Perdita di olfatto e gusto post Covid, ecco la terapia per il recupero

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Fa parte di un percorso terapeutico riabilitativo che al momento coinvolge circa duemila pazienti, nel nostro Paese, presi in cura da alcuni ospedali attraverso il sistema sanitario nazionale. Obiettivo, cercare di contrastare anosmia e ageusia, alcuni tra i sintomi legati al Covid-19. Si tratta dell’assenza o della diminuzione del senso dell’olfatto e del gusto, che possono scomparire dopo la malattia o persistere anche una volta accertata la negatività al coronavirus

Termini medici come “anosmia” e “ageusia” erano noti, fino a pochi mesi fa, praticamente solo gli addetti ai lavori, ma negli ultimi tempi sono diventati noti a molte persone, soprattutto per la loro relazione con il Covid-19. Come spiegato dal professor Giovanni Meola, ordinario di Neurologia presso l'Università degli Studi di Milano, l’anosmia (o iposmia) è l’assenza o la diminuzione del senso dell’olfatto, mentre l’ageusia si identifica come la mancanza di gusto. Si tratta, ha spiegato l’esperto, di sintomi neurologici che spesso si manifestano insieme, come riferito anche da molti pazienti. Questo avviene perché il” centro nervoso dell’olfatto è localizzato a livello del lobo frontale orbitale, mentre quello del gusto è a livello del lobo dell’insula” e le due aree sono connesse fra di loro. (VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)

Come e perché si manifestano “anosmia” e “ageusia”

Come diversi studi hanno dimostrato, il Sars-Cov-2 “migra attraverso le terminazioni nervose olfattive e raggiunge direttamente i centri orbitali frontali, determinando l’anosmia. Il centro del gusto è molto vicino a quello dell’olfatto con il quale collabora, per cui ecco spiegata anche l’ageusia”, ha sottolineato il neurologo. Il Covid-19, ha detto, è un virus che può causare molteplici problematiche ed esiste la possibilità che, “oltre alla propagazione lungo le vie nervose, una volta all’interno dell’organismo il virus si diffonda anche per via ematica”. Questo potrebbe spiegare, tra l’altro, “l’aspetto multisistemico del Sars-CoV-2, il quale provoca disturbi a livello di tutti gli organi: muscolare, epatico, renale e anche cerebrale, soprattutto con perdita dell’olfatto e perdita del gusto”. Come riconoscere anosmia e ageusia da Covid-19? Nei pazienti positivi al coronavirus, ha spiegato ancora Meola, da diversi anni specialista neurologo della casa di cura La Madonnina di Milano, si manifestano improvvisamente, senza la presenza di “affezioni a livello del naso o patologie neurologiche che possano spiegarle”. Alcuni studi, tra l’altro, hanno evidenziato, come ageusia e anosmia siano sintomi che colpiscono circa il 50-60% dei pazienti affetti da Covid-19 senza alcuna patologia pregressa. “Si tratta di disturbi che di solito si manifestano nella fase iniziale o media della malattia: mai nella terminale e di solito tendono a scomparire nel corso di alcune settimane”, ha detto il professore.

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Un percorso riabilitativo

Capita però che questi disturbi rimangano anche dopo essere tornati negativi al coronavirus e più tempo passa tra l’insorgenza del sintomo e la possibilità di diagnosticare e trattare il problema, più bassa diventa la probabilità di recupero. Per questo motivo, in Italia, è stato attivato un programma specifico di recupero che al momento coinvolge circa duemila pazienti, presi in cura dagli ospedali attraverso il sistema sanitario nazionale. La sperimentazione, come spiega “Il Post”, è iniziata presso l’ospedale di Fano, nelle Marche, e si è estesa ad altri dieci ospedali tra cui il San Giovanni a Roma, l’Humanitas a Milano, il policlinico universitario Federico II di Napoli, e gli ospedali universitari di Genova, Trieste, Firenze, Sassari e Catania. Esiste poi la realtà del dottor Luca Raimondo, responsabile di Otorinolaringoiatria e a capo di un nuovo ambulatorio presso l’Humanitas Gradenigo di Torino che permetterà di avere una diagnosi e di “impostare un percorso terapeutico riabilitativo”, proprio per quei pazienti che lamentano anosmia e ageusia. Ma cosa può fare l’otorinolaringoiatra per aiutare il paziente alle prese con i disturbi di olfatto e gusto? “Prima di tutto quantificare la perdita sensoriale attraverso alcuni esami. In primis, con la fibroscopia, incaricata di scoprire se a livello di fosse nasali, fessura olfattoria e cavo orale/orofaringe sono in atto processi patologici in grado di rappresentare la causa del problema che, in tal caso, viene affrontato e risolto”, ha detto Raimondo. In caso contrario, il disturbo va misurato attraverso altri esami: “Serve una visita endoscopica con l’olfattometria e la gustometria, due esami utili a identificare e quantificare il disturbo”, ha spiegato l’esperto. Si tratta di esami non invasivi che richiedono circa 30 o 40 minuti di tempo. Quindi, una volta quantificato il disturbo ed eseguita una risonanza magnetica per verificare che la via olfattiva e la via gustativa siano “anatomicamente regolari nelle loro porzioni più alte, vale a quelle verso l’encefalo, si può impostare il percorso terapeutico”.

Ripristinare le funzionalità perse

Per cercare di ripristinare queste funzionalità perse, una terapia si può basare sull’impiego di corticosteroidi, integratori alimentari, tra cui lo zinco gluconato, e integratori finalizzati al miglioramento della funzionalità dei nervi, come l’acido alfa lipoico. Inoltre, si può aiutare la funzione olfattoria anche attraverso una riabilitazione presso il domicilio del paziente, magari facendo annusare odori particolari per più volte al giorno. “Per il gusto non esistono protocolli riabilitativi, ma sappiamo che gusto e olfatto sono tra loro interconnessi: il paziente che non percepisce gli odori riporta anche una riduzione di percezione dei gusti e quello che non percepisce i gusti denuncia anche una distorsione degli odori. Quindi riabilitando l’olfatto si ottiene spesso anche un netto miglioramento del gusto”, ha sottolineato ancora l’esperto.

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