Festival di Venezia 2021, La Caja: un viaggio disperato alla ricerca del padre

Cinema

Paolo Nizza

Premiato con il Leone d'Oro nel 2015, il regista Lorenzo Vigas torna in concorso alla Mostra con un film che riflette sul concetto di paternità. SEGUI LA DIRETTA

È noto a tutti: Le colpe i padri ricadono sui figli. L’assioma è confermato da La Caja, in concorso alla 78.ma Mostra del Cinema di Venezia. (LA DIRETTA - LO SPECIALE), Il regista venezuelano Lorenzo Vigas torna quindi al Lido dopo essersi portato a casa nel 2015 il Leone d’Oro con la sua opera prima "Ti guardo" (Desde allá), primo film in lingua spagnola e prima pellicola sudamericana a vincere l'ambito riconoscimento. Ambientata tra i cieli azzurri del Messico, un’opera che chiude la trilogia del regista dedicata alla paternità iniziata nel 2004 con il cortometraggio "Los elefantes nunca olvidan"

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La Caja, le emozioni sepolte in una scatola

È molto pericoloso rimuovere le proprie emozioni, rinchiudere i sentimenti, nasconderli in un’anonima scatola, ovvero in una “Caja”, come recita il titolo del film. Soprattutto se riguardano la figura paterna. Fëdor Dostoevskij diceva: “Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno. Tuttavia, nel caso del giovane protagonista del film, il papà è soltanto un’anonima urna metallica. Sicché cerchi altrove, un guida, un riferimento, soprattutto se ti senti solo e perduto tra le sconfinate pianure del Nord del Messico.-

La Caja è anche un ritratto amaro della condizione dei lavoratori occasionali in America Latina. Sfruttati, vessati, senza diritti né sindacati, la mano d’opera è imprigionata 14 ore al giorno in capannoni, tra macchine da cucire e apparecchi per la stiratura. La concorrenza della Cina è molto vicina. Le orientali hanno le mani piccole e sono rapidissime. Sicché le pause non esistono per i latinos e se ti lamenti, ti liquidano in senso letterale. 

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La Caja, di i lavoro si muore

Il contrasto fra gli sterminati paesaggi naturali e gli angusti ambienti della fabbrica amplificano i tormenti del ragazzo a cui manca il padre e pure un’etica del lavoro. Per riempire quel vuoto che mangia l’anima, e non solo, il protagonista si affida a un ruvido capo del personale, a cui mancano i principi elementari della legalità. La Caja si trasfigura quindi nella metafora di un continente, ossia l’America Latina, spesso sedotta e abbandonata dalla figura di un leader, un presidente padre che soverchia il suo popolo e i suoi figli. Ma se si scava in profondità, oltre a cadaveri dei desaparecidos sepolti nelle fosse legali, si scopre che il re è nudo. Il padre adorato e cercato può essere un mostro che sarebbe stato opportuno non riesumare.

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La Caja, la trama del film

lHatzin, un adolescente di Città del Messico, è in viaggio per recuperare i resti del padre, trovati in una fossa comune tra gli immensi cieli e i vuoti paesaggi del nord del Messico. Ma l’incontro casuale con un uomo fisicamente somigliante al padre lo riempie di dubbi e speranze su dove questi sia davvero finito.

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