Dopo la firma della tregua tra Israele e Hamas, Donald Trump è tornato in Usa, dove si è visto riconoscere i meriti anche dalla stampa liberal e dai democratici. Non mancano però gli ostacoli, a cominciare dal valico di Rafah, chiuso da Israele ed essenziale per l’arrivo dei 600 camion al giorno previsti dal piano. Di questo si è parlato nella puntata del programma del 14 ottobre di "Numeri", approfondimento di Sky TG24
Dopo il tour de force tra Israele ed Egitto, Donald Trump è tornato negli Stati Uniti, dove ha incassato lo storico successo della prima fase del suo piano di pace a Gaza. A riconoscergli i meriti sono stati diversi media liberal ma anche alti dirigenti dem, come il leader al Senato Chuck Schumer, dai Clinton a Joe Biden, passando per Barack Obama che però non lo menziona mai. Gli ostacoli al suo piano di tregua tra Israele e Hamas, però, si intravedono già: di questo si è parlato nella puntata del 14 ottobre di Numeri, approfondimento di Sky TG24.
I camion e gli aiuti umanitari
L’attesa della riapertura del valico di Rafah, chiuso da Israele in attesa della restituzione dei corpi degli ostaggi, fa capire quanto sia complesso dare concretezza anche ai primissimi punti del piano di Trump. Come riportano fonti del governo israeliano, nell’ultimo mese i camion entrati a Gaza portavano soprattutto cibo (presente nell'85% dei casi contro il 15% del resto). Nel piano, poi, si parla di circa 600 camion al giorno che dovrebbero entrare nella Striscia di Gaza: si tratterebbe di circa 6 mila tonnellate di cibo al giorno, ovvero 3 chili di cibo pro capite. Un valore che fa la differenza se rapportato ai valori dell’ultima primavera, quando sia a marzo che ad aprile non era entrato nulla e a maggio appena 300 grammi al giorno.
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Gli ostacoli
Già ora non mancano le prime reciproche accuse sulla violazione del cessate il fuoco e, da parte israeliana, sulla mancata restituzione di tutti i corpi degli ostaggi, sollecitata anche da Trump via Truth. L'elenco dei nodi ancora da sciogliere è lungo: dal disarmo di Hamas alla composizione del Board of Peace, dove aumentano le quotazioni del leader egiziano Al Sisi, fino alla messa in campo "immediata" della forza internazionale di stabilizzazione (Isf) alla soluzione dei due Stati, che Netanyahu osteggia anche col veto alla scarcerazione di Marwan Barghouti, il leader popolare e moderato di Fatah considerato uno dei pochi che potrebbe contribuire a una soluzione di questo tipo. Lo stesso Trump è indeciso sui due Stati. Il primo nodo da sciogliere sarà cosa fare con i circa 15 mila militanti di Hamas sopravvissuti che stanno tornando a spadroneggiare a Gaza, un evidente ostacolo al dispiegamento di truppe internazionali e all'afflusso di fondi per la ricostruzione.