Bob Dylan, da "Blonde on Blonde" a "Desire": i 15 migliori album dell’artista Premio Nobel

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Stefania Bernardini

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Cantautore, compositore, ma anche poeta, pittore e scultore, è una delle più importanti figure internazionali nel campo della musica e della letteratura. Ideatore del folk-rock, ha vinto numerosi premi come dieci Grammy, un Oscar, un Pulitzer fino a un Nobel per la letteratura “per aver creato nuove espressioni poetiche all'interno della grande tradizione della canzone americana”. Ecco i suo migliori lavori, in occasione del suo ottantesimo compleanno

Bob Dylan è unanimemente riconosciuto tra le più importanti figure internazionali del mondo della musica e non solo. L'artista è anche scrittore, pittore e scultore. Vincitore di 10 Grammy Awards, un premio Oscar, un Pulitzer e numerosi altri riconoscimenti, nel 2016 gli è stato conferito persino il Nobel per la letteratura “per aver creato nuove espressioni poetiche all'interno della grande tradizione della canzone americana”. Nato il 24 maggio del 1941, a 80 anni continua a influenzare intere generazioni ed è stato inserito dalla rivista Rolling Stone al primo posto tra i 100 migliori cantautori e al secondo tra i 100 migliori artisti. La sua carriera è un crescendo di sperimentazioni e personalizzazioni che ha portato alle realizzazione di album diventati iconici.

“Bob Dylan” e “The Freewheelin’ Bob Dylan”, il primo e il secondo album

Nato nel Minnesota a Hibbing e cresciuto a Duluth, il vero nome è Robert Allen Zimmerman, cambiato legalmente in Bob Dylan nell’agosto del 1962. Il nuovo appellativo è anche il titolo del suo album d’esordio, pubblicato quello stesso anno, che include canzoni della tradizione folk, blues e gospel oltre a due inediti dell’artista. Il disco ha venduto solo 5mila copie nel primo anno risultando un totale insuccesso. La Columbia Records suggerì persino al talent scout John Hammond di stracciare il contratto. Nettamente diverse le sorti del secondo album “The Freewheelin’ Bob Dylan” del 1963, con il quale il cantautore ha iniziato a farsi conoscere al pubblico. Il disco è il suo primo capolavoro e forse il più rappresentativo del periodo folk del musicista ed è considerato un tesoro che raccoglie canzoni dai testi unici e melodie indimenticabili come “Blowin’ in the Wind”, “Girl from the North Country” o “Masters of War”.

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“The Times They are a-changin” del 1964

Il terzo album di Bob Dylan, “The Times They are a-changin” è probabilmente il più politico e sofisticato. Dai toni cupi, è incentrato su temi come l'assassinio dell'attivista per i diritti civili Medgar Evers e la povertà generata dal tracollo delle fattorie e delle città minerarie. Con canzoni di protesta come “Ballad of Hollis Brown”, “Lonesome death of Hattie Carroll” e “One too many mornings”, divenne un manifesto di metà anni ’60 con un appello al restare uniti in un periodo di trasformazioni economiche e sociali. La raccolta contiene anche una canzone d’amore, “Boots of spanish letter”, che inizia a rivelare il lato intimo dell’artista.

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“Bringing It All Back Home” del 1965

A “Bringing It All Back Home” si deve invece l’ideazione del nuovo genere del folk-rock. Il disco segna una profonda svolta di Dylan ed è il primo nel quale l’artista è accompagnato da strumenti elettrici. C’è chi sostiene che il cambio di rotta del musicista si debba a un incontro con i Beatles e chi ritiene sia dipeso da un voler tornare alla musica amata da adolescente, ossia il Rock&Roll. In ogni caso con questo album Bob si allontana dalle canzoni di protesta e dal folk per produrre brani più blues e di straordinario impatto (come “Subterranean homesick blues”) o acustici in cui argomenti politici, sociali e personali si legano a immagini semi mistiche (come in “Mr. Tambourine Man”).

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“Highway 61 Revisited” del 1965

Sempre nel 1965 la svolta elettrica di Bob Dylan viene portata a compimento con “Highway 61 Revisited”. “Non potevo continuare a fare il cantante folk solitario che strimpella 'Blowing in the wind' per tre ore ogni sera”, spiegherà in seguito. Il disco prende il nome dall’autostrada che unisce il Nord degli Usa al Sud ed è considerato il più importante della carriera del cantautore. Dell’album fanno parte l’iconica “Like a rolling stone” oltre a “From a Buick 6”, “Just like Tom Thumb’s blues” e “Desolation Row”. Nella raccolta vengono mescolati liberamente blues, rock e folk uniti a testi affascinanti e unici e ritmi esplosivi.

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“Blonde on Blonde” del 1966

A Bob Dylan si deve anche il primo doppio album rock della storia: “Blonde on Blonde” che chiude la trilogia più importante dell’artista. Il cantautore ha descritto il sound rock-blues del disco come “sottile, sfrenatamente mercuriale”. Al progetto hanno partecipato anche l’organista Al Kooper e il chitarrista degli Hawks Robbie Robertson. Proprio Al Kooper ha parlato di “Blonde on Blonde” come di un capolavoro perché “è il dialogo di due culture che si scontrano con un'enorme esplosione”. Molti critici hanno inoltre definito la trilogia “Bringing It All Back Home”, “Highway 61 Revisited” e “Blonde on Blonde” come uno dei migliori esempi culturali del XX secolo.

