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Megalopolis, Francis Ford Coppola tra sogno, utopia e grande cinema. La recensione

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Paolo Nizza

È nelle sale il kolossal firmato dal regista  della saga del Padrino. Un visionario viaggio che mescola l’antica Roma e la New York del futuro, Impreziosito dai costumi di Milena Canonero, un’opera che si interroga se il mondo e la società in cui viviamo siano gli unici possibili. Una favola appassionante interpretata da Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf, Jon Voight, Jason Schwartzman, Kathryn Hunter, James Remar, Dustin Hoffman, Laurence Fishburne e Talia Shire 

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Megalopolis di Francis Ford Coppola è un film fatto della materia di cui sono fatti i sogni. È il falcone maltese di Il Mistero del Falco. È  Rosebud di Quarto Potere. È l’abbacinante valigetta di Un bacio e una pistola.

Presentato al Festival di Cannes e in preapertura alla Festa del cinema di Roma, il nuovo lungometraggio del regista italoamericano arriva nelle sale italiane dal 16 ottobre. Ed è una festosa, fantasmagorica Epifania dedicata a chi è innamorato pazzo della settima arte. Un travolgente delirio, un’autentica utopia. Un kolossal per forma e contenuto. Quindi il cinema “due camere e cucina” non abita qui. Altrimenti il film si sarebbe intitolato Micropolis. Dopo sciape, corrive, qualunquistiche rappresentazioni calligrafiche di futuri distopici tutti uguali, fintamente poveri, traboccanti di imbarazzanti effetti speciali e interpretazioni da filodrammatica di provincia, ci voleva un Maestro di 85 anni per mandare in pensione anticipata i mesti copisti del genere fantascientifico, giovani solo per l’anagrafe. Il cineasta, nato a Detroit il 7 aprile del 1939, ha il coraggio di fare un salto nell’ignoto, ma possiede pure il talento per architettare un’opera leggendaria ed epocale, come dimostra ampiamente la sua filmografia. Ed è un’emozione fortissima perdersi nella New Rome, un trip come il viaggio nel Cuore di Tenebra di Apocalypse Now, Ma forse ora è tempo di un rinascimento prossimo venturo. Non può piovere per sempre.

Da Apocalypse Now a un nuovo Rinascimento

Megalopolis possiede  l’allure lisergico delle sequenze  girate nella colonia francese visibili nella director’s cut di Apocalypse Now. In fondo Cesar, il protagonista del nuovo film di Coppola, è forse una versione filantropica del colonnello Kurtz: “Poteva diventare generale ma ha preferito diventare se stesso”. E di fronte alla corruzione e alla miseria morale che infestano la città di  New Rome, riecheggiano le parole pronunciate dal capitano Benjamin L. Willard: “Era un modo particolare che avevamo qui di vivere con noi stessi: li facevamo a brandelli con una mitragliatrice e poi gli davamo un cerotto". Ma stavolta vince Frank Capra, in barba all’imperante nichilismo d’accatto, L’ottimismo della volontà, in questi tempi cupi, è rivoluzionario. La vicenda a tinte fosche vede una luce. Chissenefrega della verosimiglianza: non importava a Eisenstein quando girava La corazzata Potëmkin, perché dovremmo ricercarla in una favola moderna ispirata alla Congiura di Catilina avvenuta nel 6 a.C.?

Megalopolis è un cocktail Long Island più carico e poderoso del giovane Lawrence Fishburne che danza sulle note di I Can't Get No Satisfaction sul  Patrol Boat River, lungo il fiume Nung. Magari è per questo che Coppola ha scelto la star afroamericana come narratore della vicenda chiamandolo Fundi Romaine. Perché tutte le strade portano a Roma, anzi a New Rome in una pellicola che omaggia e centrifuga Cabiria di Pastrone e Metropolis di Fritz Lang 

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Un sogno molto più lungo di un giorno

