Ue, vertice dei leader per discutere le nomine. Von der Leyen in pole per il bis

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Cena informale tra Capi di Stato e governo per parlare di chi dovrà ricoprire le posizioni di vertice delle istituzioni europee. In discussione la presidenza della Commissione (VDL favorita), del Consiglio europeo (si ipotizza Antonio Costa), del Parlamento (riconferma per Metsola) e il ruolo di Alto rappresentante per gli Affari esteri (possibile Kaja Kallas). Tajani: “A Italia vicepresidenza Commissione”

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Ursula von der Leyen sembra essere in buona posizione per ottenere il bis alla guida della Commissione europea, sulle ali del trionfo alle elezioni del Ppe: è quanto emerge dalla prima tappa della lunga corsa per il rinnovo dei vertici dell’Unione europea, la cena informale tra i capi di Stato e governo dell’Ue iniziata dopo le 21.30 di lunedì sera e durata circa due ore. Assenti la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Per le altre posizioni il socialista portoghese Antonio Costa risulta in corsa per la guida del Consiglio, mentre la liberale estone Kaja Kallas pare favorita per il 'ministero degli Esteri' Ue. La conferma di Roberta Metsola al Parlamento - che però sceglie in autonomia - completa il quadro. Salvo, naturalmente, sorprese dell'ultim'ora. "Non è mio compito convincere Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente", ha fatto sapere già a ora di pranzo il premier polacco Donald Tusk (uno dei due negoziatori popolari) a chi gli chiedeva se ci fossero altri equilibri di cui dover tenere conto (LO SPECIALE SULLE ELEZIONI EUROPEE). 

Scholz: “No a sostegno basato su populisti di destra”

"È chiaro che in Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra", è stato invece il muro eretto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui le elezioni europee "hanno portato una maggioranza stabile" delle stesse forze politiche "che finora hanno lavorato a stretto contatto in Parlamento. Viviamo in tempi difficili ed è importante sapere presto cosa succederà in Europa", ha aggiunto prima di prendere posto alla cena dei leader chiamati a varare un accordo quadro a livello informale da confermare al prossimo Consiglio Europeo di fine mese.

La logica del “pacchetto”

Il senso di urgenza è condiviso da molti. La logica, spiegano diverse fonti, è quella del pacchetto. La quadriglia è frutto di calcoli alchemici che tengono conto dei voti, dei profili, delle aree geografiche: se si modificano gli addendi, il risultato cambia eccome. E i 27 non sembrano intenzionati a tirarla per le lunghe. Come la danese Mette Frederiksen, indicata nel pre partita papabile alla presidenza del Consiglio Europeo: "Io non sono una candidata, Costa è un ottimo collega della famiglia socialista". Poi certo, la perfetta sintonia - ed è normale - non c'è ancora. Il presidente slovacco, Peter Pellegrini, sostituto del primo ministro Robert Fico, in convalescenza dopo il tentato omicidio, ha esortato "a stare molto attenti a chi rappresenterà l'Unione europea e la Commissione a livello internazionale, per non creare ancora più tensione di quanto non ve ne sia già". Un chiaro riferimento a Kaja Kallas, la lady di ferro dell'est, arcinemica di Mosca.

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La strada di von der Leyen verso il bis

Detto questo, la prima tessera del mosaico è ovviamente la guida di palazzo Berlaymont. Nonostante il presidente francese Emmanuel Macron si fosse scagliato contro la logica dello 'spitzenkandidat' - a suo parere politicizza la carica di presidente della Commissione, per natura super partes - il responso delle urne è stato chiaro, premiando i Popolari europei. Peraltro il terremoto politico in Francia indebolisce Macron, senz'altro meno 'king maker' rispetto alla scorsa legislatura. Dunque si torna al pacchetto. Resta da chiarire cosa farà la premier italiana Giorgia Meloni, che nel pre vertice ha incontrato l'ungherese Viktor Orban. Orban ha definito la situazione "ancora fluida" per quanto riguarda la riconferma di von der Leyen. La presidente uscente, non è un mistero, ha costruito un rapporto intenso con Meloni, a partire dal dossier migrazione.

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Le elezioni hanno del resto certificato l'ascesa dei partiti gemelli di Fdi, ma non hanno sovvertito equilibri che, anzi, le forze europeiste vogliono sedimentare. Il rischio, per Meloni, è quella di trovarsi davanti ad un tavolo già apparecchiato: Ursula von der Leyen alla Commissione, Antonio Costa al Consiglio europeo, Kaja Kallas per il post-Borrell. Far passare il terzetto senza il sì di un Paese fondatore, tuttavia, sarebbe un azzardo per i leader Ue. Ed è da questo dato che il governo può partire per alzare la posta. Puntando tutto su un commissario che sia vice presidente ed abbia una delega pesante a Palazzo Berlaymont. Meloni non è mai intervenuta finora sulla scelta - condivisa da molti suoi omologhi - di chiudere le nomine entro luglio. In giornata il vicepremier italiano e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato a Bruxelles la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e il primo ministro polacco Donald Tusk. Tajani ha ricordato ai colleghi le priorità del governo italiano per la formazione della nuova Commissione, confermando a Metsola il forte sostegno per la conferma nel suo incarico. Il ministro Tajani ha anche confermato alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen la richiesta per l'Italia di un incarico di commissario di peso, che rivesta anche l'incarico di vice-presidente della Commissione.

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