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Putin in Arabia e negli Emirati per parlare di Ucraina, Palestina e petrolio

Mondo
©Ansa

Il leader del Cremlino prova a rilanciare la posizione della Russia sullo scenario internazionale: a convincerlo a provarci adesso anche la resilienza dell'economia russa contro le sanzioni occidentali e il mancato trionfo della controffensiva ucraina. Domani, 7 dicembre, volerà a Mosca il presidente iraniano Raisi

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Putin è arrivato nella Penisola Arabica: tenta di rilanciare l’immagine della Russia nel contesto internazionale, cercando di mostrarla meno isolata. Il leader del Cremlino è volato quindi per una missione lampo di un giorno negli Emirati Arabi Uniti, dove è atterrato ad Abu Dhabi, e in Arabia Saudita, per parlare di petrolio, del conflitto in Ucraina (GLI AGGIORNAMENTI LIVE) e di quello tra Israele e Hamas. Dell’ultimo parlerà poi anche con il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in viaggio domani – 7 dicembre – a Mosca. 

Putin negli Emirati

Ad Abu Dhabi, Putin ha incontrato il presidente Mohamed bin Zayed al Nahya. Al centro, come detto, le guerre in Ucraina e a Gaza, ma anche il commercio. Le relazioni tra i rispettivi Paesi hanno "raggiunto un alto livello senza precedenti" e gli Emirati sono diventati il maggiore investitore nell'economia russa tra i Paesi del Medio Oriente, ha detto il leader del Cremlino, come citato dall'agenzia Tass. Il presidente emiratino avrebbe invece sottolineato come lo scorso anno gli investimenti del suo Paese nei settori non petroliferi russi sono più che raddoppiati rispetto all'anno precedente. 

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Il viaggio di Putin

Secondo gli esperti, è un insieme di circostanze che ha convinto Putin a tornare sulla scena internazionale: la resilienza dell’economia russa nell’attutire i colpi delle sanzioni occidentali; il rifiuto di gran parte dei Paesi del mondo - tra cui i due Stati arabi visitati - di seguire gli Usa e la Ue su questa strada; il mancato trionfo della controffensiva ucraina. 

Il conflitto tra Israele e Hamas

Intervenendo in video al vertice del G20 dello scorso mese, Putin aveva parlato di quanto sta succedendo sul territorio della Striscia di Gaza come di uno "sterminio della popolazione civile in Palestina". Più volte ha già affermato che per la Russia l'unica soluzione che può garantire un futuro di pace è quella dei due Stati. Adesso, ha sottolineato il suo consigliere per la politica estera Yuri Ushakov, "la priorità è quella di arrivare a una tregua durevole" con uno "scambio di prigionieri e detenuti". Proprio da qui si è partiti nei colloqui di oggi. Mosca sente di essere in una posizione privilegiata per cercare di guidare un negoziato, dati i buoni rapporti tenuti con entrambe le parti. Anche se, in realtà, Israele non è molto contento di come si sta comportando la Russia: a ottobre una delegazione di Hamas ha fatto visita a Mosca. Da non dimenticare poi che movimento islamico palestinese è tra sostenuto dall'Iran. 

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Il petrolio

Il consigliere Ushakov aveva poi annunciato che – oltre al conflitto in Ucraina – sul tavolo dei colloqui con i leader arabi c'è anche il petrolio. L'Arabia Saudita e la Russia sono i Paesi leader nell'organizzazione degli esportatori Opec+, i cui membri hanno deciso la settimana scorsa tagli volontari per un totale di 2,2 milioni di barili al giorno (un milione solo Riad e 500mila Mosca) nel primo trimestre del 2024 per sostenere i prezzi. Intanto, da un’inchiesta di Politico è emerso come sia sostanzialmente "fallito" il price cap deciso un anno fa dai Paesi dell'Ue e del G7 per il petrolio russo esportato via mare, che mirava a prosciugare le risorse economiche del Cremlino da impiegare nel conflitto ucraino. Un rapporto del Centro per la ricerca sull'energia e l'aria pulita (Crea) ottenuto dai giornalisti della testata americana, ha evidenziato che, a causa delle falle nell'applicazione della norma e dell'esportazione di greggio attraverso Paesi terzi, il petrolio Urals della Russia viene venduto attualmente a circa 70 dollari al barile rispetto ai 60 previsti dal tetto imposto.

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