Cinque Stati si recheranno al voto per le primarie presidenziali domani, 19 marzo, nonostante sia il presidente in carica sia l’ex presidente abbiano già raggiunto le nomination per la Casa Bianca dei rispettivi partiti. In termini assoluti non ci sono dubbi su chi vincerà, ma attenzione al voto di protesta e alle preferenze indirizzate verso altri candidati ritirati oppure minoritari: potrebbero essere indicazioni utili per capire l’orientamento dell’elettorato in vista del 5 novembre
L’obiettivo è stato raggiunto. Sia Joe Biden che Donald Trump sanno già di avere in tasca le nomination dei rispettivi partiti in vista delle elezioni di novembre per la Casa Bianca. A sancirle, dando così inizio alla campagna elettorale presidenziale vera e propria, saranno le rispettive convention, in programma a Milwaukee tra il 15 e il 18 luglio per i repubblicani e a Chicago tra il 19 e il 22 agosto per i democratici. Fino ad allora, però, si continuerà a votare in diversi Stati: 18 Stati devono infatti ancora esprimere le proprie preferenze e i primi in ordine cronologico sono Florida, Arizona, Kansas, Illinois e Ohio, al voto domani, 19 marzo. Stati da non sottovalutare, poiché potrebbero essere decisivi nelle elezioni del prossimo 5 novembre.
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Le primarie in Arizona
Primarie aperte in Arizona, uno Swing State che potrebbe essere decisivo anche per le prossime elezioni presidenziali. Particolarmente rumorosa in campo democratico la campagna “ Vote Ceasefire AZ”, che sostiene il cessate il fuoco a Gaza e chiede di votare per Marianne Williamson invece che per Joe Biden. L’obiettivo dichiarato è raggiungere i 10mila voti, cioè il margine con il quale il presidente si è assicurato la vittoria nello Stato nel 2020 ai danni di Trump. Finora questo voto di protesta ha avuto risultati altalenanti: ha funzionato in Michigan e Minnesota mentre, come ha osservato il Washington Post, in altri Stati, come il Massachusetts, il voto “non impegnato” è stato proporzionalmente inferiore a quello delle primarie democratiche del 2012 che vedevano Barack Obama in campo. In campo repubblicano, invece, resta il solo Donald Trump, che non avrà problemi a ottenere tutti e 43 i delegati messi in palio dallo Stato. Sulla scheda saranno presenti anche altri candidati minori, come John Anthony Castro, David Stuckenberg e Ryan L. Binkley.
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Le primarie in Florida
In Florida le primarie sono a numero chiuso. Solo gli elettori che sono membri registrati di partiti politici possono votare per i candidati del rispettivo partito. Una persona può registrarsi presso un partito o modificare la propria affiliazione al partito in qualsiasi momento, ma per votare per un candidato di partito alle prossime elezioni primarie, la persona deve registrarsi presso quel partito o cambiare partito entro il termine di registrazione per quell'elezione primaria. Per i repubblicani, come è noto, Donald Trump è ormai l’unico candidato in campo e gioca praticamente in casa, visto che una delle più note tenute del tycoon si trova a Mar-a-Lago e il governatore Ron de Santis si è da tempo ritirato per sostenere proprio l’ex presidente. L’unico dato a cui fare perciò attenzione sarà l’affluenza (le votazioni sono ormai in corso da più di un mese, grazie al cosiddetto early voting) e la percentuale che otterrà The Donald, che sarà sicuramente molto buona ma che potrebbe comunque evidenziare una piccola minoranza contraria al ritorno del tycoon al 1600 di Pennsylvania Avenue, che potrebbe essere dirottata sui candidati ormai ritirati. E per i democratici? Non ci saranno primarie: il comitato democratico ha iscritto il solo Biden al ballottaggio e, con la presenza di un solo candidato, è stato automaticamente dichiarato vincitore, per il disappunto di tanti che avrebbero voluto far sapere al presidente il proprio disappunto per quanto sta succedendo a Gaza.
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Le primarie in Kansas
Storia particolare è invece quella delle primarie in Kansas, dove il voto non è destinato ai candidati ma al partito, che organizza caucus per assegnare i delegati. Sono primarie chiuse, dove quindi gli elettori non affiliati devono prima denunciare la propria appartenenza. Anche in questo caso non sono previste grandi sorprese: a vincere con ampio margine saranno rispettivamente Donald Trump e Joe Biden. Nel 2020 la sfida presidenziale tra i due era stata vinta nettamente dal tycoon, che si era imposto con il 56,18%, con Biden che però aveva fatto registrare la più alta percentuale dai tempi di Barack Obama nel 2008.
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Le primarie in Illinois
Altro swing State degno di nota è l’Illinois, dove le primarie sono anch’esse aperte. Le primarie presidenziali democratiche vedranno sulla scheda, oltre al presidente Biden, anche Frankie Lozada, Dean Phillips e Marianne Williamson. I candidati alle primarie presidenziali repubblicane presenti sulla scheda sono, oltre a Trump, anche Ryan Binkley, Chris Christie, Ron DeSantis e Nikki Haley. I delegati vengono assegnati in modo proporzionale sia in campo democratico, dove sono 147, che in campo repubblicano, dove invece sono 64. Vittorie che si prospettano facili in entrambi i casi ma, considerando che nel 2020 Biden ha vinto per poco più di un milione di voti, attenzione a coloro che non voteranno per il presidente in carica e l’ex presidente.
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Le primarie in Ohio
La serata elettorale vedrà tutta l’attenzione concentrarsi sull’Ohio, Stato dove nel 2020 Trump si è imposto su Biden per poco meno di 500 mila elettori. Sulla scheda degli elettori democratici saranno presenti, oltre al presidente, anche Dean Phillips, che si è ritirato, mentre su quella dei repubblicani ci saranno, oltre a Trump, anche Nikki Haley, Vivek Ramaswamy, Chris Christie e Ron DeSantis. Nessuna grande sorpresa è attesa nemmeno da questa votazione, che vedrà prevalere i due candidati già certi della vittoria ma, come sempre, va fatta attenzione all’early voting e a possibili sacche di voti minoritari, che potrebbero far capire le tendenze di voto in vista del 5 novembre.