Consulta, ottava fumata nera in Parlamento per elezione di un giudice. Cosa sta succedendo
PoliticaIl giudice manca al plenum della Consulta dal novembre 2023, quando ha finito il mandato la presidente Silvana Sciarra. L’8 ottobre l’ottava votazione si è conclusa con un nulla di fatto: le opposizioni non hanno partecipato, il centrodestra ha votato scheda bianca. Meloni avrebbe voluto chiudere su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, ma i numeri risicati hanno suggerito prudenza. Il tempo stringe: a dicembre scadranno i mandati di altri 3 giudici costituzionali di nomina parlamentare
Niente di fatto. Ieri, martedì 8 ottobre, si è concluso con un’altra fumata nera il tentativo del Parlamento in seduta comune di eleggere un giudice costituzionale. Si tratta dell’ottava fumata nera in undici mesi. Il giudice manca al plenum della Consulta ormai dal novembre 2023, quando ha concluso il proprio mandato la presidente Silvana Sciarra. La premier Giorgia Meloni avrebbe voluto chiudere su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, ma il muro delle opposizioni - unite nel non partecipare al voto - e i numeri risicati per il via libera, alla fine, hanno suggerito prudenza.
L’ottava fumata nera
L’ottava fumata nera sull'elezione del giudice della Corte Costituzionale è andata in scena nell'emiciclo di Montecitorio poco dopo le 14. Per il quorum sarebbero servite 363 preferenze (tre quinti dei parlamentari): i presenti e votanti sono stati 342, 9 i voti dispersi, 10 le schede nulle, 323 le schede bianche. Il centrodestra, che fino all’ultimo è andato avanti coi conteggi per capire se il quorum fosse a portata di mano, alla fine ha deciso di non rischiare e di non bruciare il nome di Marini: la maggioranza ha così dato l'indicazione della scheda bianca. Le opposizioni, invece, non hanno partecipato al voto.
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Opposizioni compatte
L'opposizione, nonostante gli scontri interni delle ultime settimane, è riuscita a trovare in Aula una strategia comune: non ha risposto all'appello, non ha ritirato la scheda. Così, dopo aver confermato in mattinata la linea comune, i parlamentari dem, insieme a quelli del Movimento 5 Stelle, di Avs, Azione, Iv e Più Europa hanno disertato il voto."La nostra compattezza ha fermato la forzatura che la maggioranza voleva fare", ha esultato la segretaria del Pd Elly Schlein. E ha rilanciato: "Ora accettino il dialogo". “È fallito il blitz organizzato da Meloni. Li abbiamo lasciati da soli in Aula con le loro paranoie, a scovare i traditori dentro Fratelli d'Italia", ha commentato dal M5s Giuseppe Conte.
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Scambio di accuse
Non sono mancati scambi di accuse tra i due fronti. Giovanni Donzelli di Fdi ha puntato il dito contro le opposizioni: "Non hanno senso delle istituzioni, non possiamo tenere bloccata l'Italia per loro. Noi potevamo fare una forzatura e invece non l'abbiamo fatta, ma non possono abusarne sempre. Se andremo avanti su Marini? Lo decideremo noi, non Schlein". Quanto ai numeri, ha minimizzato: "In Aula li trovi sempre...". La scelta del consigliere giuridico di Palazzo Chigi Marini viene contestata non solo nel metodo, ma anche nel merito. Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni hanno parlato di un "palese conflitto di interessi" in quanto il professor Marini "è l'autore di proposte di riforma come autonomia e premierato", di cui "da giudice della Consulta avrebbe dovuto valutare la costituzionalità". Oltre "a esprimersi sull'ammissibilità di referendum abrogativi". Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, invece, "le persone" indicate per essere elette alla Consulta "avevano tutte le caratteristiche" per poterlo fare. E il partito di Meloni ha rispedito le accuse al mittente: "Il preteso conflitto di interessi del consigliere giuridico del presidente del Consiglio è un bluff! Nel settembre 2022, ad esempio, venne nominato alla Consulta Marco d'Alberti, consigliere giuridico del presidente Draghi". Ha difeso l'indicazione anche Giorgio Mulé di FI: "Marini ha l'esperienza e la competenza giusta. Si potrebbe rivotare già la prossima settimana", ha annunciato.
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E ora?
La linea delle Camera, quindi, sembra essere quella di proseguire con convocazioni continue. Ma intanto nella maggioranza si continuano a fare i conti. Prima del voto - tra la fuga di notizie sui parlamentari di FdI precettati, che aveva già provocato l'ira della leader e una “caccia alla talpa”, e la ricerca del quorum - erano state ore tese. I calcoli sul pallottoliere d'Aula erano andati avanti fino all'ultimo momento utile, scandagliando gli iscritti al gruppo misto che avrebbero potuto votare Marini, gli ex di Azione e qualche altro possibile dissidente dentro Iv. Mezz'ora prima della seduta, l'annuncio dei capigruppo per la scheda bianca, "per rispetto delle istituzioni". Non meno complessa la situazione nel centrosinistra prima di arrivare all'unità d'intenti, per superare i reciproci sospetti. I timori, infatti, erano di una riedizione della spaccatura sulla Rai, ma alla fine tutti hanno confermato la stessa linea. E lo scrutinio ha fotografato 342 presenti e votanti, 9 voti dispersi, 10 schede nulle, 323 bianche. "Ora Meloni cambi metodo e apra il dialogo", ha detto il segretario di Più Europa Riccardo Magi alla premier.
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Da un anno la Consulta lavora a ranghi ridotti
Ma intanto, come detto, il tempo stringe. Quasi un anno non è bastato al Parlamento per eleggere il giudice costituzionale di nomina parlamentare che deve andare a colmare il vuoto lasciato dalla scadenza del mandato della ex presidente della Consulta Silvana Sciarra, che ha terminato il suo incarico l'11 novembre del 2023. L’8 ottobre è andata a vuoto, come detto, anche l'ottava votazione, a Camere congiunte e voto segreto, con quorum abbassato alla soglia 363 voti. Il precedente scrutinio, chiaramente anch’esso andato a vuoto, si era svolto lo scorso 24 settembre. A dicembre, poi, scadranno i mandati di altri tre giudici costituzionali di nomina parlamentare: quello del presidente della Consulta Augusto Barbera e quello dei giudici Franco Modugno e Giulio Prosperetti, entrambi vice presidenti. I giudici che compongono la Corte costituzionale sono quindici e tra loro viene eletto il presidente: è ormai da circa un anno, quindi, che la Consulta sta lavorando a ranghi ridotti, con 14 componenti.