“Numeri - La sfida del voto”, le sanzioni alla Russia stanno funzionando?

Politica
Ansa/Sky TG24

Le misure contro Mosca messe in campo per la guerra in Ucraina, gli effetti che queste hanno sull’economia del Paese e sul settore industriale e cosa ne pensano gli italiani. Questi i temi principali della puntata di “Numeri - La sfida del voto”, programma di Sky TG24 dedicato alle elezioni, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18:30 alle 19:00

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I problemi con le forniture di gas all'Europa attraverso il Nord Stream continueranno fino alla revoca delle sanzioni alla Russia, che impediscono la manutenzione dei macchinari del gasdotto. Così oggi il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha risposto a chi gli chiedeva se la questione dello stop dipenda completamente dalle sanzioni e se le forniture riprenderanno solo se queste saranno rimosse o attenuate: "Certamente - ha replicato -, sono proprio le sanzioni che impediscono la manutenzione delle unità". E sono proprio le sanzioni, il loro effetto sull’economia russa e l’opinione degli italiani sulle misure i temi principali al centro della sesta puntata di “Numeri – La sfida del voto”, nuovo format di Sky TG24 dedicato alle imminenti elezioni politiche, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19:00 (LO SPECIALE DI SKY TG24: VERSO IL VOTO - GLI AGGIORNAMENTI LIVETUTTI I VIDEO - CASA ITALIA: LE INTERVISTE AI LEADER POLITICI - NUMERI-LA SFIDA AL VOTO - TROVA IL TUO PARTITO: IL QUIZ DI SKY TG24)

Il Pil degli ultimi 12 mesi

È indubitabile che le sanzioni stiano colpendo la Russia e pesino sull’economia del Paese. Premettendo che Mosca ha smesso di pubblicare determinati dati economici, secondo le cifre di Eurostat e Banca centrale russa il Pil negli ultimi 12 mesi è sceso del 4,3%, mentre altri Paesi europei hanno registrato valori positivi come la Spagna (+6,3%), l’Italia (+4,6%), la Francia (+4,2%) e la Germania (+1,5%).

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L’inflazione russa supera il 14%

Le sanzioni spingono anche l’inflazione: secondo i dati di Eurostat e Rosstat (l’Istat russo), quella di Mosca è al 14,3% (ultimo dato registrato ad agosto), più del doppio della Francia che è al 6,5% e molto più alta di quella di Germania (8,8%), Italia (9%) e Spagna (10,3%). Un esempio sono gli aumenti registrati da Rosstat sui prezzi delle cose che servono per mandare i bambini a scuola: scarpe +19%, matite +18%, felpe +16%. Per ora tutto viene sussidiato con iniezioni di denaro pubblico che deriva dalla vendita di idrocarburi, ma quanto potrà durare?

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I settori industriali più colpiti

Sempre secondo i dati di Rosstat, alcuni settori industriali russi reggono, come il farmaceutico e i servizi minerari. Ma dalle cifre di luglio emerge come su base annua la produzione di autoveicoli sia crollata quasi del 60% perché le sanzioni comprendono il fatto che non vengono più venduti a Mosca - ad esempio - i componenti e i chip, e quindi vengono prodotte auto senza l’airbag e senza gli optional più sofisticati. In sostanza, anche se l’inflazione sembra governabile, va visto cosa comprano i cittadini russi con quei soldi, perché magari i prodotti non sono più gli stessi di prima. Alla lunga, questo sarà l’aspetto peggiore per la Russia perché quando industrie così importanti crollano per mancanza delle componenti è fortemente negativo.

epa08084820 (FILE) - A gas pressure-gauge of the gas-compressor station in Mryn village, about 130 km of Kiev, Ukraine, 15 October 2015 (reissued 21 December 2019). Reports on 21 December 2019 state Russian energy company  Gazprom and Ukrainian authorities have reached an agreement whereby Gazprom is to pay Ukraine 2.9 billion USD as a settlement in a row over gas transit. The new agreement for the next five years also sees a reduction of Russian gas flowing through Ukraine from 90 billion qubic meters to 65 billion qubic meters in 2020, and a further reduction to 40 billion qubic meters planned for the years 2021-2024.  EPA/ROMAN PILIPEY *** Local Caption *** 52307439

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La fuga di multinazionali e lavoratori

Un altro aspetto delle sanzioni è che hanno spinto molte imprese occidentali ad abbandonare il Paese: secondo il database di Yale sono 1.000 le multinazionali che hanno lasciato la Russia, e il 20% di tutti i lavoratori ultraqualificati se n'è andato da quando è iniziata la guerra.

