Al Festival di Sanremo 1981 il pubblico italiano scopriva il Gioca Jouer, Ancora, Sarà perché ti amo e Maledetta Primavera: di lì a qualche giorno diventarono popolarissime. E non solo nel nostro Paese
Proprio in giorni molto agitati e nebulosi per il più importante spettacolo musical-televisivo del Paese, arriva una di quelle celebrazioni da cerchiare tre volte in rosso sul calendario. Tra il 5 e il 6 febbraio 2021 si festeggiano i quarant'anni di uno dei weekend più importanti della storia della nostra tv, o almeno per i suoi aspetti più deliberatamente pop: nelle due serate inaugurali del Festival di Sanremo 1981 furono eseguite e ascoltate per la prima volta da milioni di nostri concittadini quattro pietre miliari della musica leggera italiana.
La seconda giovinezza anni '80 di Sanremo, che dopo i terribili anni Settanta sembrava ormai un reperto archeologico, è merito del direttore Gianni Ravera, che rinfresca le pareti del Festival tornando a trasmettere in diretta tv tutte e tre le serate, coinvolgendo maggiormente il pubblico nei meccanismi di voto e soprattutto scegliendo buone canzoni e buoni interpreti, con uno sguardo anche agli artisti internazionali (nel 1981 al Casinò di Sanremo si esibiscono Barry White e i Dire Straits che, sia pure in playback, entusiasmano il pubblico con gli otto minuti di Tunnel of love). L'unica nota stonata è il gran rifiuto di Massimo Troisi. Dopo le polemiche scatenate l'anno prima da Roberto Benigni (che tra le altre cose aveva chiamato “Wojtylaccio” Giovanni Paolo II), la RAI ha preteso dal comico napoletano i testi dettagliati dei suoi interventi, ottenendo la serafica risposta: “Niente di che, parlerò di politica, religione e del terremoto in Irpinia”. Di fronte a materiale così “esplosivo” le sue partecipazioni vengono immediatamente ridotte da tre a una, provocando l'immediato passo indietro di Troisi.
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I 40 anni del “Gioca Jouer”
Fino al 1980 il Festival di Sanremo non aveva mai avuto una sigla televisiva d'apertura. L'idea viene al veneziano Claudio Cecchetto, disc-jockey che da qualche mese è approdato in RAI come conduttore di Discoring, popolarissimo programma musicale della domenica pomeriggio. Ravera gli ha affidato il timone del Festival assieme ad Eleonora Vallone, figlia degli attori Raf Vallone ed Elena Varzi, che però – sono tempi in cui a Sanremo le presenze femminili sono poco più che ornamentali – non troverà molto spazio in conduzione: passerà alla storia soprattutto per vestiti troppo svolazzanti che lasciano poco spazio all'immaginazione dei telespettatori e che finiscono immortalati su tutta la stampa scandalistica dell'epoca, con tre decenni d'anticipo su Belen Rodriguez.
Su musiche di Claudio Simonetti che giocano con i synth, il sax (dilagante nella musica anni Ottanta) ma anche con le più tradizionali tarantelle, il Gioca Jouer si basa su un'idea semplice e per questo micidiale: il balletto di accompagnamento al testo non è una vera e propria coreografia, ma una serie di semplici imitazioni di gesti quotidiani (bacio, dormire, autostop!) alla portata di tutti. Diventerà uno dei simboli musicali degli anni Ottanta italiani, all'insegna di un programmatico disimpegno come reazione alla cupezza dei pesanti anni Settanta, e venderà 500 mila copie nei primi tre mesi, sfruttando il traino di Sanremo.
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I 40 anni di “Ancora”
Occhiali e montatura da deputato della Prima Repubblica, look da bancario, il quasi-trentenne (il prossimo 8 febbraio compirà 70 anni) Edoardo De Crescenzo, napoletano, non sembra possedere il phisique du rôle necessario per sfondare sulla scena musicale. Non è mai andato in televisione ed è sostanzialmente uno sconosciuto, eppure già dalle prime note tutta Italia capisce che non dimenticherà facilmente Ancora (musica di Claudio Mattone, testo di Franco Migliacci), infallibile ballatona che racconta di un amore finito per volontà di lei, con lui che non si dà pace fino anche ad autoimporsi la castità (“perché io da quella sera/non ho fatto più l'amore senza te”).
“La mattina dopo scesi normalmente a comprare giornali e sigarette”, ricorderà De Crescenzo in un'intervista a Repubblica nel 2011, “ma dovetti tornare indietro di corsa, inseguito da una folla di persone che non conoscevo: i fan”. De Crescenzo si piazzerà fuori dalla top ten, ma si aggiudicherà il premio per la miglior interpretazione assegnato da una super-giuria presieduta da Sergio Leone e svolterà anche economicamente, visto che tuttora Ancora – che da decenni, grazie al memorabile attacco “È notte alta e sono sveglio”, è la sigla d'apertura dei programmi di Gigi Marzullo destinati al pubblico degli insonni – garantisce ai suoi autori ricchi proventi SIAE.
