La serie tv in streaming su Netflix, visibile anche su Sky Q e tramite app su NOW Smart Stick, conferma ancora una volta il grande talento di un autore capace di diventare voce della sua generazione
Da piccoli cresciamo nella convinzione che la vita sia un percorso netto e piuttosto definito, un sentiero che basta seguire per raggiungere il traguardo. Di solito decidiamo presto cosa vorremo fare da grandi, al massimo cambiamo idea come cambia il vento ma non viviamo mai momenti di reale senso di smarrimento, e siamo convinti che la mappa che ci hanno dato in famiglia e a scuola non possa che portarci sul luogo segnato con la X.
Zerocalcare allo stato puro
Strappare lungo i bordi, la serie tv Netflix di Zerocalcare, visibile anche su Sky Q e tramite app su NOW Smart Stick, racconta invece come passando all’età adulta finiamo spesso per perdere l’orientamento e uscire da quella linea tratteggiata, e di come la paura di perderci ci porti a chiudere gli occhi, andando sempre più alla deriva. E lo fa seguendo il canone ormai da tempo tracciato dall’autore romano, al suo primo lavoro nel campo dell’animazione.
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UNA CREATIVITÀ ALIMENTATA DALL'INSICUREZZA
Gli ingredienti sono i soliti: c’è Roma, anzi, Rebibbia, il classico gruppo di amici composto da Secco, Sarah e l’Armadillo (animale guida e coscienza di Zero, qui doppiato da Valerio Mastandrea) ci sono tutte le ansie, le idiosincrasie, le fobie di un ragazzo diventato fumettista di successo senza mai riuscire a lasciarsi alle spalle le proprie insicurezze. E meno male, verrebbe da dire, perché tutte quelle paranoie sedimentate nel corso degli anni sono letteralmente la benzina che alimenta il motore creativo di Michele Rech.
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UNA SERIE PERFETTA PER IL BINGE WATCHING
La serie, composta di sei episodi di una ventina di minuti l’uno, per un totale inferiore alle due ore, è perfetta per il binge watching. Finito un episodio è impossibile fermarsi e non andare avanti al successivo. La prima parte della narrazione appare frammentata, molto intimista, estremamente riflessiva. Zero mette a nudo i suoi dubbi esistenziali risalendo alla radice, raccontandosi da bambino per spiegarsi da adulto. La scrittura è capace di alternare l’estrema colloquialità del dialetto romano alla poeticità delle riflessioni più profonde, l’ironia più pungente a un sentimentalismo dosato alla perfezione che non risulta mai melenso.
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LA PROFEZIA DELL'ARMADILLO, UNA VARIAZIONE SUL TEMA
La trama, che si sviluppa pienamente nella seconda parte, è nota: è sostanzialmente quella di La Profezia dell’Armadillo, tanto nella sua versione su carta quanto in quella cinematografica prodotta da Valerio Mastandrea. Cambiano nomi (da Camille si passa ad Alice) e luoghi (il viaggio si accorcia arrivando a Biella e non più in Francia), ma la storia è sostanzialmente la stessa. A cambiare è la tecnica con cui viene narrata, con un’animazione di qualità sorprendente, sempre fluida e a tratti immaginifica. I fan più fedeli riconosceranno tra i personaggi secondari alcuni volti noti delle prime storie del blog, i nuovi che si avvicineranno per la prima volta potranno apprezzare la sensibilità e il talento di uno degli autori migliori che l’Italia abbia recentemente prodotto.
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UN AUTORE GENERAZIONALE
Ma ad amare Strappare lungo i bordi, a ridere fino alle lacrime e singhiozzare di commozione, saranno soprattutto i ragazzi e le ragazze nati nello sfortunato decennio tra l’80 e il ’90. Perché per loro è impossibile non riconoscersi nelle storie di Michele Rech. Chi di noi non ha almeno un genitore che non ha mai imparato a usare Google ma in compenso potrebbe cambiare una gomma bucata molto meglio di quanto potremmo anche solo immaginare di fare noi? Chi non si è mai sentito fuori posto e senza speranza? Chi non ha almeno un amico, un fidanzato, una fidanzata, che ha bisogno di uscire di casa con due ore d’anticipo per non aver paura di perdere il treno? E chi non ha mai vissuto una relazione fatta solo di messaggi sulle chat per paura di non viverla mai o, peggio ancora, del rischio di viverla davvero?
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MICHELE RECH, UNO DI NOI
Amiamo Zerocalcare perché è stato capace come nessun altro di dar voce a una generazione perduta, troppo lontana dal boom e troppo vicina alla crisi dei mutui sub-prime, dimenticata da tutto e da tutti, abbandonata a se stessa, fallita ancora prima di poterci provare. E non importa se lui poi ce l’ha fatta, se ha raggiunto un meritato successo, se ha realizzato il suo sogno di ragazzo, se ha rivitalizzato un prodotto culturale che da anni aveva smesso di essere popolare, se lo ha nobilitato anche agli occhi dei tanti, troppi, convinti che i fumetti fossero solo una cosa per bambini o per adulti con la sindrome di Peter Pan. No, Zerocalcare è uno di noi, non fa semplicemente finta di esserlo, lo è dentro, intimamente. Non ha mai smesso di esserlo e sentirsi tale, ed è questo a renderlo estremamente sincero e credibile, un fratello o un compagno di classe sfigato quanto noi, con gli stessi nostri problemi, con un talento così grande cui nemmeno la peggiore congiunzione astrale sotto cui poter nascere in Italia è riuscita a tarpare le ali.