Attentato a Nassiriya, 22 anni fa l'attacco contro gli italiani in Iraq
Il 12 novembre 2003 avvenne la strage nella base “Maestrale” della città irachena, dove i Carabinieri e l’Esercito italiano avevano stabilito il proprio quartier generale: un camion carico di 400 chili di tritolo e liquido infiammabile venne lanciato contro l'ingresso. Persero la vita ventotto persone - tra cui diciannove nostri connazionali - e il conto sarebbe potuto essere ben più alto se non fosse intervenuto il carabiniere Andrea Filippa, di guardia al portone, che impedì agli attentatori di entrare
LA STRAGE
- Ventotto morti: 19 italiani e 9 iracheni. Sono passati 22 anni dalla strage del 12 novembre 2003, quando un camion carico di esplosivi si schiantò sulla base Maestrale a Nassiriya, uno dei quartier generali del contingente italiano di stanza in Iraq. Tra i nostri connazionali persero la vita dodici Carabinieri, 5 militari dell'Esercito, un cooperante internazionale e un regista.
LA GUERRA
- Perché gli italiani erano in Iraq? A marzo 2003 era iniziata l’invasione del Paese da parte di una coalizione composta principalmente degli eserciti britannico e statunitense per rovesciare il regime di Saddam Hussein, accusato di volersi dotare di armi di distruzione di massa e di appoggiare il terrorismo islamista. A maggio l’operazione era sostanzialmente finita, così l’Onu chiese a tutti i Paesi di sostenere la rinascita dell’Iraq. L’Italia partecipò con l’operazione “Antica Babilonia”, di stanza proprio a Nassiriya, nel sud del Paese.
GLI OBIETTIVI DELL’OPERAZIONE ITALIANA
- Gli italiani erano lì con finalità specifiche di peacekeeping: gli obiettivi principali erano perciò il concorso al ripristino di infrastrutture pubbliche e alla riattivazione dei servizi essenziali; le rilevazioni radiologiche, biologiche e chimiche; polizia militare; il concorso a ordine pubblico, gestione aeroportuale e attività di bonifica con l'impiego anche della componente cinofila; sostegno alle attività dell'ORHA; controllo del territorio e contrasto alla criminalità.
L'ATTENTATO
- Alle 10.40 ora locale, le 8.40 in Italia, del 12 novembre 2003 un’autocisterna forzò l’entrata della base Maestrale, presidiata dai carabinieri italiani, nella città di Nassiriya: i due uomini a bordo fecero esplodere una bomba. La deflagrazione, con un effetto domino, fece saltare in aria il deposito munizioni (in foto, il buco nel terreno). La "Maestrale" fu ridotta a uno scheletro di cemento mentre l'altra sede, "Libeccio", a poche centinaia di metri dalla prima, venne danneggiata.
IL CARABINIERE FILIPPA
- Un ruolo decisivo lo ebbe il carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso principale, che intervenne tempestivamente uccidendo gli attentatori e impedendo loro di sfondare l’ingresso: se fosse avvenuto, il numero di vittime sarebbe stato ben più alto.
LA TROUPE
- A essere coinvolti furono anche la troupe del regista Stefano Rolla, che si trovava sul luogo per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiriya, e i militari dell'esercito italiano di scorta alla troupe, che si erano fermati lì per una sosta logistica. Il nome dello sceneggiato era Babilonia, terra tra due fiumi. Il regista (in foto) morì nell’attentato.
LE VITTIME
- Le vittime italiane furono: Enzo Fregosi; Horacio Majorana; Ivan Ghitti; Domenico Intravaia; Daniele Ghione; Filippo Merlino.
VITTIME/2
- Ancora: Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Andrea Filippa, Giuseppe Coletta, Alfonso Trincone, Alfio Ragazzi.
VITTIME ITALIANE/3
- Poi: Massimo Ficuciello, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferraro, Silvio Olla e Pietro Petrucci.
VITTIME/4
- Nell'attentato poi, oltre al regista Stefano Rolla, morì anche il cooperante italiano Marco Beci.
IL FUNERALE DI STATO
- La camera ardente per tutti gli italiani morti venne allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano. I funerali di Stato si svolsero il 18 novembre 2003 nella basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, officiati dal cardinale Camillo Ruini, alla presenza delle più alte autorità dello Stato e con vasta partecipazione popolare. Le salme giunsero nella basilica scortate da 40 corazzieri a cavallo. Per quel giorno fu proclamato il lutto nazionale (in foto, il presidente Carlo Azeglio Ciampi).
L’INCHIESTA
- Dopo l'attentato vennero aperte due inchieste: una fu avviata dalle autorità militari per verificare se tutte le misure necessarie erano state prese per prevenire gli attacchi, la seconda venne aperta dalla procura di Roma per individuare gli autori della strage. Nella prima si concluse che sistemare la base al centro della città, senza un percorso obbligato a zig-zag, fosse stato un errore. Nella seconda si arrivò solo a confermare che il furgone aveva 400 kg di tritolo mescolato a liquido infiammabile (in foto).
LO SPOSTAMENTO
- I danneggiamenti alle due basi obbligarono anche i Carabinieri, come l’esercito, a distanziarsi dal centro abitato: pochi mesi dopo l’attentato venne scelta la base di Camp Mittica nell'ex aeroporto di Tallil, a 7 km da Nassiriya, come nuovo quartier generale dei Carabinieri (in foto, militari italiani a Tallil).
GLI ATTENTATI SUCCESSIVI
- L’attentato di Nassiriya non fu l’unico: pochi mesi dopo i militari italiani furono coinvolti in uno scontro con l’Esercito del Mahdi sempre nel centro della cittadina irachena (6 aprile 2004). Il 27 aprile 2006 altri 4 militari italiani, 3 Carabinieri e un membro dell’esercito morirono in un attentato causato da un'esplosione di un ordigno al centro della carreggiata. Un altro militare morì sempre a seguito di un attentato il 5 giugno 2006 (in foto, fiori all'Altare della Patria dopo il 12 novembre 2003).