Covid, in pandemia raddoppiati i casi di pubertà precoce nelle bambine

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Lo ha indicato uno studio condotto dagli esperti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con i colleghi di altri 4 centri di Endocrinologia pediatrica.  In particolare, in Italia e considerando il 2020, sono stati rilevati in tutto 338 casi di pubertà precoce contro i 152 dell’anno precedente, per un aumento pari al 122%. Maggiormente interessate, le bambine intorno ai 7 anni d'età

Lo stress causato dall'isolamento legato alla pandemia da coronavirus e la sedentarietà. Potrebbero essere queste alcune delle cause più probabili che hanno contribuito a far raddoppiare i casi di pubertà precoce nelle bambine. Se ne è occupato, nello specifico, uno studio condotto dagli esperti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con i colleghi di altri 4 centri di Endocrinologia pediatrica, quelli del Gaslini di Genova, del Policlinico Federico II di Napoli, dell’ospedale pediatrico microcitemico di Cagliari e della clinica pediatrica ospedale di Perugia.

In Italia, nel 2020, casi più che raddoppiati

In base a quanto raccolto nel lavoro di ricerca, infatti, i casi di pubertà precoce o anticipata rilevati nel semestre compreso tra marzo e settembre 2020, in Italia, sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lo riporta proprio un comunicato diffuso dal nosocomio romano, nel quale viene spiegato come l’inizio della maturazione sessuale, prima degli 8 anni nelle bambine e prima dei 9 anni nei bambini, viene identificata come “pubertà precoce” ed è considerata una tra le malattie rare. Nel nostro Paese riguarda da 1 a 6 nati ogni 1.000 e, nel caso in cui la diagnosi arrivi prima degli 8 anni, è possibile servirsi di alcuni farmaci per rallentare questo processo. Questo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Endocrine Connections”, ha potuto far luce su come in Italia, nel 2020, siano stati rilevati in tutto 338 casi di pubertà precoce contro i 152 dell’anno precedente, per un aumento pari al 122%.

I dettagli della ricerca

Il fenomeno, hanno spiegato gli esperti, ha riguardato soprattutto bambine intorno ai 7 anni di età. Il maggiore aumento dei casi, infatti, è stato segnalato nelle femmine (328 pazienti nel 2020 contro 140 nel 2019, con un incremento del 134%) e, in particolar modo, nella seconda metà del periodo di osservazione, con 92 bambine interessate tra marzo e maggio rispetto alle 236 bambine del periodo tra giugno e settembre 2020, con un aumento del 156%. Non è stato rilevato, invece, alcun aumento significativo tra i maschi, con 10 pazienti nel 2010 contro i 12 del 2019. Come sottolineato da Carla Bizzarri, pediatra endocrinologa del Bambino Gesù e coordinatrice dello studio, ad oggi “non abbiamo spiegazioni per questa differenza tra i sessi. Sappiamo però che la pubertà precoce è molto meno comune nel maschio rispetto alle femmina ed è più spesso il risultato di mutazioni genetiche predisponenti o disturbi organici dell'asse ipotalamo-ipofisario”. E’ possibile comunque ipotizzare, ha continuato, “che l'impatto di fattori scatenanti ambientali, quali quelli correlati alla pandemia, sia meno significativo sui tempi della pubertà maschile”. 

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Le spiegazioni degli esperti

Quali le possibili cause di questo fenomeno? I ricercatori, ascoltando le famiglie delle bambine con pubertà precoce a proposito di temi quali le abitudini alimentari o lo stile di vita, hanno evidenziato un aumento importante dell’uso dei dispositivi elettronici nel 2020, correlato soprattutto alla Dad (didattica a distanza) introdotta nelle scuole, unita al loro uso anche nel tempo libero. Tra l’altro, è stato sottolineato ancora, il primo lockdown del 2020 ha causato anche una significativa riduzione dell’attività fisica praticata da bambini e ragazzi, proprio a causa delle restrizioni. Nello specifico, nel sottogruppo con pubertà precoce a rapida evoluzione del 2020, è stato rilevato uno stile di vita più sedentario, già comunque evidente prima della pandemia. Inoltre, oltre la metà delle famiglie delle pazienti osservate nel 2020 ha riportato cambiamenti nel comportamento (59%) e segnalato un aumento rilevante di sintomi correlabili allo stress (63%) nei propri figli.  Secondo gli studiosi, sebbene non sia possibile definire un sicuro nesso causale, i risultati della ricerca suggeriscono come un evento stressante (ad esempio il lockdown del 2020) possa aver scatenato una precoce attivazione puberale in soggetti predisposti a causa di uno stile di vita più sedentario. “Lo stress potrebbe agire come un fattore scatenante più potente sui neuroni che secernono l’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale GnRH nelle ragazze con ulteriori fattori di rischio, come uno stile di vita sedentario e un eccessivo uso di dispositivi elettronici già evidenti prima della pandemia. La verifica di questa ipotesi apre interessanti prospettive di sviluppo per la ricerca clinica nel campo della pubertà precoce dei prossimi anni”, ha riferito, in conclusione, Bizzarri.

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