Wicked - Parte 2, il regista afferma: "Grande ed Erivo hanno creato una scena per sbaglio"
Cinema ©WebphotoUn frammento nato per caso, durante una prova, ha fatto capire al regista qual è il cuore pulsante del film. Un momento scaturito dall’improvvisazione inattesa delle due protagoniste, che si è rivelato un episodio destinato a modificare non solo l’interpretazione delle attrici, ma la struttura materiale del set e l’identità stessa del progetto
Nel raccontare la nascita di Wicked - Parte 2, il regista Jon M. Chu insiste su un principio che appartiene più alla scena teatrale che al cinema: seguire l’impulso emotivo quando esplode improvvisamente, anche a costo di allontanarsi da ciò che è stato scritto.
È da un frammento nato quasi per caso, durante una prova senza pretese, che il regista individua il cuore pulsante del film, un momento scaturito dall’improvvisazione inattesa di Ariana Grande e Cynthia Erivo. Un episodio destinato a modificare non solo l’interpretazione delle due attrici, ma la struttura materiale del set e l’identità stessa del progetto.
Quando un momento provvisorio diventa definitivo
Jon M. Chu ricostruisce con lucidità l’istante in cui tutto ha cambiato direzione. Ariana Grande e Cynthia Erivo, durante un’esercitazione lontana dalla macchina da presa, iniziarono a mettere in scena un addio parlato, privo di accompagnamento musicale, tenendosi strette in un angolo della sala.
Stavano seguendo l’istinto dei loro personaggi, toccando una porta immaginaria, e l’atmosfera che ne scaturì fu così genuina da sorprendere il regista. “L’abbiamo trovata nelle prove”, racconta, ricordando il momento in cui Cynthia Erivo disse ad Ariana Grande “Vieni qui”, trascinandola verso uno spazio senza alcuna funzione scenografica.
Chu confessa di aver osservato la scena senza intervenire, quasi trattenendo il fiato. Le due attrici stavano dando forma a una separazione che pareva nascere da un’urgenza interna, e il regista comprese di essere davanti a qualcosa che il copione non aveva previsto. Spinto dalla forza di quell’improvvisazione, prese una decisione drastica: ordinare la demolizione di una parete del set per riprodurre visivamente, nel film, la stessa apertura emotiva in cui la scena era sbocciata. “Dovevamo abbattere quel muro”, ricorda. E quando gli venne fatto notare che il set sarebbe diventato inutilizzabile, la risposta arrivò senza esitazione: “Era il momento. Abbattete quel dannato muro”.
Da quel gesto nacque una delle immagini più simboliche del film: la ripresa divisa con Cynthia Erivo e Ariana Grande sui lati opposti di una barriera ormai distrutta. Un’inquadratura che è diventata il centro emotivo di Wicked - Parte 2. Chu sostiene che sia il suo istante preferito dell’intera saga e che proprio durante quel lavoro maturò la consapevolezza che il secondo film dovesse intitolarsi For Good.
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Infrangere la grammatica di Oz per preservare la verità
Per salvaguardare l’autenticità di ciò che aveva visto, il regista scelse perfino di violare una delle regole linguistiche stabilite da Stephen Schwartz per il mondo di Oz. “A Oz non puoi dire ‘ti amo’”, ricorda Chu. Non si pronunciano “God”, né “okay”.
Eppure, quando Cynthia Erivo si lasciò sfuggire un spontaneo “Ti voglio bene” rivolgendosi ad Ariana Grande, il regista decise di conservare la frase. “Era così umana”, sottolinea. Una linea che sembrava scavalcare i confini della finzione. Stephen Schwartz, dopo averla vista, diede il suo consenso.
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Boq e la deriva che ne ridefinisce l’identità
La trama di Wicked - Parte 2 trova uno dei suoi assi portanti nel percorso di Boq, interpretato da Ethan Slater.
Jon M. Chu descrive la sua evoluzione come “la nascita di un mostro”, sottolineando come non sia soltanto una metamorfosi esteriore.
A impressionarlo è soprattutto la spinta emotiva di un personaggio trascurato, in cerca di riconoscimento, che trova improvvisamente una folla pronta a conferirgli attenzione. “È quella la trasformazione completa”, afferma il regista. “Lì perde davvero il cuore. Non quando diventa di latta, ma quando trova comunità nell’odio”.
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Il finale come spazio aperto, non come risposta
Da anni gli appassionati del musical si interrogano su un punto preciso: Glinda è realmente consapevole che Elphaba è viva? Jon M. Chu ammette di avere una posizione chiara sull’argomento, ma non intende rivelarla. “Ho un’idea definitiva in testa, ma voglio che ognuno la interpreti come vuole”.
Sostiene che l’efficacia del finale risieda proprio nell’incertezza: Glinda tenta di incarnare davvero la “bontà”, mentre Elphaba abbandona le ombre che l’hanno accompagnata fino a quel momento. Entrambe avanzano verso un territorio che rimane volutamente irrisolto.
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Rifrazioni politiche inattese
Il regista riconosce anche che molte immagini del film — dalle dinamiche di disinformazione alla frantumazione sociale — oggi risuonano con particolare forza.
Sostiene che non vi fosse alcuna intenzione dichiaratamente politica, ma che il contesto contemporaneo abbia finito per rendere quei temi inevitabilmente attuali. “La frase ‘la verità non è una questione di fatti o ragione, è solo ciò su cui siamo tutti d’accordo’ è stata scritta vent’anni fa. È questo il potere di una storia senza tempo: sembra sempre attuale.” E osserva come, giorno dopo giorno, la realtà continui ad avvicinarsi al film: “Ogni settimana diventa più rilevante”.