“Due cose non si possono fissare a lungo: il sole e la propria anima”, dice Cesar Catilina (Adam Driver), architetto, designer e scienziato, capace di fermare il tempo e pure di alzare troppo il gomito. Un brillante utopista modellato su personaggi del calibro di  Robert Caro, Frank Lloyd Wright, Raymond Loewy, Norman Bel Geddes Walter Gropius, Un artista, con un sogno più lungo di un giorno, parimenti al László Tóth di The Brutalist. Ma come insegnano i miti e i fumetti, ogni supereroe ha la sua nemesi. Nel caso di Cesar si chiama Franklin Cicerone (Giancarlo Esposito), sindaco ultraconservatore di New Rome, politico reazionario avido e corrotto. Un burocrate che per rilanciare la crescita e lo sviluppo della metropoli in crisi e devastata dall’impatto con Carthage, un satellite sovietico, ambisce a erigere un faraonico casinò, generatore di proficue entrate fiscali. Un uomo che si specchia nel celebre aforisma tratto dall’Ecclesiaste: “Della città che è mia, io ne dispongo”. Catilina, invece, desidera edificare una nuova e virtuosa comunità urbanistica, grazie al Megalon, un rivoluzionario materiale da costruzione grazie al quale l’architetto ha vinto il premio Nobel. In questo scontro tra opposte visioni, si inserisce Julia (Natalie Emmanuelle), figlia del sindaco innamorata di Cesar. La giovane sarà costretta a scegliere tra la lealtà nei confronti del padre e la passione provata per l’oggetto del suo amore.

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"io credo nell'America"

“I believe in America” (io credo nell'America). Il Padrino comincia così, con questa frase pronunciata da Amerigo Bonasera, il necroforo a cui hanno stuprato e sfigurato la figlia e che chiede al boss una forma tribale di giustizia e risarcimento. E a modo loro tutti personaggi che popolano Megalopolis inseguono la propria versione dell’American Dream, A partire da Wow Platinum (che nome straordinario!), ambiziosa ed egotica giornalista televisiva, espertissima in economia, incantata da Cesar ma disposta a tutto per il potere e per il successo. Una femme fatale con la verve ironica e affilata delle regine della screwball comedy come Mirna Loy . E  Aubrey Plaza (The White Lotus, Agatha All long), dimostra per l’ennesima volta, di essere una delle più talentuose e versatili attrici della sua generazione. Al pari di Shia Labeouf, nei panni di Clodio Pulcro, ossessionato da Julia e follemente geloso di suo cugino Catilina. Narcisista e ingegnoso, una sorta di giovane Donald Trump in toga e calzari, capace di generare deepfake e shitstorm. Perché nonostante il film sia ispirato alle storie di Gaio Sallustio Crispo, l’attualità si palesa a piu riprese. 

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Megalopolis: Tra Cotton Club e Dracula,  tutto  cinema di Coppola 

G.B. Shaw, Voltaire, Rousseau, Bentham, Mill,Dickens, Emerson, Thoreau, Fuller, Fournier, Morris, Carlyle, Ruskin, Butler, Wells, Euripide, Tommaso Moro, Moliere, Pirandello,Shakespeare, Beaumarchais, Swift, Kubrick, Murnau, Goethe, Platone, Eschilo, Spinoza, Durrell, Ibsen, Abel Gance, Fellini, Visconti, Bergman, Bergson, Hesse, Hitchcock, Kurosawa, Cao Xueqin, Mizoguchi, Tolstoj, McCullough, Mosè. Sono questi i numi tutelari che vegliano su Megalopolis. Coppola in un dedalo di sottotrame, complotti, paure, desideri, orchestra parimenti a un demiurgo un mondo in cui le sontuose scenografie sono acute metafore e i costumi (firmati dalla 4 volte premio Oscar Milena Canonero) l’abbacinante riflesso della personalità dei personaggi che li indossano. Il 24.mo lungometraggio diretto dal regista americano di origine italiana è un sussidiario illustrato delle sue opere precedenti: Da Cotton Club a Dracula di Bram Stoker, da Tucker a Twixt. Da un momento all’altro, da una strada di New Rome potrebbe sfrecciare, “quello della moto” ossia il Mickey Rourke di Rusty il Selvaggio.

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Il futuro non è scritto

Per innamorarsi di Megalopolis è necessario guardare il film con gli occhi di Ponyboy, all'inizio di I ragazzi della 56ª  strada. Ci vuole lo sguardo di un outsider che si ritrova nella luce accecante del sole, uscendo dall’oscurità del cinema  dopo aver visto Hudd il Selvaggio Gidget a Roma. Il Greaser  ha in mente solo due cose: Paul Newman e un passaggio per casa. Sicché non lasciamo che l’oggi distrugga il per sempre. "The Future is unwritten", come recita la frase che campeggia a caratteri cubitali sul retro di Combat Rock, il mitico album dei Clash datato 1982. Accettiamo l’invito al viaggio. Imbarchiamoci per Citera, per citare il celebre quadro di Watteau, andiamo in sala a a vedere a Megalopolis. La forza delle immagini ci travolgerà con la potenza e la malìa del grande schermo tornato alle sue origini magiche e ipnotiche.