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Autovelox, dati su piattaforma Mit entro novembre o le multe saranno considerate nulle

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©Ansa

Introduzione

Entro il 30 novembre tutti gli autovelox d’Italia dovranno essere registrati sulla piattaforma telematica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, operativa da oggi 30 settembre, per la trasmissione dei dati sui dispositivi per l'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, come previsto dal decreto direttoriale n.305 dello scorso 18 agosto. L’inserimento dei dati sarà condizione necessaria per l’utilizzo legittimo degli autovelox stessi. Tradotto: le eventuali multe che arriveranno ai cittadini, se i sistemi di rilevazione non saranno registrati, non avranno alcun valore legale.

Quello che devi sapere

Autovelox, i dati da inserire sulla piattaforma

Ci sono quindi due mesi di tempo per le amministrazioni e gli enti dai quali dipendono gli organi di polizia stradale, i Comuni e le Province, per mettersi a norma. Per ogni autovelox, di qualsiasi strada italiana, sulla piattaforma (istituita presso il centro elaborazioni dati della Direzione generale per la motorizzazione) dovranno esserci dati come la marca, il modello, il tipo, l’eventuale versione, la matricola e gli estremi del decreto Mit di approvazione o di estensione del dispositivo o sistema. Anche ogni variazione o modifica rispetto ai dati inseriti deve essere immediatamente comunicata.

 

Per approfondire: Autovelox, quali sono le app e le mappe che segnalano dove si trovano per evitare multe

Autovelox, i dati da inserire sulla piattaforma

La libera consultazione dei dati sugli autovelox

Tutte le informazioni inserite dalle amministrazioni saranno poi pubblicate sul portale istituzionale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, così da garantire la libera consultazione per i cittadini. Finora i dati sono stati in mano solamente alle Prefetture che di volta in volta autorizzavano l’installazione dei dispositivi.

 

Per approfondire: Roma, dal Foro Italico alla via del Mare: la mappa dei nuovi autovelox attivi dal 2026

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Mit: “Operazione trasparenza contro uso distorto e vessatorio”

Il sottosegretario al Mit, il deputato di Forza Italia Tullio Ferrante, parla di una “grande operazione trasparenza che il Paese attendeva da tempo”. La mappatura degli autovelox esistenti, la possibilità di accedere alle informazioni e l'obbligo di inserimento dei dati come condizione necessaria per l'utilizzo degli autovelox, evidenzia, “rappresenta un importante meccanismo di tutela per i cittadini che troppo spesso sono vessati da un utilizzo distorto dei sistemi di rilevamento".

Sessantasette milioni di euro di multe nel 2024

Il “censimento” voluto dal governo era in lavorazione da un po’, sulla scia di anni e anni di polemiche per la gestione degli autovelox a livello locale da parte dei governi. Solo nel 2024, stando ai dati del Codacons, gli autovelox hanno generato all'incirca 67 milioni di euro di multe.

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Codacons: “Finalmente conosceremo il numero di autovelox”

Il Codacons accoglie l’arrivo della piattaforma positivamente. “Sarà finalmente possibile - dice l'associazione a tutela dei consumatori - conoscere il numero di apparecchi installati in Italia, la loro ubicazione, e tutte le specifiche tecniche dei dispositivi usati da Comuni e forze dell'ordine”.

Il caos autovelox: il problema dell’omologazione

Si mette però in luce come manchino ancora norme sull’omologazione dei sistemi di rilevazione della velocità, denuncia sempre il Codacons. “Il caos autovelox dura oramai da 18 mesi, da quando cioè la Cassazione ad aprile 2024 ha stabilito la nullità delle multe elevate dagli apparecchi approvati ma non omologati", si spiega in una nota. I concetti di autovelox “approvato” e autovelox “omologato” sono quindi distinti e separati, ma entrambi rappresentano condizioni necessarie per il corretto uso dei dispositivi, secondo i giudici della Cassazione. 

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Una legge che manca ancora

Qui si apre un problema ancora più grande, a cui la giurisprudenza da sola non può mettere una toppa, perché si tratta di una grande lacuna normativa. L’articolo 142 del Codice della Strada – “Limiti di velocità” – al comma 6 recita: “Per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali”. Il punto è che non esiste un’altra norma che stabilisca i passaggi della procedura per arrivare a definire un’apparecchiatura “debitamente omologata”. Servirebbe dunque un decreto che si occupasse del tema, anche perché per assurdo in questo modo tutti gli autovelox italiani sarebbero illegali, in quanto approvati ma non omologati.

Il decreto scomparso

Negli scorsi mesi il Corriere della Sera aveva rivelato di uno schema di provvedimento che, dal 2026, sarebbe andato a regolarizzare tutti gli autovelox approvati dal 13 agosto 2017 in poi. Si era però alzato un polverone e il governo aveva fatto dietrofront, nonostante il testo fosse già stato inviato a Bruxelles, parlando di ulteriori "approfondimenti" da fare. La lacuna così rimane. Molti Comuni, se il decreto avesse visto la luce, avrebbero comunque dovuto spegnere i propri autovelox. Secondo una prima ricognizione eseguita in aprile da Anci, su richiesta del ministro dei Trasporti e vicepremier Matteo Salvini, per i dispositivi fissi circa il 59,4% dispongono di decreti di approvazione precedenti al 2017 e per un 40,6% successivi al 2017. Sui dispositivi mobili il dato mostra per un 67,2% decreti di approvazione precedenti al 2017 e un 32,8% successivi al 2017. 

 

Per approfondire: In autostrada arriva Navigard, cos'è e come funziona

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