Primarie Usa 2020, cos'è e come funziona il Super Tuesday

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È uno degli appuntamenti più importanti nel contesto delle elezioni presidenziali. Quest’anno, durante il Super-martedì, 14 Stati più un territorio non incorporato e i democratici all'estero vanno al voto per selezionare i possibili candidati Dem alla Casa Bianca

In vista delle elezioni presidenziali americane del 3 novembre 2020, il “Super Tuesday” è l’appuntamento elettorale più importante: in questo giorno, infatti, si vota contemporaneamente in più Stati Usa e si iniziano a identificare i possibili candidati democratici alla carica di presidente degli Stati Uniti. Nel 2020, se dalla parte del partito dell’elefante è scontata la ricandidatura dell’attuale presidente Donald Trump, i democratici invece giocano una partita ancora tutta da definire. Quest’anno, il Super-martedì è il 3 marzo (SKY TG24 E LA STAMPA INSIEME PER RACCONTARE IL SUPER TUESDAY).

Come funzionano le primarie e cos’è il Super Tuesday

La corsa dei candidati dei partiti americani alla Casa Bianca inizia tra gli otto e i sei mesi prima delle elezioni presidenziali. È suddivisa in appuntamenti chiamati “caucuses” e “primarie”. Nelle primarie gli elettori votano alle urne a scrutinio segreto, mentre i caucuses - organizzati in luoghi pubblici come scuole o chiese - assomigliano più a delle riunioni di quartiere in cui i cittadini cercano di convincersi a vicenda prima di votare. Per tradizione, gli elettori sono chiamati al voto in varie date, a seconda dello Stato di residenza, solitamente durante un martedì. In questo contesto, il Super Tuesday è il martedì durante il quale va al voto il maggior numero di Stati. Durante le primarie sono nominati i delegati di ogni Stato e territorio Usa (il numero varia da Stato a Stato in base a una serie di criteri: per esempio in California vengono nominati oltre 400 delegati, nello Utah 29). Le primarie sono fondamentali perché saranno i delegati, durante i congressi in estate, chiamati convention, a eleggere ufficialmente il candidato per le presidenziali di novembre del partito repubblicano e del partito democratico. Nel 2020 i congressi saranno rispettivamente a metà luglio per i liberali e a fine agosto per il “Grand Old Party”.

Il Super Tuesday 2020

Solitamente, quindi, durante il Super Tuesday si comincia a delineare chi potrebbe essere il candidato presidente dei due partiti. Dal 1988, infatti, i candidati di entrambi i principali partiti che nel Super-martedì hanno vinto nel maggior numero di Stati sono risultati i rappresentanti della propria formazione per la corsa alla presidenza. Il 3 marzo 2020 gli elettori democratici votano in 14 Stati più un territorio non incorporato, Samoa Americane, e il collegio dei democratici all'estero per un totale di 1.357 delegati da nominare, un terzo dei 3.979 delegati dem. I repubblicani devono nominare 2.472 delegati in totale durante tutte le primarie ma, probabilmente per risparmiare soldi per la campagna elettorale in favore di Donald Trump, il partito ha deciso di cancellare gli appuntamenti elettorali in sette Stati: Alaska, Arizona, Hawaii, Kansas, Nevada, Carolina del Sud e Virginia.

I primi Super Tuesday

I primi Super Tuesday sono iniziati negli anni ’80 e nel corso delle varie tornate elettorali il numero degli Stati coinvolti è variato, fino a un massimo di 25 territori andati al voto contemporaneamente nel 2008. Quest’anno, il 3 marzo, si vota in Alabama, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia e Samoa Americana. A questi si aggiungono gli elettori americani all'estero.

Quanto vale ogni Stato

Per quanto riguarda il partito democratico, finora, con le primarie in New Hampshire e i caucuses in Iowa e Nevada sono stati nominati il 2,5% dei 3.979 delegati totali, a cui si aggiungono quelli del voto del 29 febbraio nel South Carolina. Il 3 marzo, il giorno del Super Tuesday, verranno nominati circa il 34% dei delegati. C’è attesa soprattutto sugli esiti in California e Texas, che sono gli Stati con il più alto numero di delegati, rispettivamente 415 e 228. North Carolina ne elegge 110, Virginia 99, Massachussets 91, Minnesota 75. Colorado, Tennessee e Alabama rispettivamente 67, 64 e 52, Oklahoma, Arkansas, Utah e Maine, 37, 31, 29 e 24. A questi si aggiungono 16 delegati nominati in Vermont, 13 dagli americani all’estero e 6 nelle Samoa Americane.

La sfida all’interno del partito democratico

Tra i democratici, i candidati che si sfidano per rappresentare il partito alle elezioni presidenziali sono 5: Bernie Sanders, Joe Biden, Michael Bloomberg, Elizabeth Warren e Tulsi Gabbard. Dopo il voto in Carolina del Sud, il miliardario Tom Steyer si è convinto a ritirarsi nonostante una campagna da 20 milioni di dollari. E anche Pete Buttigieg ha lasciato la corsa. La stessa cosa ha fatto Amy Klobuchar, come riferito dai media americani il 2 marzo. Attualmente il favorito sembrerebbe essere Sanders con il maggior numero di delegati ma, con la vittoria in Carolina del Sud, Joe Biden si è fatto strada confermandosi come principale rivale del senatore del Vermont. Tutto potrebbe cambiare dopo il voto del 3 marzo. La data è importante anche perché rappresenta il debutto dell'ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, che ha saltato i precedenti appuntamenti in Iowa, New Hampshire, Nevada e Carolina del Sud. L'imprenditore ha, tra l'altro, deciso di autofinanziarsi la campagna elettorale spendendo oltre 350 milioni di dollari in pubblicità, una cifra superiore a quella degli altri candidati.  

La sfida nel partito repubblicano

Tra i repubblicani, l'unico sfidante dell’attuale presidente Usa Donald Trump è Bill Weld, 74enne ex governatore del Massachusetts. La candidatura alle primarie di Weld non avrà comunque successo. In una nota il Comitato Nazionale Repubblicano aveva già detto che “ogni tentativo di sfidare la nomina del presidente non andrà da nessuna parte”. 

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