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Individuata una proteina legata allo sviluppo dell'obesità

Salute e Benessere
©Ansa

Si chiama Gastrokine-1 (Gkn1), viene prodotta esclusivamente nello stomaco e, se inibita, riesce a fornire differenze significative nel peso e nei livelli di grasso corporeo. Lo hanno scoperto, nei topi, i ricercatori dell’Università dell’Indiana e, adesso, questo risultato potrebbe permettere di adottare nuove terapie nella lotta a questa patologia

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Una scoperta importante nell’ambita della lotta all’obesità. E’ quella effettuata dai ricercatori dell’Università dell’Indiana che hanno individuato una proteina, chiamata “Gastrokine-1 (Gkn1)” che è presente nello stomaco e riveste un ruolo decisivo nella progressione dell'obesità stessa e che potrebbe, adesso, contribuire a mettere a punto nuovi trattamenti per perdere i chili in eccesso.

Il ruolo della proteina Gastrokine-1 (Gkn1)

Nel loro studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Scientific Reports”, i ricercatori sono riusciti a comprendere come la proteina Gastrokine-1 (Gkn1), prodotta esclusivamente nello stomaco, sia anche resistente alla digestione, abbia la facoltà di passare all’interno dell'intestino e interagisca anche con il microbioma. Lo step fondamentale dello studio, hanno riferito gli esperti, è stato quello di aver dimostrato che inibire questa specifica proteina riesca a fornire differenze significative nel peso e nei livelli di grasso corporeo, rispetto a quando la proteina non viene inibita. Lo studio, condotto in laboratorio sui topi, ha consentito di evidenziare che le cavie senza la proteina Gkn1 pesavano meno e avevano livelli inferiori di grasso corporeo totale e percentuali più alte di massa magra, il tutto nonostante consumassero la stessa quantità di cibo del cosiddetto gruppo dei topi di controllo. Tra l’altro, hanno spiegato gli esperti, anche quando sono stati sottoposti ad una dieta ricca di grassi, i topi senza la proteina hanno dimostrato una resistenza diretta all'aumento di peso.

La possibilità di adottare nuove terapie

"Mentre la dieta e l'esercizio fisico sono fondamentali per mantenere un peso sano, alcuni individui lottano costantemente per perdere i chili di troppo. E, anche nei casi di chirurgia bariatrica, mantenere il peso normale può rappresentare una vera e propria sfida", ha detto David Boone, professore associato di microbiologia e immunologia presso la School of Medicine dell’Università dell’Indiana e coautore dello studio. "Questi risultati sono un esempio di come una migliore comprensione del microbioma intestinale e degli aspetti fisiologici dell'obesità, tra cui le modalità attraverso cui il nostro corpo regola il metabolismo e accumula grasso corporeo, potrebbe aiutare ad adottare nuove terapie", ha aggiunto. Se questo studio venisse confermato da ulteriori analisi, potrebbe dunque rappresentare una svolta per prevenire l'obesità, con terapie che potrebbero ridurre il carico sui sistemi sanitari e aiutare a migliorare la qualità della vita dei pazienti. Un dato, nello specifico, spiega la situazione attuale, almeno negli Stati Uniti: secondo i Centers for Disease Control, i tassi di obesità negli adulti sono aumentati del 42,4%. E, oltre ad aumentare il rischio di ictus, diabete, di alcuni tipi di cancro e di altri problemi di salute, l'obesità può anche aumentare il rischio di malattie gravi a causa del Covid-19, hanno riferito i ricercatori.

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