Open Arms, cos'è e come opera l'Ong che salva i migranti in mare

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Dalle prime operazioni nel 2015 a Lesbo, in Grecia, a quelle al largo della costa della Libia dopo l'accordo Ue-Turchia, fino al rinvio a giudizio e all'apertura del processo a carico del leader della Lega Matteo Salvini: ecco come lavora l'organizzazione spagnola finita al centro di accuse e polemiche con il governo italiano  

Nella questione migranti il nome Proactiva Open Arms non lascia indifferenti. In Italia le cronache l’hanno vista protagonista soprattutto per lo scontro con l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che il 17 aprile 2021 è stato rinviato a giudizio dal gup di Palermo Lorenzo Janelli. Il leader della Lega dovrà rispondere di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito - secondo la Procura violando la normativa internazionale in tema di soccorso in mare - alla nave della ong catalana, con a bordo 147 migranti soccorsi in mare, di attraccare a Lampedusa. Il processo è cominciato il 15 settembre davanti ai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Palermo e subito rinviato al 23 ottobre.

Cos’è Open Arms e come lavora

Open Arms è un’Ong spagnola che opera dall'ottobre 2015 con alcune navi nel Mediterraneo per salvare i migranti che rischiano la vita attraversando il mare (QUALI SONO GLI OBBLIGHI SUI SALVATAGGI IN MARE). Proactiva Open Arms si è sviluppata come organizzazione non governativa dalla Pro-Activa Serveis Aquàtics, una compagnia di salvataggio e recupero in acqua con sede a Badalona, in Catalogna. Ed è nata dopo il viaggio del fondatore Oscar Camps in Grecia, nel settembre 2015, insieme ad altri tre volontari. Ha iniziato la propria attività immediatamente dopo, nell’autunno del 2015 a Lesbo, proprio in Grecia, per il salvataggio dei migranti che attraversavano il mar Egeo partendo dalla Turchia per arrivare in Europa. L’Ong coordina le sue operazioni con le imbarcazioni Astral, utilizzata perlopiù per operazioni di ricerca, Golfo Azzurro e Open Arms. L'organizzazione si finanzia, come si legge sul sito ufficiale, quasi esclusivamente attraverso donazioni private (il 90% del totale). Il restante 10% arriva da altre organizzazioni e amministrazioni locali. Open Arms afferma di aver salvato almeno 60 mila persone nel corso delle sue operazioni.

Le prime operazioni a Lesbo

Nel mese di settembre 2015, i primi volontari della Ong arrivano a Lesbo per le operazioni di soccorso. Le attività principali consistono nel guidare e assistere i rifugiati, principalmente siriani arrivati dalla Turchia, affinché arrivino in sicurezza sulla costa. La squadra di Open Arms copre 17 chilometri di costa. All’inizio l’Ong disponeva di 20 imbarcazioni. Il numero poi è diminuito, ma Open Arms rimane comunque attiva sulla costa greca.

La missione nel Mediterraneo

Alla fine del mese di maggio 2016, Proactiva decide di assegnare Astral alla zona del Mediterraneo centrale, per assistere i migranti in arrivo dalle coste della Libia. L'accordo tra l'Unione europea e la Turchia stava rendendo più difficile l'attraversamento del mar Egeo e quindi il proseguimento per i migranti sulla cosiddetta “rotta balcanica”. Si erano riaperti perciò altri canali come quello, il più pericoloso, dell’attraversamento del mar Mediterraneo dalla costa nordafricana all’Europa. Proactiva afferma di aver salvato 15mila vite nei primi 4 mesi di operazioni. Nel luglio 2017, inizia l’attività della nuova nave della Ong, la Open Arms, acquistata grazie alle donazioni e capace di trasportare circa 400 persone. Open Arms è attiva anche in Africa perché, si legge sul sito, “vogliamo prevenire ciò che accade in mare lavorando nei Paesi d’origine”. Collabora con l’organizzazione Nasco, che si occupa di scuola ed educazione in Ghana.