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“John Wesley Harding” del 1967

Dopo un particolare incidente motociclistico, Bob Dylan realizza “John Wesley Harding”, una raccolta di canzoni brevi dai toni calmi e contemplativi e dai testi che mostrano un paesaggio a metà tra l'America occidentale e la Bibbia. L’album è stato registrato in studio a Nashville con l’accompagnamento dei soli Charlie McCoy al basso, Kenny Buttrey alla batteria e Pete Drake alla chitarra.

“Blood On The Tracks” del 1975

Al 1975 risale invece quella che viene considerata una delle migliori raccolte di canzoni d’amore della storia del rock: “Blood on the tracks”. Del disco, tra i più maturi ed equilibrati di Dylan, fanno parte i capolavori “Tangled up in blue”, “Simple Twist of Fate” e “Shelter from the Storm”. Musicalmente poco elaborato, con tocchi leggeri che accompagnano la voce, è indicato come l’unico album in grado di eguagliare la precedente trilogia di “Bringing It All Back Home”, “Highway 61 Revisited” e “Blonde on Blonde”.

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“The Basement Tapes” del 1975

Registrato otto anni prima, ma pubblicato nel 1975, “The Basement Tapes” segna un ritorno alle origini. Nel 1967, poco dopo l’incidente in moto, Bob Dylan realizzò alcune registrazioni con gli Hawks in casa sua e nello scantinato della band che diedero vita ad alcuni pezzi inediti. Le canzoni erano state inizialmente composte come demo per altri artisti che le portarono al successo come “This Wheel’s on Fire” cantata da Julie Driscoll o “You Ain’t Going Nowhere” interpretata dai The Byrds. Nel 1975 la Columbia decise infine di pubblicare la raccolta delle registrazioni originali di Bob Dylan.

“Desire” del 1976

I brani di “Desire” hanno fatto da colonna sonora al mitico tour “Rolling Thunder Revue” tra il 1975 e il 1976. Le canzoni sembrano una sorta di diario di viaggio in cui spicca l’uso del violino in “Scarlet Rivera” e le sonorità originali di composizioni come “Hurricane”, “Sara” e “One more cup of coffee”.

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“Slow train Coming” del 1979

Alla fine degli anni ’70 Bob Dylan diventa un cristiano rinato e pubblica due album di musica gospel tra cui “Slow Train Coming” del 1979. Con la canzone “Gotta Serve Somebody”, contenuta nel disco, l’artista vince un Grammy Award e la raccolta vede anche per la prima volta la presenza di Mark Knopfler e Pick Whiters dei Dire Straits. Il direttore di Rolling Stone Jann Wenner ha descritto l’album come “probabilmente il più puro e il più vero Dylan di sempre. Il simbolismo religioso è una logica progressione della visione manichea della vita e della sua dolorosa lotta con bene e male”.

“Oh Mercy” del 1989

Alla fine degli anni ’80 l’album “Oh Mercy” ottiene ampi consensi di pubblico e critica. In molti considerarono il disco del 1989 il capolavoro di Bob Dylan del decennio e l'atteso rilancio del suo genio dopo un lungo periodo di stallo creativo. Nel libro autobiografico del compositore, “Chronicles Volume 1”, si legge che “Oh Mercy” narra “le paure, le visioni, le riflessioni di un artista che cerca nuove modalità espressive per la sua arte”. Dell’album fanno parte la canzone d’amore “Most of the Time” utilizzata nel film “Alta fedeltà” e “Ring Them Bells” ritenuta una riaffermazione della fede del cantautore.

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“Time Out Of My Mind” del 1997

Uno dei migliori album degli ultimi decenni è invece “Time Out Of My Mind”, realizzato nel 1997 dopo una grave malattia. Nel disco inizia la fase blues con voce raspata a cui si uniscono le chitarre di Daniel Lanois, Duke Robillard e Dylan. I brani complessi e con un amaro giudizio sull’amore vengono apprezzati anche dal pubblico più giovane che, in particolare, viene catturato dalla canzone d’apertura “Love Sick”. Con “Time Out Of My Mind” Dylan ottiene il Grammy per il miglior album solista dell’anno.

“Love & Theft” del 2001

È stato pubblicato l’11 settembre del 2001 “Love and Theft”, di cui Bob Dylan è anche produttore con lo pseudonimo di Jack Frost. Gli accompagnamenti del bassista Tony Garnier, del chitarrista Charlie Sextone e del batterista David Kemper, con i quali il cantautore ha collaborato per anni, donano ai brani quel suono particolare che caratterizza il disco, in cui si mescolano stili diversi a partire dal rockabilly e dal western swing fino al jazz e alle ballate lounge.

“Rough and Rowdy Ways” del 2020

A giugno del 2020 è uscito l’ultimo album di Dylan: “Rough and RoWdy Ways”. Il disco ottiene recensioni straordinarie e raggiunge il primo posto nella classifica album UK. Negli Usa raggiunge il secondo posto nella classifica Billboard 200 facendo diventare Bob Dylan il primo artista ad avere almeno un album nella Top 40 della Billboard 200 in ogni decennio dagli anni ’60. A 80 anni e con quasi 60 anni di carriera, il bardo di Duluth continua a realizzare capolavori e a dimostrare che la sua genialità è ancora lontana dallo spegnere le luci.

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