Il mercato delle proteine alternative raggiungerà i 240 miliardi nel 2034

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Il 51% degli europei sta riducendo il consumo di carne per motivi di salute (47%) e sostenibilità (26%). Per accelerare la transizione verso le proteine alternative, l’obiettivo è soddisfare i criteri dei consumatori: gusto eccellente, prezzi più accessibili e maggiore percezione di naturalezza dei prodotti. L’Italia è la prima nazione in Europa per numero di ricercatori nel settore 

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Un mercato globale in piena espansione quello delle proteine alternative, spinto da un’innovazione senza precedenti, che si scontra però con la sfida più difficile: il piatto del consumatore. Ad oggi stiamo assistendo ad una ridefinizione del rapporto con la carne, vista come un alimento da consumare in maniera responsabile. La vera sfida, quindi, è sia tecnologica, che culturale. Questo è il quadro che emerge dagli Stati Generali delle Proteine Alternative (SGPA), l'evento di riferimento per il settore che si è tenuto a Milano presso la Fondazione Feltrinelli di Milano. 

Stati generali delle proteine alternative

Ideato da Maurizio Bettiga (Chief Innovation Officer di Italbiotec Srl Società Benefit) e organizzato dal team Italbiotec Srl SB, il dibattito si è articolato in sessioni dedicate a "Ricerca e mercato", con un focus sulla fermentazione in sinergia con Tofflon-Itema, la joint venture italo-cinese che ha come mission quella di accelerare l'innovazione in ambito biopharma e bioscience con soluzioni integrate e tecnologie d’avanguardia; "Innovazione e industria", coordinata da Good Food Institute Europe; "Comunicazione ed etica", ideata dal dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino e “Nutrizione e Salute” grazie al contributo speciale di OnFoods. Riunendo scienziati, aziende, agricoltori e istituzioni, gli Stati Generali delle Proteine Alternative hanno fatto il punto sulla più grande trasformazione del sistema alimentare contemporaneo. A guidare questa trasformazione è un'ondata di innovazione senza precedenti, con oltre il 70% degli studi sulle alternative vegetali ai derivati animali pubblicati dopo il 2015: una spinta che ha portato, ad esempio, al crollo di oltre il 99% dei costi di produzione della carne coltivata.

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Un mercato globale da 90 miliardi: Italia prima per numero di ricercatori

I dati di settore presentati nel corso dell’evento delineano uno scenario inequivocabile: il mercato globale delle proteine alternative, che oggi vale 90,5 miliardi di dollari, è destinato a raggiungere i 238,7 miliardi entro il 2034, con un tasso di crescita annuale (Compound Annual Growth Rate, CAGR) del 9,8%. Un boom trainato da un'impressionante accelerazione della ricerca scientifica in Europa, dove i finanziamenti pubblici sono quasi triplicati negli ultimi cinque anni, raggiungendo i 318 milioni di euro. L'Italia si distingue come prima nazione in Europa per numero di ricercatori attivi nel settore (633), a testimonianza di un'eccellenza scientifica pronta a guidare l'innovazione. A confermare l’interesse sono i consumatori stessi: nel 2024, le vendite di prodotti vegetali hanno toccato i 639 milioni di euro (+16,4% sul 2022), con alternative vegetali al formaggio che hanno raddoppiato il loro valore in due anni (+100%), e il 59% degli italiani afferma di aver ridotto il consumo di carne.

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Consumatori: gusto e familiarità come principali fattori di scelta

A guidare la domanda di proteine alternative sono principalmente Millennials e Gen Z, che in 2 casi su 3 già integrano attivamente alimenti plant-based nella loro dieta, come spiega una ricerca del Future Food Institute. Si tratta di consumatori urbani, che si identificano spesso come flexitariani (27% della popolazione europea, accanto a 62% onnivoro e a 8% tra vegetariani e vegani) che riducono la carne senza eliminarla e sono motivati da salute (47%), benessere animale (29%) e sostenibilità (26%). Nonostante i numeri positivi, la strada per la piena accettazione delle proteine alternative è ancora lunga. Come rivela uno studio condotto dall’ETH di Zurigo presentato nel corso degli Stati Generali delle Proteine Alternative, il gusto rimane il principale fattore di scelta, seguito dalla percezione di salute e sostenibilità, e la chiave per conquistare la fiducia è la familiarità.Le persone scelgono ciò che conoscono e, non a caso, le fonti proteiche più accettate come alternative alla carne sono quelle percepite come "naturali" e tradizionali: patate, riso e piselli. Per l'Italia, in particolare, spiccano le lenticchie. Al contrario, insetti, alghe e carne coltivata restano opzioni meno appetibili, considerate "innaturali" o troppo distanti dall'esperienza quotidiana.

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Fermentazione: la tecnologia "antica" che aiuta la transizione verso il nuovo

Proprio per abbattere la diffidenza verso il nuovo, convincere il consumatore attraverso la familiarità e combattere le ritrosie legate al gusto, gli Stati Generali delle Proteine Alternative sottolineano la necessità di affidarsi a tecnologie capaci di unire tradizione e avanguardia. Tra queste, un ruolo chiave è quello della fermentazione, processo già radicato nella cultura alimentare italiana e non solo (pane, birra, formaggi) che oggi diventa strumento fondamentale per migliorare le alternative proteiche. Una frontiera promettente è la fermentazione di precisione, che permette di creare ingredienti specifici (come l'emoglobina vegetale per i burger) per migliorare l’esperienza sensoriale; nel 2024 sono stati destinati oltre 100 milioni di euro ai ricercatori attivi in quest’area e quasi il 50% dei consumatori in Europa e USA si dichiara disposto a provare prodotti derivati da fermentazione di precisione, a patto che ci sia più educazione e trasparenza sul tema. 

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Linee guida per il futuro tra innovazione e tradizione

Dagli Stati Generali delle Proteine Alternative emerge una visione chiara: il futuro del cibo è già qui, ma per renderlo accessibile e desiderabile per tutti è necessario superare ostacoli ben definiti. L'accettazione di nuovi alimenti non è infatti solo una questione di gusto, ma un complesso intreccio di fattori psicologici: barriere come il disgusto, la tecnofobia e la percezione di "innaturalezza" sono ostacoli reali, e comprendere questi processi è necessario per facilitare la transizione alimentare. A queste si aggiunge il prezzo elevato dei prodotti a base di proteine alternative, come dimostra il fatto che il 44% dei consumatori nel Sud-est asiatico mangerebbe più alternative vegetali se fossero più economiche. “Superare questi ostacoli richiede di abbracciare un approccio di open innovation sfruttando tutte le potenzialità dell’ecosistema R&D italiano. Inoltre, è necessario un nuovo approccio culturale: l’obiettivo è costruire ponti, coinvolgendo direttamente agricoltori e allevatori, ma anche chef, come veri ambasciatori culturali tra il laboratorio e la tavola”, sottolinea Maurizio Bettiga, Ideatore degli Stati Generali delle Proteine Alternative e Chief Innovation Officer di Italbiotec. “L'innovazione tecnologica, guidata dalle competenze scientifiche d’eccellenza del nostro paese, deve dunque andare di pari passo con un dialogo costruttivo e una maggiore trasparenza. Solo integrando tutti gli attori della filiera – dalla scienza all'agricoltura, fino alla cucina – sarà possibile sviluppare quel sistema alimentare più diversificato, resiliente e sostenibile di cui il futuro ha bisogno”.

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