Le accuse di complicità con i trafficanti

Nel frattempo, però, Open Arms inizia a subire accuse di collusione con i trafficanti ed è implicata in alcuni procedimenti giudiziari. Nel maggio 2017 inizia un procedimento penale della procura di Palermo nei confronti della nave Golfo Azzurro, in seguito a presunte incongruenze nel modo in cui erano stati soccorsi oltre 220 migranti poi sbarcati a Lampedusa. Nel giugno 2018, i magistrati di Palermo chiedono e ottengono l’archiviazione del procedimento, spiegando che “alla luce delle indagini svolte, non si ravvisano elementi concreti che portano a ritenere alcuna connessione tra i soggetti intervenuti nel corso delle operazioni di salvataggio a bordo delle navi delle Ong e i trafficanti operanti sul territorio libico”. L'indagine archiviata dalla procura di Palermo non ha nulla a che fare con quella avviata nel marzo 2018 dalla procura di Catania, con l’accusa nei confronti dell’Ong di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. Nell’ambito dell’inchiesta l’imbarcazione Open Arms era stata sequestrata nel porto di Pozzallo, dove si trovava, e successivamente dissequestrata. Nel maggio 2019, la procura di Catania ha poi chiesto l’archiviazione.

Il salvataggio di Josefa e le polemiche con l’Italia

Le polemiche tornano nell’estate 2018. A metà luglio la Ong interviene per un naufragio al largo della Libia e trova i corpi di una donna e di un bambino, insieme a una donna sopravvissuta dopo due giorni in mare aggrappata a una tavola di legno. Si chiama Josefa e viene ritrovata infreddolita e in stato di shock. Open Arms accusa la Guardia costiera libica di aver abbandonato i naufraghi e l’Italia per la sua politica di chiusura dei porti. Salvini respinge le accuse definendole “bugie”. Dopo il primo caso, quello della nave Aquarius, attraccata a Valencia dopo nove giorni in mare per il rifiuto delle autorità italiane di farla sbarcare, con Open Arms si verifica una situazione simile il 4 luglio. L’imbarcazione, con a bordo 59 migranti, era stata costretta a fare rotta verso Barcellona, dopo che le era stato negato lo sbarco sulle coste italiane e maltesi.

Il caso Open Arms-Salvini

Un anno dopo, nell'estate 2019, un altro caso vede protagonista la nave dell’Ong: ad agosto a un gruppo di oltre 100 migranti che si trova a bordo dell’imbarcazione, al largo di Lampedusa, viene vietato di scendere a terra dall’allora ministro dell’Interno e leader della Leva Matteo Salvini. Tra i migranti soccorsi e in attesa di sbarcare ci sono anche molti minori. La maggior parte delle persone rimane a bordo per 19 giorni, prima di poter sbarcare dopo che il procuratore di Agrigento decide di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo d’urgenza della nave, ipotizzando il reato di abuso d’ufficio. Il 30 luglio 2020, l’aula del Senato dà il via libera alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, avanzata dal tribunale dei ministri di Palermo nei confronti del leader della Lega accusato di “sequestro plurimo di persona aggravato” e “abuso di atti d’ufficio”. 

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L’udienza preliminare e il rinvio a giudizio 

Il 17 aprile 2021 il gup di Palermo Lorenzo Jannelli ha disposto il rinvio a giudizio di Salvini. La difesa di Salvini nel corso dell'arringa ha sostenuto che la decisione dell'allora ministro dell'Interno fosse dettata dall'esigenza di tutelare i confini nazionali e che comunque fosse stata presa di comune accordo con l’intero Governo Conte. Inoltre, secondo l'avvocato Giulia Bongiorno, difensore del leader della Lega, alla Open Arms era stata offerta la possibilità di attraccare sia a Malta che in Spagna: la Ong avrebbe rifiutato entrambe le opzioni dirigendosi verso le coste siciliane. All'udienza preliminare si sono costituite 21 parti civili.

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L'apertura del processo

Il 15 settembre 2021 il processo viene aperto, a Palermo, e subito rinviato al 23 ottobre. "Richard Gere testimonierà contro di me nel processo Open Arms il 23 ottobre a Palermo", ha rivelato Matteo Salvini. L'udienza del 23 ottobre, nell'aula bunker del carcere palermitano Pagliarelli davanti ai giudici della seconda sezione del tribunale, è dedicata all'ammissione delle liste testi di accusa e difesa e alle produzioni documentali. La Procura ha citato a deporre, tra gli altri, il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, l'ex premier Giuseppe Conte e tre componenti dell'allora suo governo, l'ex vice premier Luigi Di Maio, e gli ex ministri ai Trasporti, Danilo Toninelli, e alla Difesa, Elisabetta Trenta.

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