Regionali in Lazio e Lombardia: cosa dice il voto

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Massimo Leoni

Massimo Leoni

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Governo più stabile, opposizione da ripensare. L’astensionismo, problema (forse) per tutti

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Senza discussioni. Vince la destra in Lazio e in Lombardia con un distacco di dimensioni importanti su un’opposizione divisa, ma comunque distante dai numeri della coalizione di maggioranza nelle due regioni e nel Paese. Si potrebbe dire: centrodestra imbattibile, pur con candidati battibili. Fontana con alle spalle una gestione dell’emergenza Covid discutibile e discussa, il divorzio da Moratti, FdI da tenere a bada. Rocca, poi: contiguo alla politica, ma tutto sommato un parvenu della politica, a rischio di essere ricordato come una specie di Michetti 2.0.

Il governo scongiura il rischio di uno strapotere FdI 

In altri tempi, sarebbero stati considerati candidati deboli. E, invece, stravincono. Non solo, il governo non esce indebolito nemmeno rispetto a quello che alla vigilia pareva l’unico rischio, quello di uno strapotere di Fratelli d’Italia che gli alleati avrebbero, in qualche modo, dovuto e voluto contrastare (ELEZIONI REGIONALI, LO SPECIALE DI SKY TG24 - LO SPOGLIO IN TEMPO REALE). 

Le premesse di un risultato prevedibile

Le premesse per questo risultato c’erano tutte. La prima, i tempi. Innanzitutto quelli scelti dal Pd per il congresso. Le primarie che si celebrano in contemporanea alle Regionali, il Pd praticamente senza guida. E, soprattutto senza una linea politica coerente neanche sulle alleanze, fondamentali in un turno unico – la forma più spinta del maggioritario – come quello delle elezioni regionali. Linea non coerente nemmeno rispetto al naturale tentativo di essere competitivi. Pd con i Cinque stelle in Lombardia e con il Terzo Polo nel Lazio, il contrario di quello che molti ritenevano, almeno, utile.

Se il Pd frena, non gioiscono nemmeno M5s e Terzo Polo

Letta parla di risultato più che significativo, ma l’unica soddisfazione, per chiunque sarà il futuro segretario dei democratici, è che la possibile concorrenza non può gioire. Anzi. I Cinque stelle si confermano deboli sul territorio anche in una regione, il Lazio, un tempo teatro di successi clamorosi. Il progetto centrista di Calenda e Renzi, se non si estingue, subisce comunque un’importante frenata. Il fallimento di una candidata sulla carta forte in Lombardia come Letizia Moratti dice molto sullo scarso appeal di quello schieramento.

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Una rassicurazione per Meloni fino alle Europee

Il centrodestra invece ha molto, se non tutto, di cui gioire. Nonostante il fine settimana elettorale agitato dalle dichiarazioni di Berlusconi sul conflitto in Ucraina– che, passato il momento, avranno bisogno di un riesame approfondito nel governo e nella coalizione – i Fratelli d’Italia non travolgono, la Lega e il suo segretario riprendono fiato in Lombardia, Forza Italia non sparisce. Significa che Giorgia Meloni, almeno fino alle Europee, subirà meno rispetto alle ultime settimane le pulsioni identitarie dei suoi compagni di strada.

Il peso della variabile astensionismo

Tutto questo è vero se si considerano i voti espressi. L’astensionismo è in ulteriore crescita e la dimensione impressiona. Il non voto è di gran lunga maggioranza. Dovesse tornare a votare, questo popolo potrebbe rivoltare qualsiasi risultato. Tutta la politica dovrebbe tenerne conto. A parole la preoccupazione è grande. Nei fatti, forse, a molti va bene così.

Seggi elettorali allestiti a Trieste per le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, 03 aprile 2023.
ANSA/ ALICE FUMIS

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