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Marte, il sottosuolo è la zona più abitabile: lo studio

Scienze

A sottolinearlo sono stati i ricercatori della Rutgers University, secondo cui a rendere più ospitale il sottosuolo marziano sarebbe stata in passato, e probabilmente ancora oggi, la presenza di acqua liquida, generata dallo scioglimento di spesse lastre di ghiaccio, alimentato dal calore interno del pianeta e prodotto dal decadimento di elementi radioattivi. La chiave di questo meccanismo, secondo gli esperti, sarebbe rappresentata "dalla presenza di una fonte di calore geotermico nel passato di Marte"

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La zona di Marte più abitabile? Il sottosuolo. A dirlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Science Advances” e coordinato dai ricercatori della Rutgers University americana, secondo cui almeno in passato e forse anche tutt’oggi, è proprio questa specifica area del pianeta, riscaldata dal suo calore interno, ad essere quella che consente le migliori condizioni di abitabilità.

La ricostruzione delle condizioni ambientali e geologiche di Marte

Gli scienziati americani, coordinati da Lujendra Ojha, esperto del Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie presso la School of Arts and Sciences della Rutgers University, hanno proposto la loro tesi concentrando i loro studi sulla ricostruzione delle condizioni ambientali e geologiche del passato di Marte, attraverso una serie di dati provenienti da missioni come la “InSight” della Nasa, incrociati con alcuni modelli climatici computerizzati. Secondo gli esperti, a rendere più ospitale il sottosuolo marziano sarebbe stata in passato, e probabilmente ancora oggi, la presenza di acqua liquida, generata dallo scioglimento di spesse lastre di ghiaccio, alimentato dal calore interno del pianeta e prodotto dal decadimento di elementi radioattivi. La chiave di questo meccanismo, secondo il team di ricercatori della Rutgers University, sarebbe rappresentata proprio "dalla presenza di una fonte di calore geotermico nel passato di Marte". L'esistenza di questa fonte di calore interna al pianeta, hanno poi sottolineato ancora gli esperti, avrebbe contribuito a riscaldare Marte, in un periodo indicato in circa 4 miliardi di anni fa, momento in cui il Sole, ancora giovane, era ancora piuttosto debole. "Nelle profondità del sottosuolo marziano la vita potrebbe essere stata sostenuta da attività idrotermale e il sottosuolo di Marte potrebbe, quindi, rappresentare l'ambiente abitabile più longevo sul pianeta", ha quindi affermato Ojha.

Il ruolo del Sole

In un comunicato apparso sul sito dell’ateneo americano, i ricercatori spiegano che Il nostro Sole “è un enorme reattore a fusione nucleare che genera energia fondendo l'idrogeno in elio”. Nel corso del tempo, il Sole ha gradualmente illuminato e riscaldato la superficie dei pianeti nel nostro sistema solare. Come detto, circa 4 miliardi di anni fa, il Sole era molto più debole di oggi, quindi il clima di Marte all’epoca avrebbe dovuto essere gelido. “Tuttavia, la superficie di Marte ha molti indicatori geologici, come gli antichi letti dei fiumi, e indicatori chimici, come i minerali legati all'acqua, che suggeriscono che il pianeta rosso avesse abbondante acqua liquida da circa 4,1 miliardi a 3,7 miliardi di anni fa (l'era noachiana). Questa apparente contraddizione tra la documentazione geologica ei modelli climatici è il debole paradosso del Sole giovane”, si legge. Infatti, proprio su pianeti rocciosi come Marte, la Terra, Venere e Mercurio, elementi che producono calore come l'uranio, il torio e il potassio generano calore tramite il decadimento radioattivo. “In un simile scenario, l'acqua liquida può essere generata sciogliendosi sul fondo di spesse lastre di ghiaccio, anche se il Sole era più debole di adesso”, hanno spiegato i ricercatori. “Sulla Terra, ad esempio, il calore geotermico forma laghi subglaciali nelle aree della calotta glaciale dell'Antartico occidentale, in Groenlandia e nell'Artico canadese. È probabile che uno scioglimento simile possa aiutare a spiegare la presenza di acqua liquida su Marte, freddo e gelido com’era 4 miliardi di anni fa”.

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