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E se l’Europa smettesse del tutto di comprare gas e petrolio dalla Russia?

Al momento l’Europa non ha smesso di comprare gas e petrolio dalla Russia. Sul petrolio c’è un embargo che inizia a dicembre, mentre per quanto riguarda il gas va ricordato che Mosca con questi introiti tiene a galla la sua economia e le sue operazioni belliche. Fra marzo e luglio del 2022, la Russia ha raddoppiato le entrate relative al gas rispetto allo stesso periodo del 2021 incassando 95 miliardi di euro, la gran parte dei quali però è arrivata dall’Europa. Putin in questo senso è dipendente dall’Europa: nel 2021 l’83% del venduto è finito in Europa, così come il petrolio anche se in misura minore (53%).

Il ruolo della Cina

Una delle ipotesi in campo è che potrebbe essere la Cina a salvare la Russia. Ma il quadro è complesso: se è vero che l’export dalla Pechino a Mosca è aumentato, è anche vero che la Cina vende molto di più a Stati Uniti, Giappone, Olanda e Germania, e rovinarsi tutti quei mercati per aiutare la Russia sembra complicato.

A temperature dial on a radiator at a home in London, Britain, 10 January 2022. ANSA/ANDY RAIN

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Cosa pensano gli italiani delle sanzioni

Secondo un sondaggio condotto da Quorum/YouTrend per Sky TG24, la crisi energetica e il conseguente aumento dei prezzi delle bollette preoccupano 9 italiani su 10. Per quanto riguarda le sanzioni contro la Russia, dai dati raccolti emerge che l’elettorato più ostile alle misure contro Mosca è quello di Fratelli d’Italia, una circostanza che evidenzia “un rovesciamento tra l’atteggiamento dei leader e quello delle basi - osserva Lorenzo Pregliasco di Quorum/YouTrend - La base elettorale di FdI sembra essere più scettica di quella della Lega, nonostante come sappiamo la posizione di Giorgia Meloni sia decisamente più a favore delle sanzioni rispetto a quella di Salvini”. Mentre per quanto riguarda il nucleare come soluzione per fronteggiare la crisi, gli elettori più favorevoli sono quelli di Azione/Italia viva e centrodestra, meno quelli di M5S e Pd. Il 45% degli elettori si dice favorevole al nucleare, ma sul dato pesa il ruolo degli indecisi o che si asterranno alle elezioni: “Sono in maggioranza contrari al nucleare - spiega Pregliasco - Un dato che abbassa la percentuale media dei favorevoli al nucleare rilevata considerando solo gli elettori”.

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Il tema del rigassificatore di Piombino

Al centro del dibattito sulla crisi energetica c’è anche la questione rigassificatori. Per sopperire alla carenza di gas che c’è e ci sarà nei prossimi mesi in Europa secondo Snam - operatore che gestisce la rete nazionale - ne servirà dell’altro, che potrebbe arrivare dal mare perché il gas liquefatto viene trasportato con le navi metaniere. Piombino è la prima soluzione individuata da Snam per l’aprile 2023, però parte della politica non è convinta di questa soluzione. Stefano Venier, ad di Snam, a Sky TG24 dall’evento Gastech 2022 ha spiegato: “La scelta di Piombino è una scelta quasi obbligata, l’unica opzione che abbiamo in Italia che consente di disporre di una banchina di dimensioni sufficienti per ospitare la nave. Luoghi diversi da questo significherebbero tempi più lunghi e quindi il venir meno di quello che è l’obiettivo numero uno, ovvero la tempestività della riduzione della nostra dipendenza dalle forniture russe. Alternative oltre a Piombino andrebbero sicuramente oltre il 2024”.

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