Nosferatu, stasera in prima TV su Sky: la recensione del film gotico di Robert Eggers
Cinema ©WebphotoUn’icona del terrore torna a colpire. Nosferatu di Robert Eggers arriva in prima visione su Sky Cinema. Il film sarà trasmesso mercoledì 23 luglio alle 21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand anche in 4K. Un'opera che reinterpreta un classico immortale del cinema horror, ispirandosi alla sceneggiatura di Nosferatu il vampiro di Henrik Galeen e al romanzo Dracula di Bram Stoker. Con Bill Skarsgård, Nicholas Hoult, Lily-Rose Depp, Aaron Taylor-Johnson, Emma Corrin e Willem Dafoe
Nosferatu, un vampiro tra il male e le tenebre: la recensione del film di Robert Eggers
Arriva in prima TV su Sky il remake gotico ispirato al capolavoro di Murnau e al romanzo di Bram Stoker
In onda mercoledì 23 luglio alle 21:15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand anche in 4K.
Bruma, tenebre, metamorfosi: il vampiro secondo Eggers
“Il vampiro sempre vive, e non può morire per solo passare del tempo. (…) Può diventare nebbia, lupo, pipistrello. (…) Lui non fa ombra, né riflesso nello specchio. Viene sui raggi di luna come pulviscolo.” Così, nel 1897, Bram Stoker scolpiva la figura di Dracula nel suo celebre romanzo epistolare, costruendo un’icona immortale della letteratura gotica.
Ma nel Nosferatu diretto da Robert Eggers, , quel vampiro muta ancora. Svanisce il dandy decadente, il seduttore teatrale. Scompare l’immortale tormentato di Borges, “col terrore di esserlo”. Qui resta soltanto l’essenza: bruma, caligine, ombra affamata.
Eggers — regista di The Witch e The Northman — trasfigura il non morto di Murnau in un’apparizione lunare, emaciata, enigmatica. Il terrore non esplode: si insinua. Come la nottola di Atena, compare con parsimonia, al calare della luce. Il suo Nosferatu è figlio del crepuscolo, principe delle tenebre. Non conquista: divora. Non vive: consuma. È la notte che cammina.
Un’ombra che divora il mondo: il vampiro secondo Eggers
Sangue, seduzione, oscurità. È di questo che si nutre il vampiro in Nosferatu, il film horror gotico diretto da Robert Eggers. Un’opera che affonda le zanne nell’immaginario ancestrale, rievocando l’iconografia cupa di Vlad II di Valacchia — il vero Dracula — e scolpendo sul volto consunto del mostro baffuto un’eco secolare, macilenta e immortale.
Ma dimenticate l’amore tragico del Dracula di Coppola o la disperazione metafisica del Nosferatu di Werner Herzog. Qui non c’è redenzione, né pietà. Il vampiro di Eggers è un artiglio che graffia il cielo, una mano ossuta che ghermisce i vivi. È il Male puro, senza sfumature né poesia. Un abominevole spettro che non conquista: consuma.
Un’ombra che divora il giorno e ciò che resta dell’umanità. Un’icona della fine che si aggira tra i resti del mondo, affamata di carne, di silenzio, di tempo.
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Un abisso chiama un altro abisso: tra simboli occulti e visioni di peste
La trama di Nosferatu, nel film horror diretto da Robert Eggers, segue i binari classici del mito vampiresco: il viaggio, la maledizione, la casa infestata dall’ombra. Eppure, ciò che rende questa versione unica è la cura maniacale del dettaglio, l’emozione quasi tattile di una fotografia pittorica e folgorante. Un horror gotico che si nutre non solo di sangue, ma di atmosfere dense, materiche, sulfuree.
Eggers riscrive la leggenda attingendo a fonti oscure e ancestrali. Evoca i Solomonari, adepti del diavolo nella tradizione rumena, e li immerge in un mondo popolato da gitani, ratti, feretri, croci, pentagrammi e fiamme rituali. Come una nave maledetta che solca i mari della dannazione, anche il vascello Demeter giunge puntuale alla propria destinazione: portatore di morte e pestilenza.
La peste si diffonde silenziosa tra gli uomini e le donne di buona volontà, e il denaro — effigie dell’illusione moderna — non basta più a proteggerci. Il crepuscolo cala, inesorabile. E come sussurra il Salmo, “un abisso chiama un altro abisso”. E noi, fragili e inconsapevoli, rispondiamo.
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Il Nosferatu di Bill Skarsgård: il vampiro come incarnazione del Male
Nel film horror Nosferatu diretto da Robert Eggers, Bill Skarsgård reinventa il vampiro come pura incarnazione del Male. Il suo Conte Orlok, con denti sbeccati e asimmetrici, non è un aristocratico decadente né un seduttore dannato: è un’ombra in pelliccia, un demone affamato che predilige il cuore per bere il sangue, divorando l’anima prima ancora del corpo.
Skarsgård plasma un villain caliginoso, ossessionato da Ellen, interpretata da una magnetica Lily-Rose Depp. Diafana e carnale, sospesa tra la fedeltà e la dannazione, Ellen è una figura tragica, lacerata tra il richiamo della luce e il fascino dell’oscurità. Un’anima spezzata che richiama alla mente tanto Mina quanto Lucy, prigioniere gotiche del mito draculiano.
Al loro fianco, Willem Dafoe domina la scena nei panni dell'enigmatico Albin Eberhart Von Franz: una sorta di Van Helsing esoterico, devoto all’occultismo e alla conoscenza del male come unica via per combatterlo. Il suo monito — “Dobbiamo conoscere il male per essere in grado di distruggerlo” — risuona come un mantra nel cuore nero del film.
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Sospeso tra la Germania e la Transilvania, tra la città immaginaria di Wisborg e un castello arroccato nei Carpazi, Nosferatu di Robert Eggers ci immerge in un diciannovesimo secolo ricostruito con filologica meraviglia e zero accademismo. Tra calessi scricchiolanti, corsetti stretti come gabbie e candele tremanti, il film si muove come un incubo in costume: pittorico, allucinato, gotico.
Ogni inquadratura è un'incisione vivente, degna di Goya o di Füssli, dove l’orrore si insinua nei dettagli. I lividi primi piani, le prospettive centrali simmetriche e funeree, l’atmosfera di decomposizione perenne: tutto vibra di un’estetica del disfacimento. Nosferatu è un poema visivo sul male, un’elegia della solitudine notturna.
Come cantavano gli Smashing Pumpkins, “the world is a vampire”: e forse, per sopravvivere, non resta che spalancare le finestre alle tenebre.