Amore e Morte a Villa Certosa. Ambientata in Sardegna, durante un torrido 25 agosto, la quinta puntata di 1994 è un fiammeggiante omaggio alla Hollywood dei tempi d'oro: sesso e politica, "Viale del tramonto" e "Weekend con il morto" si mescolano nell'episodio più originale e suggestivo di tutta la serie. Leggi la recensione.
Vivere e Morire in Costa Smeralda
“Le cose più belle le riconosci solo un attimo dopo che le hai perdute”. Parola di Paolo Pellegrini, il neodeputato interpretato da un Maurizio Lombardi in stato di grazia. In questo splendido quinto episodio di 1994, l’occhiuto e occhialuto onorevole di Forza Italia, devoto veneratore di Silvio Berlusconi (Paolo Pierobon), veste i panni di un deferente Virgilio, affetto da una leggera forma di alcolismo. La sua voce suadente ci guida in questo girone canicolare, sospeso tra lussuria, superbia, gola, invidia e ira. Al posto di Caron Dimonio occhi di Bragia abbiamo Cesare Previti e uno Yacht chiamato Barbarossa. In un’epifania di gamberi e champagne, peccatori e tentatori, dannati e demoni, vittime e carnefici danzano insieme al ritmo di “La Bamba”. Un gioco delle parti in cui vince sempre chi ha meno scrupoli.
Sotto il sole abbacinante della Costa Smeralda, il mese di agosto sta per finire. Il governo anche. Il Cavaliere ha invitato Umberto Bossi (interpretato da Paolo Mazzarelli) a Villa Certosa. La speranza è di convincere la Lega a continuare l’Alleanza. Ma insieme al “Senatur” c’è Pietro Bosco. Il “Batman” padano muore dalla voglia di staccare la spina alla maggioranza, febbricita al sentire parole come antitrust e conflitto di interessi. Senza contare che l’Umberto è un contadino dalla vita in giù e un cittadino dalla vita in su.Ma tutto questo a Pellegrini non interessa un granché. Paolo pensa al lato A di Moondance di Van Morrison, all’arrosto di vitello di sua zia Lina, a leggere il giornale sotto il cannicciato di un bar sul mare. Perché, niente come la morte, ristabilisce l’ordine delle cose, dando a ognuna la giusta importanza. Perché Paolo è annegato, come "Phlebas il Fenicio", immortalato da Thomas Eliot in La Terra desolata. E il grande poeta viene citato con un verso che è la chiave di volta della puntata:
“L'ardimento terribile di un attimo di abbandono che un secolo di prudenza non potrà mai ritrattare per questo, e questo soltanto noi siamo esistiti che non si troverà nei nostri necrologi.”
Miriam Leone: Venere al Sole
Ma insieme al voice over, all’omaggio allo sceneggiatore di Viale del Tramonto, alle citazioni dotte e azzeccate come quella tratta da Bukowski che recita “Capiscimi. Non sono come un mondo ordinario. Ho la mia pazzia, vivo in un'altra dimensione”, la puntata 5 della serie è un’immersione nella cultura popolare. Quando Umberto Bossi in canottiera e mocassino con calzino bianco e Pietro Bosco con camicia a maniche corte dalla discutibile fantasia arrivano a Villa Certosa, sembrano davvero Bud Spencer e Terence Hill in Trinità. Umberto Smaila al pianoforte di Casa Berlusconi ci introduce al passato canterino di Bossi con lo pseudonimo di Donato. Insomma, realtà e finzione si specchiano nelle fresche acque verdi della Sardegna.
Sotto la frangia di Rachele Manni (una misurata, incantevole e sempre in parte Silvia Degrandi) Leo (Stefano Accorsi), il demiurgo cattivo, orchestra il suo concerto. La faccia però è quello di Franco Baresi dopo l’errore dal dischetto a Usa 94. Per Leonardo è notte fonda. Si trova, per usare una frase di Antonio Moresco tratta da “Gli Incendiati”, nel punto, nell'apparato digerente dei neonati. Dove il latte si trasforma in merda. Ma bisogna avere sempre un piano B e non importa se si è antropologicamente incompatibili. Quando nella tua squadra gioca Veronica Castello, parti sempre da un due a zero a tuo favore.
Miss Parlamento è una volitiva Venere al sole. In 1994 l'ex soubrette è il metronomo, stiloso e sensualissimo che detta i tempi di questo ménage a trois. Questa volta galeotta sarà una medusa e il suo urticante bacio. In candido e sexy costume intero e orecchini grandi, Castello è sull’orlo dell’abisso, ma, forse, lo ha guardato troppo, perché l’abisso, molto presto, la guarderà. Più prosaicamente il personaggio di Miriam Leone ha perso la testa per due persone. Da una parte c’è il personaggio di Stefanio Accorsi, l’uomo che, senza giudicarla, l’ama per quella che è. Dall’altra parte quello interpretato da Guido Caprino, l’uomo che la ama per come avrebbe potuto essere. Cosi Veronica è un’anima divisa, un corpo venusto e superbo disteso sulla battigia. Una ragazza perduta sulla sabbia in un travolgente amplesso che rimanda ai Wicked Games di lynciana memoria.
Black Hole Sun won't you come
Alla fine, come in un giro di roulette, les jeux sont faits e, finalmente, chiameremo le cose con il loro nome. Tra “So Tinha de ser com Voce”, dolce ballata brasileira e un cadavere addobbato con occhiali da sole e accappatoio con cappuccio, tipo la salma di Weekend con il morto, l’episodio sfuma su un campo lungo. Mare, terra e cielo si fondono in un unico panorama. Ma nell’inquadratura si palesano minacciose le nuvole. Il problema è che qualsiasi cosa accada, accade sempre qualcos’altro. Grazie alle eleganti ed efficaci invenzioni registiche di Giuseppe Gagliardi, alla qualità e al coraggio degli sceneggiatori Ludovica Rampoldi, Alessandro Fabbri e Stefano Sardo e, last but not least, al talento di attori e attrici, il quinto episodio di 1994 è, a mio parere, il più intrigante, nuovo e potente di tutta la trilogia. Poco meno di un’ora di visione che ti immerge in un mare che ti annega, in un sole che ti acceca. Ogni fine è un inizio, mentre i patti di governo sfumano in promesse matrimoniali. Intanto, simile a un coro greco, i Soundgarden cantano Black Hole Sun: “In my eyes, indisposed/in disguises no one knows/Hides the face, lies the snake/The sun in my disgrace/Boiling heat, summer stench/'Neath the black the sky looks dead/Call my name through the cream/And I'll hear you scream again/.”
Infine percorrendo a bordo di un’ambulanza le strade strette della costa Smeralda, sentiamo fuori campo le ultime parole dello sventurato Paolo Pellegrini, che voleva solo svelenire il clima, sdrammatizzare la situazione. La scritta tridimensionale in carattere vintage ci annuncia il game over. Tuttavia a noi, che ce ne frega, ci aspetta un altro episodio di 1994.