non piacciono i democratici e non amano votare". Questo sfogo di Neil Gaiman fa evidentemente capire quanto sia esasperato dalle continue polemiche omofobe, razziste e misogine relative alla sua serie.
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La serie è inclusiva, come le graphic novel da cui è tratta
Si è tentato di rendere la produzione della serie televisiva The Sandman il più comprensiva possibile per quanto riguarda i gruppi minoritari, dal colore e dalla razza fino al genere e alla sessualità.
Per questo motivo molte scelte di casting hanno dato il via a reazioni razziste, misogine e omofobe, specialmente sui social (dove è più facile commentare senza metterci la faccia).
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L'inclusività è oggi un ingrediente imprescindibile per fare spettacolo
Attualmente vengono realizzati pochissimi film e altrettanti pochi programmi TV che non abbiano almeno un protagonista nero o asiatico, un personaggio identificabile con la comunità LGBTQ+ o una donna affermata sul lavoro.
Si tratta ormai di una conditio sine qua non per procedere con un prodotto di cultura e di intrattenimento. Generalmente questo cambiamento viene ben accolto, dato che è sintomo di una maggiore inclusione sullo schermo che vorrebbe accompagnare una maggiore inclusione delle minoranze anche al di fuori dello schermo, ossia nel mondo reale, nella società.
Però quando la volontà di inclusione porta a modificare personaggi preesistenti per adattarsi a questa nuova tendenza, dalla rete si levano sempre cori di protesta. È accaduto con la serie su Anna Bolena, quando le scelte di casting sono ricadute su un’attrice nera (Jodie Turner-Smith) per impersonare una figura storica la cui pelle era lungi dall’essere scura. Sta accadendo con il film live-action La sirenetta, dove l’attrice afroamericana Halle Bailey è stata chiamata a interpretare una nuova inedita versione di Ariel, non più con la pelle chiara come ce l'aveva presentata la Disney.
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Cosa succede in rete quando i personaggi iconici vengono “snaturati”
Spesso in quei casi in cui vengono “snaturati” personaggi iconici c’è chi si appella al fatto che la tradizione è la tradizione (sia essa tradizione disneyana sia essa storia, intesa non come favola ma storia vera e propria, vedi Anna Bolena). E c'è chi, argomentando in maniera più interessante e convincente, afferma che l'uguaglianza e la diversità nei film non dovrebbero semplicemente significare prendere un personaggio consolidato e cambiarlo per adattarlo alla nuova tendenza del politically correct. Questa seconda tipologia di voci critiche sostiene che si debba fare di più per creare ex novo dei personaggi che possano diventare essi stessi iconici.
Tuttavia è bene tenere conto del fatto che, quando si adattano opere di narrativa molto datate (che non avevano quindi cast diversificati a causa del tempo in cui sono state scritte) alcune modifiche diventano necessarie.
E comunque l'obiettivo finale di qualsiasi direttore di casting dovrebbe essere trovare l’attore giusto per un ruolo a prescindere dalla razza, dal colore e dall’orientamento sessuale/religioso/politico e via dicendo dell’interprete, checché ne dicano gli hater. Una dimostrazione di questo upgrade nel ruolo di direttore di casting? L’aver scritturato Jodie Turner-Smith per la parte di Anna Bolena nella serie britannica uscita lo scorso anno. Non c’è ricostruzione storica puntigliosamente rispettosa della realtà che potrebbe competere con la forza espressiva che quell’attrice ha offerto, concedetecelo. Ma, soprattutto, concedeteglielo, a lei.
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Neil Gaiman al centro di polemiche nonostante non abbia modificato nessun personaggio
Ma tornando al povero Neil Gaiman, lui è vittima di queste polemiche nonostante i personaggi della serie The Sandman non siano stati minimamente snaturati in fase di adattamento televisivo: basterebbe leggere le sue graphic novel prima di parlare.
Sembra quindi che ogni appiglio sia buono per lamentarsi del fatto che il grande e il piccolo schermo stiano iniziando ad accogliere minoranze e a diversificare lo stereotipo del principe/principessa bianco/a, eterosessuale e che sappia stare al proprio posto (con lei in cucina, per intenderci, o comunque mai totalmente indipendente da lui, tantomeno mai superiore a lui lato economico-professionale-sociale).