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I 40 anni di “Sarà perché ti amo”
Il quartetto genovese dei Ricchi e Poveri aveva già avuto enorme successo nel decennio precedente con pezzi famosissimi come La prima cosa bella o Che sarà che avevano spalancato loro le porte della ribalta internazionale, rendendoli una specie di ABBA in salsa italiana. Ma a Sanremo 1981 si presentano a sorpresa in tre, adducendo problemi di lombalgia per motivare l'assenza della bionda Marina Occhiena, con la “brunetta” Angela Brambati unica presenza femminile accanto a Franco Gatti e Angelo Sotgiu. Ma pochi giorni prima del Festival Marina si palesa in tribunale e chiede di essere riammessa, venendo reintegrata dal pretore e raggiungendo la compagnia durante le prove, qualche ora prima di trovare un accordo privato economico con il resto del gruppo: così, sul palco dell'Ariston saliranno in tre.
Solo dopo qualche tempo si scoprirà la verità: a causa di dissidi insanabili di natura sentimentale con Angela, è stata Marina a lasciare il gruppo, una scelta che si rivelerà non proprio oculatissima dato il successo mondiale dei Ricchi e Poveri, rilanciati proprio da Sarà perché ti amo, scritta da Pupo con Daniele Pace e Dario Farina e quinta nella classifica finale: un successo mondiale ancor più che italiano, popolarissima in Spagna e in America Latina. I Ricchi e Poveri si ripresenteranno nella formazione originale solo nel 2020, in una reunion avvenuta proprio sul palco del Festival di Sanremo.
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I 40 anni di “Maledetta Primavera”
30 anni, artista versatile e poliedrica, Loretta Goggi è, come si diceva un tempo, “sulla breccia” già da fine anni Sessanta, come giovane volto femminile dello sceneggiato televisivo La freccia nera. La sua carriera musicale è decollata negli anni Settanta, da sola (con il successo L'aria del sabato sera) o in coppia con la sorella Daniela con cui aveva formato il duo delle Hermanas Goggi. Il suo esordio sanremese arriva sulle musiche di Amerigo Cassella e sul testo di Totò Savio, uno dei più prolifici compositori e parolieri della storia italiana (sono sue Cuore matto, Erba di casa mia, Vent'anni, Una rosa blu...) e famoso anche per essere uno dei fondatori degli Squallor.
Versi audaci (per l'epoca) come “che resta di un sogno erotico se/al risveglio è diventato un poema?” sono l'antipasto per un ritornello clamoroso, esaltato dall'abilità vocale della cantante, che diventa subito popolarissimo in tutta Italia. E non solo: il singolo viene distribuito in Portogallo, Olanda e Germania, arriva al secondo posto in Svizzera e al 14° in Austria, è oggetto di cover in inglese, francese, spagnolo, tedesco e persino finlandese e diventerà anche un coro da stadio, reso celebre nel 2010 dai tifosi della Roma ma inventato nel 1985 dalla curva dell'Hellas Verona – composto, dice la leggenda, durante un mitologico viaggio in pullman da Verona ad Avellino in cui i tifosi avevano ascoltato per nove ore consecutive sempre e solo Maledetta primavera. Che, come tante altre grandi canzoni sanremesi, alla fine si piazza solamente seconda.
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Sì, ma chi vince?
Vanno doverosamente citati anche l'esordio di Fiorella Mannoia con l'aggressiva Caffè nero bollente, in cui la cantante romana si presenta con un look e un testo lontani mille miglia dalle sue successive produzioni, e l'ottimo quarto posto del suo concittadino Luca Barbarossa con la nostalgica e accattivante Roma spogliata. Ma la vincitrice di Sanremo 1981 è la forlivese Alice (al secolo Carla Bissi), destinata a una carriera di grande successo quasi più all'estero che in Italia, interprete raffinatissima, amante della sperimentazione, il cui sodalizio artistico con Franco Battiato produrrà capolavori come I treni di Tozeur (incredibilmente scartata per Sanremo 1984). Qui porta la non facilissima Per Elisa, citazione di Beethoven ma pezzo che parla di tutt'altro, scritto da due giganti del pop anni Ottanta come Battiato e Giusto Pio: apparentemente la storia di una relazione tossica tra un uomo e una donna che ne assorbe tutte le energie e lo riduce in schiavitù, in cui molti vedono riferimenti all'eroina e alla dipendenza dalla droga (“Senza di lei ti manca l'aria”). Una canzone anti-sanremese, senza un vero ritornello né un momento di “decollo” come prevede la tradizione festivaliera, ma proprio per questo perfettamente in tono con un'edizione memorabile e di rottura col passato, che rilancia in tutto il mondo il marchio di Sanremo.