
Sindrome da burnout, quasi 6 lavoratori su 10 ne hanno sofferto: i consigli per le aziende
Riconosciuto dall’Oms come un fenomeno occupazionale e inserito nella classificazione internazionale delle malattie e dei problemi a loro correlati, l’esaurimento da lavoro nel 2022 ha riguardato il 59% degli occupati. Più colpiti i giovani fra i 18 e i 34 anni e le donne. “Mai come in questi ultimi anni se ne è riscontrata una frequenza così alta - spiega Alessandro Raguseo, Ceo e Founder di Reverse - e il fenomeno è stato considerato con l’attenzione che merita”

Il burnout, l’esaurimento da lavoro, è stato riconosciuto ufficialmente nel 2019 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un “fenomeno occupazionale” e compare nell’International Classification of Disease, la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi a loro correlati. Negli ultimi anni, complici la pandemia, il lockdown e la difficile situazione economica, si è registrato un numero sempre crescente di casi di burnout sul lavoro, soprattutto tra i giovani
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L’edizione del 2022 dello Stada Health Report evidenzia come quest’anno rispetto al 2021, i livelli di burnout siano passati dal 49% al 59%, soprattutto in riferimento alla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni e alle lavoratrici di sesso femminile. Il 70% di entrambe le categorie ha dichiarato infatti di aver vissuto almeno un episodio di burnout
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“Si tratta di un fenomeno catalogato nel 1974 dallo psicologo americano Herbert Freudenberg come un'estinzione della motivazione o degli incentivi che rende difficoltoso trovare stimoli e affrontare gli ostacoli, spiega Alessandro Raguseo, Ceo e Founder di Reverse, azienda internazionale di HR e Head Hunting. "Benché si tratti quindi di un fenomeno riconosciuto da tempo, mai come di recente se ne è riscontrata una frequenza così alta, soprattutto a causa dei cambiamenti epocali che stiamo vivendo, né è stato considerato con l’attenzione che merita”, ha aggiunto
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Ma cosa possono fare le imprese per prevenire e/o arginare questo fenomeno che può provocare gravi danni non solo alla salute del singolo individuo, ma anche all’intera azienda? Ecco i 5 consigli di Alessandro Raguseo
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Mettere al centro il benessere del dipendente. Alcune aziende scelgono di creare la figura del Chief Happiness Officer, in breve Cho: è una buona scelta per accompagnare l’affermarsi della giusta cultura, ma può rivelarsi controproducente se rimane solo di facciata. Ovviamente l’ideale sarebbe non sentirne il bisogno e dare per assodato che la felicità dei dipendenti sia già una priorità di tutti i manager
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Impostare una cultura aziendale per obiettivi e non per ore lavorate. Questo si traduce nel lasciare che i dipendenti si autogestiscano, coordinandosi ovviamente con il team, per quanto riguarda gli orari di lavoro, dando più peso agli obiettivi da raggiungere, che devono essere quindi ben definiti e condivisi. Inoltre, una sana cultura aziendale per obiettivi si appoggia inevitabilmente a una maggiore cultura della fiducia da parte del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, che riduce senza dubbio il rischio di stress patologico causato dal lavoro

Prestare attenzione all’home working, che spesso non si traduce in smart working. Non è assolutamente scontato che il lavoro da remoto si traduca automaticamente in un maggiore benessere dell’individuo. Lavorare da casa tutti i giorni può portare con sé situazioni ed elementi che vanno evitati come l’alienazione, l’isolamento, poco dialogo tra i colleghi, disorganizzazione, eccessivo controllo e orari di lavoro dilatati. Impostare una già citata cultura aziendale per obiettivi aiuta sicuramente a contrastare anche i rischi causati da un eccessivo home working

Vigilare e prevenire molestie psicologiche o fisiche e casi di mobbing. Sembra una banalità, ma non lo è. Comportamenti di questo tipo sono purtroppo molto comuni ed è importante che il dipendente si senta al sicuro e tutelato all’interno dell’organizzazione per cui lavora. Per questo è importante definire un piano strategico di prevenzione di questi fenomeni, creare dei momenti di ascolto facilitando le segnalazioni di eventuali episodi e attivare le dovute sanzioni quando necessarie

Attivare un piano benefit che preveda iniziative di sostegno al work-life balance come servizi per la famiglia, assistenza sanitaria, convenzioni per gli acquisti, ma anche momenti dedicati al benessere del dipendente in azienda come formazione, corsi di mindfulness e team building tra colleghi
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