
Rigassificatori: che cosa sono, come funzionano e quanti sono in Italia
Tema ricorrente in questa campagna elettorale, si tratta di impianti deputati alla ricezione del gas liquido da Paesi non collegati e alla trasformazione in stato gassoso. Possono trovarsi sulla costa oppure in mare aperto, spesso come vere e proprie isole artificiali. Nel nostro Paese sono attualmente tre gli impianti presenti e quello di Piombino sarebbe il quarto

Il tema dei rigassificatori è al centro dell’attuale campagna elettorale, a causa della guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, oltre al prezzo alle stelle della materia prima: si discute, in particolare, dell’opportunità di installare un nuovo impianto presso Piombino. Ma cosa sono? Come riporta Il Post, si tratta di stabilimenti necessari per poter utilizzare il gas liquefatto che arriva in Italia via nave
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Come funzionano? Il gas naturale può essere trasportato via nave, ma è conveniente solo se in precedenza viene reso liquido, cioè GNL: in questo modo occupa un volume circa 600 volte inferiore e una metaniera può trasportarne una quantità molto maggiore. Una volta giunto via nave negli impianti di rigassificazione, per necessità ubicati sulla costa, il GNL è ritrasformato allo stato gassoso e successivamente immesso nei gasdotti del territorio
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Più nel dettaglio, il GNL viene trasportato nelle navi a pressione poco superiore a quella atmosferica e ad una temperatura di -162 °C, che serve per mantenerlo liquido. Nei rigassificatori torna allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato che viene effettuato all’interno di un vaporizzatore, largo abbastanza da permettere l’espansione del gas. Il riscaldamento avviene facendo passare il GNL all’interno di tubi immersi in acqua marina, che hanno a loro volta una temperatura più alta
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Ci sono diverse tipologie di rigassificatori, che si differenziano principalmente a seconda della posizione in cui sono collocati: ci sono quelli onshore, sulla terraferma, che dall’esterno somigliano a tanti altri impianti industriali, e ci sono quelli offshore, che invece si trovano in mare a poca distanza dalla costa, collegati da un gasdotto
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A loro volta i rigassificatori offshore si differenziano in isole artificiali, costruite per restare dove si trovano, oppure navi gasiere, cioè fatte per il trasporto di gas, che sono ancorate al fondale e vengono modificate in modo tale da trasformare il GNL. Vengono chiamate floating storage regasification unit, “unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione” (noti anche con l’acronimo FSRU)
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In Italia attualmente ci sono tre rigassificatori funzionanti, uno per tipo. Il più vecchio è una struttura onshore e si trova a Panigaglia, in provincia di La Spezia. Realizzato negli anni ‘70, ha una produzione massima annuale di 3,5 miliardi di metri cubi e appartiene a Snam, la società che gestisce la rete di gasdotti italiana
L'approfondimento del Post
Il più grande dei tre rigassificatori è invece il Terminale GNL Adriatico, un impianto offshore e un’isola artificiale, che si trova in mare al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo. Ha una produzione massima annuale di 8 miliardi di metri cubi di gas, è attivo dal 2009 e la società che lo gestisce è una joint venture composta dalla grande compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil, che lo detiene al 70%, dall’azienda petrolifera statale qatariota Qatar Petroleum, per il 23%, e da Snam per il restante 7
Il terzo rigassificatore è invece una FSRU e si trova nel mar Tirreno, al largo della costa tra Livorno e Pisa. Immette gas in rete dal 2013 e ha una produzione massima annuale di 3,75 miliardi di metri cubi. Appartiene soprattutto a Snam, per il 49,07 per cento, e alla società di investimento First Sentier Investors, per il 48,24 per cento

Anche il progetto di rigassificatore a Piombino sarebbe una FSRU, con il vantaggio di poter essere allestito e diventare operativo in tempi ridotti, oltre che di poter essere spostato. A giugno Snam ha acquistato la FSRU Golar Tundra, che potrebbe trattare 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, con l’idea di posizionarla nel centro-nord Italia, dove si consuma più gas

Il principale impatto ambientale a livello locale delle FSRU è dato dalla necessaria installazione di gasdotti di collegamento alla rete di distribuzione del gas sulla terraferma. Il progetto di Piombino, ad esempio, prevede l’installazione di un tubo lungo 8 chilometri che passerà nell’area industrializzata di Piombino e dovrà essere realizzato o sottoterra oppure a cielo aperto