Intesa Usa-Cina, dai dazi ai minerali: i punti dell’accordo (e a cosa mira Trump)

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Introduzione

"L'accordo è fatto". Donald Trump ha usato toni trionfalistici per descrivere l’intesa commerciale con la Cina, raggiunta al termine di una maratona negoziale di 48 ore e dopo settimane di tensioni che sembravano destinate a far naufragare la tregua raggiunta a Ginevra il mese scorso. Invece i negoziatori sono riusciti a lasciare la Lancaster House di Londra con un accordo di massima, che rappresenta un ulteriore passo avanti - anche se per molti osservatori "molto piccolo" - verso una pace commerciale.

Quello che devi sapere

La tregua commerciale

L'accordo raggiunto tra Washington e Pechino ripristina la tregua commerciale raggiunta a maggio in Svizzera e affronta alcuni dei nodi principali nelle relazioni fra le due superpotenze economiche mondiali, ossia quello delle terre rare e quello dei chip. La Cina è infatti affamata di semiconduttori avanzati per accelerare il suo sviluppo tecnologico e l'intelligenza artificiale, mentre gli Usa dipendono dai minerali critici cinesi per molte delle sue industrie, in primis quella automobilistica che è un tassello essenziale nel piano di Donald Trump per rilanciare la potenza manifatturiera americana. Ecco i principali punti dell’intesa.

Per approfondire: Dazi Usa, Trump: "Raggiunto accordo con la Cina, terre rare in cambio di tariffe al 10%"

Terre rare e magneti

La Cina si impegna ad allentare i controlli all'export sulle terre rare e "approverà tutte le richieste di magneti dalle aziende americane", ha detto il segretario al commercio Usa Howard Lutnick. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, però, la Cina intende imporre un limite di sei mesi alle licenze di esportazione di terre rare per le case automobilistiche e i produttori americani, lasciandosi così un margine di manovra nel caso in cui le tensioni commerciali dovessero riaccendersi. Pechino è il leader indiscusso di minerali critici a livello mondiale producendone circa il 60% della fornitura globale e lavorandone quasi il 90%.

Per approfondire: Usa, come sono cambiati i dazi sulle merci importate dal 1891 a oggi

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Chip

Gli Stati Uniti si impegnano a rimuovere alcune delle restrizioni alle esportazioni, in quella che è una netta inversione di tendenza rispetto all'amministrazione Biden che aveva attuato il cosiddetto approccio "cortile piccolo, recinzione alta", per limitare la possibilità della Cina di ottenere tecnologia americana da usare per il suo esercito. "Non invieremo alla Cina i nostri migliori chip", ha precisato però Lutnick.

Studenti

Washington si impegna ad accettare gli studenti cinesi nei college e nelle università americane a dispetto della stretta sui visti annunciata dal Segretario di Stato Usa, Marco Rubio.

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Dazi

Restano ai livelli attuali. L'accordo di Londra mantiene le tariffe al livello stabilito durante il vertice di Ginevra di maggio, quando gli Stati Uniti e la Cina si sono impegnate a ridurre i loro dazi del 115% portandoli rispettivamente al 30% e al 10%. Annunciando l’intesa, Donald Trump ha parlato di tariffe sul Made in China al 55%, lasciando intravedere un possibile aumento delle tariffe, ma la Casa Bianca ha spiegato che la cifra del presidente include le tariffe imposte nel secondo mandato (10% quelle universali e 20% sul fentanyl) e quelle del 25% imposte nel primo mandato.

Mancano le firme

Nonostante il chiarimento ufficiale, che ha spazzato via la confusione creata dall’inquilino della Casa Bianca, la scarsità di dettagli lascia scettici i mercati preoccupati dal fatto che all’intesa manca la firma dei due presidenti. Questo - secondo gli investitori - potrebbe segnalare che le divergenze restano e c'è bisogno di un via libera di alto livello per le concessioni effettuate. "Con Xi lavoreremo insieme. I rapporti sono eccellenti", ha postato Trump cercando di rassicurare sulla solidità dell’accordo. Pur ritenendo l'accordo quadro un "momento di stabilità" in un rapporto molto volatile, gli investitori sono convinti che una svolta commerciale fra le due superpotenze sia ancora lontana.

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Cosa può succedere

"Negli incontri a Londra molto tempo è stato trascorso con i traduttori, e il risultato finale è stato il mantenimento dello status quo", hanno commentato alcuni analisti, notando delle divergenze nel racconto degli incontri. A Trump che parla di Cina che invierà le terre rare negli Stati Uniti per prima, si contrappongono le voci più caute che arrivano da Pechino. Secondo indiscrezioni, la Cina allenterà le restrizioni all'export dei minerali critici "simultaneamente" alla rimozione dei controlli americani sui chip. Pechino intenderebbe inoltre concedere licenze di esportazione di terre rare di soli sei mesi per le case automobilistiche e i produttori americani, lasciandosi così un margine di manovra nel caso in cui le tensioni commerciali dovessero riaccendersi.

Le altre sfide commerciali

In attesa delle valutazioni e della possibile firma di Trump e Xi, l'attenzione dei negoziatori americani si sposta ora sulle altre partite commerciali aperte dal presidente. In vista di luglio, quando scadrà la pausa di 90 giorni imposta dal presidente americano dopo il 'giorno della Liberazione', le trattative con i maggiori partner commerciali proseguono. Finora gli accordi annunciati sono pochi, ma l'amministrazione si mostra ottimista e ripete che molte intese saranno annunciate a breve. Resta per ora alla finestra l'Europa che, fra i negoziati in corso, "sarà probabilmente alla fine", ha ammesso il segretario al commercio Howard Lutnick. "È molto più che spinosa nelle trattative", ha aggiunto ribadendo che una delle difficoltà è che l'Unione Europa è composta da molti Paesi e non c'è nessuno in carica. "Questo - ha osservato - è il contrario rispetto a Donald Trump".

Per approfondire: Dazi Usa su acciaio e alluminio, che impatto avranno sul settore delle fonderie in Italia?

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