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Israele-Hamas, cosa succede ora? La guerra può coinvolgere altri Paesi?

Mondo
Michele Cagiano de Azevedo

Michele Cagiano de Azevedo

©Ansa

La guerra è ormai un fatto inevitabile ma i possibili rischi e scenari sono vari. Il conflitto resterà isolato alla striscia di Gaza o andrà a coinvolgere anche altri Paesi? Intanto l'esercito israeliano ha richiamato i riservisti e prepara un'operazione su larga scala

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Centinaia di morti e feriti, centinaia di ostaggi. L’operazione di Hamas ha colto di sorpresa Israele. Il bilancio è drammatico e anche inedito. Non era mai successo in passato che si osasse tanto. Cosa succederà? La guerra è già un fatto inevitabile. Ma resterà isolata alla Striscia di Gaza? Il conflitto si estenderà anche agli altri territori palestinesi e sul fronte Nord, al confine con il Libano? E’ possibile che l’escalation della guerra arrivi oltre confine, in altre aree del Medioriente? Tutti gli scenari sono aperti, proviamo ad andare con ordine. (ISRAELE-HAMAS. LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA)

La reazione israeliana a Gaza. Cosa può succedere?

Si chiama “Operazione Spade di Ferro”. E’ cominciata, con un assedio a tutto campo. L’esercito israeliano ha richiamato i riservisti e sta organizzando una operazione su larga scala. Per ora, raid aerei sulla Striscia con bombardamenti mirati su obiettivi indicati dalla intelligence di Tel Aviv. Poi, nelle prossime ore, secondo fonti americane, il via alla operazione di terra, con l’uso di carri armati e fanteria. Colonne di mezzi blindati sono già state avvistate, l’ingresso a Gaza sembra inevitabile. Ma c’è una differenza rispetto a tutte le altre volte in cui ci si è trovati nelle stesse condizioni. In questo caso, centinaia di ostaggi sono nelle mani dei guerriglieri palestinesi nella Striscia di Gaza e saranno inevitabile scudo alle azioni militari. Da quel che si sa, sono stati divisi su tutto il territorio, da Gaza City a Khan Yunis, e sono gestiti dalle diverse fazioni in lotta, non solo Hamas. Sappiamo inoltre che quel lembo di terra così minuto, incastrato tra Israele, Egitto e costa mediterranea è il più densamente popolato. Un’azione di guerra indiscriminata porterà a tante vittime civili e al rischio di perdere gli ostaggi. Difficilmente, però, il governo di Netanyahu potrà trattare. Una sola altra opzione sembra percorribile: rinviare l’invasione di terra, chiudere la Striscia di Gaza a ogni rifornimento esterno, dalla elettricità all’acqua. E chiedere il rilascio degli ostaggi. Ma sembra ormai troppo tardi.

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L’apertura di altri fronti: Libano e Cisgiordania

Hezbollah è una organizzazione paramilitare islamista presente sul territorio libanese. E’ collegata alla galassia sciita, ha combattuto al fianco di Bashar al-Assad in Siria, è supportata dall’Iran ed è antisionista e al fianco di Hamas. E’ possibile che partecipi al conflitto, aprendo un secondo fronte? Per il momento, ci sono state solo azioni sporadiche. Il Consiglio regionale israeliano dell’area Nord ha invitato i cittadini delle aree di confine a una evacuazione temporanea di uno-due giorni. Ma in molti non hanno dato seguito, secondo il sindaco di Kiryat Shmona gli abitanti della zona sono abituati all’emergenza. In ogni caso, Israele ha schierato diverse batterie di missili terra-aria sulla linea di demarcazione. Anche il Contingente Unifil, schierato dal 2006 al confine tra Libano e Israele che conta anche la presenza di mille soldati italiani, ha fatto sapere “di essere in contatto con le parti per prevenire un rapido deterioramento della situazione”.

In Cisgiordania, sale la tensione, di ora in ora. Scontri si sono registrati a Gerusalemme Est e in alcuni campi profughi. Il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas ha usato parole di sostegno per Hamas: “Il nostro popolo ha il diritto di difendersi contro i crimini israeliani e le violazioni commesse nei luoghi sacri, a cominciare dalla Moschea di Al Aqsa”. Eppure, al di là delle parole, sembra improbabile l’apertura di un terzo fronte. Da un punto di vista militare, la Cisgiordania non ha facile accesso alle armi, alla logistica e all’addestramento, a differenza di Hezbollah e di ciò che accade a Gaza. Potranno esserci manifestazioni e scontri, difficilmente attività militari organizzate.

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La guerra può coinvolgere altri Paesi?

In questo momento, nel mirino di tutta la Comunità internazionale c’è l’Iran. L’accusa non è soltanto di sostenere politicamente Hamas, ma anche di averli armati tramite il poroso confine egiziano e di averli aiutati a pianificare l’attacco. Secondo il Wall Stret Journal, i dirigenti di Hamas avrebbero incontrato più volte in Libano funzionari delle Guardie rivoluzionarie.

Fino a oggi, c’è stata una linea rossa invalicabile: il governo di Teheran non può essere il mandante di un attacco in territorio israeliano. Un portavoce della delegazione iraniana all’Onu ha detto: “Non siamo coinvolti nella risposta della Palestina, che è stata portata avanti esclusivamente dalla Palestina”. Cosa sta succedendo, dunque? C’è un cambio di rotta, con la nuova generazione che sfida la vecchia al vertice da anni in Iran e impone una nuova strategia? I negoziati tra Israele e Arabia Saudita hanno imposto una accelerazione? Ora, la reazione più probabile è una azione mirata di Israele. Prendendo in considerazione tutte le opzioni, è irrealistico pensare che l’esercito di Tel Aviv abbia la capacità di muovere azioni militari di altro tipo sul territorio iraniano. Fino a oggi, Israele si era mossa con il sostegno degli Stati Uniti contro obiettivi militari singoli. Azioni spesso non rivendicate ufficialmente.

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