
Introduzione
La Russia e gli Stati Uniti cominceranno "a tempo debito" negoziati sull'Ucraina, "sarà il presidente Putin a decidere quando". A dirlo è il consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, al termine dell’incontro a Riad tra la delegazione russa di Sergei Lavrov e quella americana di Marco Rubio su un possibile cessate il fuoco. Questo non è il primo tentativo che è stato fatto per mettere fine al conflitto: già nel 2022 Kiev e Mosca avevano avviato delle trattative, poi terminate in un nulla di fatto. Accadeva fra il marzo e l’aprile di tre anni fa, quando i negoziatori russi e ucraini si riunirono in Bielorussia e in Turchia, oltre a diversi contatti avvenuti in videoconferenza.
Quello che devi sapere
Le rivelazioni del New York Times e del Wsj
- Ad aprire uno squarcio sui dettagli dei negoziati del 2022, poi falliti, è stato il New York Times, che nel giugno dello scorso anno ha pubblicato la documentazione che racconta le trattative di pace tra Russia e Ucraina. File che in parte erano già trapelati sul Wall Street Journal a marzo 2024, quando il quotidiano aveva pubblicato la bozza di trattato di pace del 15 aprile 2022 redatta dai negoziatori russi e ucraini, a sei settimane dall'inizio della guerra.
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Cosa c’era nella bozza del 2022
- Tra i punti dell'intesa, in larga parte stipulata nel corso dei negoziati a Istanbul del marzo di quell'anno, l'Ucraina doveva diventare uno Stato permanentemente neutrale e non aderire a blocchi militari come la Nato. La Crimea sarebbe rimasta russa ma senza il riconoscimento di Kiev, che sarebbe stata costretta a non disporre di armi straniere e a ridurre le sue Forze armate, che dovevano passare a 85mila effettivi, 342 carri armati e 519 pezzi di artiglieria. La lingua russa doveva essere usata su un piano paritario con l'ucraino, mentre le sorti del Donbass sarebbero state discusse in un secondo momento
Cos’è andato storto: l’articolo 5 e gli Stati garanti
- Il New York Times ha rivelato che uno dei punti che hanno probabilmente contribuito a far saltare un'intesa è il cosiddetto articolo 5 del Trattato Nato: in caso di un altro attacco armato contro l’Ucraina, gli "Stati garanti" che avrebbero firmato il trattato sarebbero intervenuti direttamente in difesa dell'Ucraina. Le nazioni indicate erano i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina - oltre a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia. Ma Mosca volle inserire una clausola secondo la quale "tutti gli Stati garanti, Russia compresa", avrebbero dovuto approvare la risposta nel caso in cui l’Ucraina fosse stata attaccata. Insomma, una sorta di diritto di veto di Mosca, che di fatto avrebbe potuto nuovamente invadere il territorio ucraino. La clausola, giudicata inaccettabile, fece precipitare la situazione: con questo cambiamento, disse uno dei negoziatori ucraini "non avevamo alcun interesse a continuare i colloqui".
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Il massacro di Bucha
- A intralciare le trattative di pace però fu anche la scoperta del massacro di Bucha del marzo 2022, quando le unità delle Forze terrestri russe e di quelle cecene della Guardia nazionale torturarono e uccisero più di 400 persone nella città a nord-ovest di Kiev. Dopo il ritiro dei soldati di Mosca, le foto dei cadaveri di civili abbandonati nelle strade - molti dei quali mostravano segni di tortura - fecero il giro del mondo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nell’aprile 2022, disse apertamente alla Bbc che quanto accaduto a "Bucha ci porta ad essere vicini a interrompere" i colloqui di pace.
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La fake news sulle pressioni dell’Occidente
- A quel punto la Russia disse di sentirsi "ingannata" dalla retromarcia di Kiev, e Mosca iniziò a sostenere che l’Ucraina avesse interrotto i colloqui di pace perché spinta in questa direzione dall’Occidente - in particolare dall’allora premier britannico Boris Johnson - anche alla luce del fatto che ormai era evidente che la guerra-lampo immaginata da Vladimir Putin non sarebbe diventare realtà. Ancora nel febbraio 2024, intervistato al Cremlino da Tucker Carlson, il presidente russo ribadì che "i piani di pace erano quasi finalizzati ma Kiev li ha gettati all'aria e ha obbedito agli ordini dell'Occidente di combattere la Russia fino all'ultimo". Una versione smentita di nuovo pochi giorni fa da Zelensky che, in un’intervista al The Guardian, ha detto: "A Putin piace molto questa storia sulla Turchia. Quando è arrivato Johnson, stavamo camminando insieme per Kiev. Li avevamo già cacciati via dalla zona. Quindi non c’è alcuna logica nell’idea che lui potesse avermi fatto pressione. Mi ha fatto pressione per cosa?".
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