Si tratta del recettore MC3R, un "sensore" in grado di captare lo stato nutrizionale del bambino e di decidere quando innescare il processo che porta alla pubertà. Il suo suo ruolo è stato descritto su Nature
Trovato nel cervello l'"interruttore" che dà il via alla pubertà. A regolare il momento in cui inizia questa fase della vita che segna la fine dell'infanzia sarebbe il recettore MC3R, in grado di captare lo stato nutrizionale del bambino e di decidere quando innescare il processo che porta alla pubertà, nonché di regolare l'aumento della statura. La scoperta, descritta sulle pagine della rivista specializzata Nature, si deve ai ricercatori dell'University of Cambridge, della Queen Mary University of London, dell'University of Bristol, dell'University of Michigan e della Vanderbilt University.
Il ruolo del recettore MC3R
Il recettore MC3R si trova in una regione del cervello, l'ipotalamo, fondamentale per la regolazione dell'appetito. Il suo ruolo nell'attivazione della pubertà è stato identificato analizzando i dati genetici di mezzo milione di persone, contenuti nella biobanca britannica. Il team di ricerca studiando le info raccolte nel database britannico ha, inoltre, osservato che versioni del gene difettose in grado di compromettere il funzionamento del recettore sarebbero associate a un ritardo nell'inizio della pubertà e una crescita in statura ridotta.
Possibili applicazioni
Secondo i ricercatori, poiché oggi lo stato nutrizionale dei bambini nei Paesi ricchi è migliorato rispetto al passato, l'attivazione di MC3R avviene in genere più precocemente nel tempo e questo spiegherebbe non solo l'aumento dei casi di pubertà precoce, ma anche la maggiore crescita in altezza che si riscontra nell'ultimo secolo in tutti i Paesi a reddito elevato.
I risultati dello studio potrebbero portare allo sviluppo di nuove terapie per i bambini con gravi ritardi nella crescita e nella pubertà.
"La ricerca futura dovrebbe indagare se i farmaci che attivano selettivamente l'MC3R potrebbero aiutare a reindirizzare le calorie nei muscoli e in altri tessuti magri, con la prospettiva di migliorare la funzionalità fisica dei bambini che diventano fragili a causa di malattie croniche", ha aggiunto il professor Stephen O'Rahilly, tra gli autori dello studio.