
Nel processo federale contro Sean “Diddy” Combs a New York, la testimonianza della sua assistente personale è emersa come una delle più incisive. Il suo racconto, dettagliato e drammatico, è stato centrale per rafforzare le accuse di traffico sessuale, lavoro forzato e associazione a delinquere, offrendo un quadro inquietante degli abusi che Combs avrebbe inflitto nel suo ambiente privato
Nel processo federale in corso a New York contro Sean “Diddy” Combs, conosciuti anche con il nome d’arte di Puff Daddy, una delle voci più forti emerse in aula è quella dell’ex assistente personale del produttore musicale, una donna identificata solo con lo pseudonimo “Mia”. La sua testimonianza, drammatica e ricca di dettagli, è stata utilizzata dai pubblici ministeri per sostenere le accuse contro Combs, che comprendono traffico sessuale, lavoro forzato e associazione a delinquere.
Il racconto di “Mia”, riportato nelle parti più rilevanti dal magazine The Hollywood Reporter e dal resto della stampa americana, offre uno sguardo diretto e inquietante sull’ambiente privato dell’imputato e sugli abusi che, secondo quanto riportato, avrebbe inflitto alle persone a lui più vicine.
Un legame professionale trasformato in prigionia psicologica
“Mia” ha raccontato in aula di aver iniziato a lavorare per Sean Combs nel 2009, un incarico che si sarebbe protratto fino al 2017. Durante questi otto anni, ha descritto una realtà fatta di orari massacranti, umiliazioni quotidiane e una progressiva perdita di autonomia personale.
Sebbene inizialmente il rapporto professionale sembrasse promettente, con Combs che si presentava come mentore e guida, la situazione è rapidamente degenerata. Secondo quanto riferito dalla testimone, l’imprenditore musicale passava repentinamente da atteggiamenti protettivi a scoppi d’ira violenti, anche fisicamente e sessualmente aggressivi.

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«Mi trattava come se fossi spazzatura»: la violenza psicologica e fisica
La donna ha riferito di essere stata soggetta a un clima lavorativo tossico e ad abusi ricorrenti. Ha spiegato come Combs fosse capace di denigrarla verbalmente con offese gravi, definendola «incompetente» e «stupida», fino a ridurla in lacrime.
“Combs mi trattava come se fossi un pezzo di spazzatura», ha detto in aula. «Mi umiliava, mi insultava, urlava che ero incompetente e stupida”.
Un’altra parte sconvolgente della sua deposizione riguarda gli episodi di violenza sessuale. Uno dei primi atti sarebbe avvenuto durante la festa per i quarant’anni dell’artista, quando, dopo averle offerto dell’alcool, avrebbe tentato di molestarla sollevandole il vestito. In un’altra circostanza, “Mia” ha raccontato di essersi svegliata trovandosi Combs sopra di lei in un letto a castello, e quando lui le avrebbe chiesto se volesse fare sesso, lei avrebbe risposto negativamente. L’episodio, ha spiegato, sarebbe durato poco ma ha lasciato un segno indelebile.

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Controllo e isolamento: la quotidianità nella villa di Combs
La testimone ha parlato anche della sua vita quotidiana all’interno dell’abitazione di Combs, dove le sarebbe stato vietato perfino chiudere la porta della sua stanza a chiave, contrariamente alle guardie del corpo maschili.
Secondo il suo racconto, Combs le avrebbe detto: «Questa è casa mia e nessuno chiude le porte a chiave». Questo dettaglio contribuisce a delineare un contesto in cui la privacy e la sicurezza personale erano costantemente negate, alimentando un clima di vulnerabilità continua. Secondo quanto riporta The Hollywood Reporter, le guardie del corpo maschili, invece, avevano porte che si potevano chiudere a chiave.

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Sfinimento fisico e crollo emotivo
“Mia” ha dichiarato che le condizioni di lavoro erano al limite della sopportazione. In un’occasione, sarebbe stata costretta a restare sveglia e in attività per cinque giorni consecutivi. Alla fine di questo periodo, ha raccontato di essere crollata: perdita dell’udito, senso di disorientamento, vista annebbiata e crisi di pianto incontrollabile. Solo in quel momento, Combs le avrebbe concesso di dormire.
“Ho avuto un crollo fisico, non sentivo più, era come se fossi sott’acqua, non avevo equilibrio, la vista annebbiata, sono scoppiata a piangere istericamente e non riuscivo a smettere. Solo allora Puff mi ha detto che potevo andare a dormire”, sono state le parole di Mia.
Inoltre, nonostante le fosse stato promesso uno stipendio annuo di 55.000 dollari, ha affermato di averne ricevuti solo 50.000, aggravando ulteriormente la percezione di sfruttamento e ingiustizia.

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Una rete di abuso che coinvolge anche Cassie Ventura
La testimonianza di “Mia” si intreccia con quella di altri soggetti coinvolti, tra cui la cantante Casandra “Cassie” Ventura, ex compagna di Combs e altra presunta vittima. Secondo la testimone, i comportamenti violenti dell’artista nei confronti di Ventura erano frequenti e gravi. Ha riferito, ad esempio, un episodio in cui Ventura avrebbe riportato una ferita alla testa dopo essere stata scaraventata contro un letto dal compagno.
“È successo tutto così in fretta, ma mi sembrava rallentato”, ha ricordato. “L’ho visto afferrare Cassie, e non sono riuscita a intervenire in tempo. Il bordo del letto era tagliente come un coltello, l’ha scagliata lì e le ha aperto la testa. Il sangue usciva copioso”.

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Terrore e rappresaglie per ogni trasgressione
In un altro episodio evocato in aula, la testimone ha raccontato di quando lei e Ventura si erano recate a una festa organizzata nella villa di Prince a Beverly Hills senza informare Combs. Alla vista del produttore entrare, entrambe sarebbero fuggite nel tentativo di evitare la sua ira. «Ho visto il suo cappello entrare dalla porta», ha raccontato.
«Ci siamo guardati e io e Cass siamo scappate in giardino cercando di nasconderci. Puff l’ha raggiunta, l’ha afferrata, l’ha buttata a terra e ha cominciato a picchiarla.»
In seguito, la stessa “Mia” sarebbe stata sospesa dal suo lavoro senza ricevere compenso. L’intera esperienza, ha detto, era scandita da “punizioni imprevedibili e terrificanti”, in un’atmosfera di continua minaccia.

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Una scelta difficile, ma motivata dal bisogno di verità
Sebbene abbia testimoniato in aula in seguito a un mandato di comparizione, “Mia” ha dichiarato chiaramente che non avrebbe voluto dover rivivere quegli anni. «È la cosa più traumatizzante e terribile che mi sia mai successa», ha detto alla corte.
Tuttavia, alla domanda su cosa l’avesse spinta a condividere pubblicamente la sua storia, ha risposto senza esitazioni: «Perché devo dire la verità, tutta la verità».

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Sviluppi processuali e strategia della difesa
Dopo la deposizione di “Mia”, il giudice Jed Subramanian ha discusso con le parti l’andamento del processo. Secondo quanto emerso, l’accusa potrebbe concludere la sua esposizione prima del previsto, mentre la difesa ha manifestato l’intenzione di modificare la propria strategia e ha chiesto più tempo per consultarsi con l’imputato.
Combs, che viene trasferito ogni sera in un centro di detenzione a Brooklyn, potrebbe quindi ricevere l’autorizzazione a incontrare i suoi legali fino alle 22.