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Venom - la furia di Carnage, la recensione del film con Tom Hardy e Woody Harrelson

Cinema sky cinema

Paolo Nizza

Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel ruolo del ‘protettore letale’ Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi. Diretto da Andy Serkis, il film vede tra i protagonisti anche Michelle Williams, Naomie Harris e Woody Harrelson, nel ruolo del villain Cletus Kasady/Carnage.  In prima tv sabato 16 aprile alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Action), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4K

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“I fatti sono nemici della verità” Lo diceva Don Chisciotte e lo ripete il giornalista Eddy Brock, il protagonista di Venom - la furia di Carnage.  Un gratificante corto circuito consumato davanti al Monumento a Miguel Cervantes, situato a due passi dal Golden Gate di San Francisco. Come l’alieno e l’umano, l’alto e il basso, la letteratura e i fumetti si fondono insieme in una delle sequenze più riuscite del film.  L’uomo e il simbionte si trasfigurano nel cavaliere della Mancha e nello scudiero Sancho Panza. In fondo ci confrontiamo sempre con gli archetipi che spesso adorano soggiornare nei film di genere, nei B-Movie, in pellicole chiassose, esuberanti, svalvolate come questo sequel 

Il film andrà in onda  in prima tv sabato 16 aprile alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Action), in streaming su NOW e disponibile on demand, anche in qualità 4

Venom-La furia di Carnage tra ironia e azione

Si sa, non c’è niente di più serio del gioco. Cosi Venom - La furia di Carnage si balocca con gli stilemi dei Buddy Movie degli anni Ottanta e Novanta. Eddy e il parassita extraterrestre sembrano una versione delirante del duo formato da Mel Gibson e Danny Glover in Arma Letale. Anzi, talvolta, paiono una coppia di fatto, i protagonisti di una sit-com perduti tra le schermaglie d’amore. Ça va sans dire, trattandosi pur sempre di un cinecomic griffato Marvel, l’action non manca, Tra rintocchi di campana, altari e confessionali, la sfida finale sullo sfondo della cattedrale di Frisco, oppure l’adrenalinica evasione dal carcere di San Quintino ricordano il primo Tim Burton, anche se qui è la computer graphic a farla da padrona. Tuttavia, i momenti più efficaci sono quelli del racconto intimo di un freak incompreso. Un mostro che anelerebbe pasteggiare a cervelli umani, ma che si accontenta di schidionate di cioccolata, un alieno che come animali domestici ha due galline chiamate Sonny e Cher. Insomma, c’è un “pop” di tutto in questa epifania di cultura camp e suggestioni kitsch, anche un invito a tentare di vivere tutti insieme in armonia su questo globo terracqueo. Frase che pronunciata da un doppelganger alieno dagli afflati cannibalici, nel corso di un rave, assume grazie alla sua imprevedibilità, un’efficacia inaspettata.

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Tom-Venom-Hardy contro Woody-Carnage-Harrelson

In questo ipertrofico coté citazionista, che avvolge il film, parimenti ai letali tentacoli di Venom, la partecipazione di Woody Harrelson è azzeccata quanto un’oliva in un martini cocktail. Con un haircut punibile per legge e il ghigno luciferino di un Natural Born Killer (Oliver Stone docet), l’attore ci offre un villain funzionale a una storia in cui la sospensione dell’incredulità è d’obbligo. Basti pensare all’importanza mediatica che il suo malevolo personaggio, Cletus Kasady, alias, Carnage, dà ancora alla carta stampata. Sicché solo Tom Hardy (doppiato da Adriano Giannini), stropicciato nella sua varsity jacket dei Detroit Lion, poteva tenere testa a un istrione crudele, psicotico ma pure innamorato pazzo. Perché, oltre a essere in fissa per la carneficina, il furioso antagonista ama Frances Louise Barrison, meglio nota come Shriek, interpretata da Naomie Harris. Una Erinni maltrattata dalla vita e capace di uccidere con la sua voce. Tant’è che a differenza di tanti altri titoli con protagonisti supereroi, in Venom - La furia di Carnage a nessuno importa di conquistare o distruggere il mondo. Si tratta solo di vendicarsi, magari con una maniera un filo esagerata, di chi riteniamo ci abbia fatto del male. E come in ogni cinemcomic che si rispetto, pure questa volta non manca la scena dopo i titoli coda. In questo caso si tratta di una gustosa sequenza che gioca con il labirinti del multiverso e anticipa Spider-Man: No Way Home.  Insomma siamo dalle parti dei post-credit visti nel recente Morbius (La recensione del  film)

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Se il film funziona, se questo eroe/antieroe che dialoga con se stesso come Marco Aurelio, ma non con i medesimi risultati, ci convince, il merito è pure del regista Andy Serkis.  A suo agio con i reietti e gli incompresi divorati dalle proprie ossessioni, l’ex Gollum gioca bene le sue carte e dosa con sagacia ironia e azione, tra tenebre e luce. L'attore e regista britannico attinge all'immaginario  di Todd McFarlane  (non a caso autore anche di Spawn)  per creare u un cinecomic sbarazzino e al tempo stesso fosco. Anche per quanto concerne la consueta sequenza incastonata fra i titoli di coda.  Perché quando il protagonista è un io diviso, nonostante il vento tra i capelli, la sabbia tra i piedi e il mare all’orizzonte, il pericolo è sempre in agguato. E come per Don Chisciotte, le illusioni possono trasformarsi in realtà e i mulini diventare davvero giganti dalle braccia rotanti.

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