Il riconoscimento è stato assegnato all’attivista iraniana "per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua promozione dei diritti umani e della libertà per tutti". Vicepresidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, è detenuta a Teheran. La presidente del Comitato norvegese per il Nobel, arrivando al leggio per l'annuncio ha detto "Donna, vita, libertà", slogan che dopo la morte di Mahsa Amini viene scandito dai manifestanti nel Paese. L'Iran: "Decisione faziosa e politica"
È l’attivista iraniana Narges Mohammadi la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023. Il riconoscimento le è stato assegnato dall'Accademia di Svezia "per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua promozione dei diritti umani e della libertà per tutti". Mohammadi, vicepresidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, è attualmente detenuta nel carcere di Evin a Teheran. Berit Reiss-Andersen, presidente del Comitato norvegese per il Nobel, arrivando al leggio per l'annuncio del Premio, come prima cosa ha detto "Donna, vita, libertà", lo slogan che da un anno, dopo la morte di Mahsa Amini, scandiscono le iraniane e gli iraniani nelle proteste che hanno scosso il Paese. La famiglia di Mohammadi ha commentato: "Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran". "Congratulazioni a Narges Mohammadi per l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace. Il suo impegno ispira le donne del mondo a difendere la loro libertà e i loro diritti - ha scritto sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni - L'Italia sarà sempre al fianco delle donne per il rispetto dei diritti fondamentali e della libertà". L'Iran ha definito "faziosa e politica" la scelta del comitato del Nobel di assegnare il premio a Mohammadi. Invece il presidente degli Stati Uniti Joe Biden loda il "coraggio e la determinazione" della vincitrice del premio Nobel. Un riconoscimento che mostra come il "mondo continua a sentire la sua voce e il suo appello alla libertà e all'uguaglianza", afferma Biden esortando il governo dell'Iran a rilasciarla.
"Mohammadi sconta 31 anni, l'Iran la liberi"
Il comitato per il Nobel, assegnando il Premio per la Pace, ha affermato che "la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l'ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate". I premi Nobel per la Pace di quest'anno e degli ultimi anni dimostrano che "la democrazia è in declino", ha affermato la presidente del comitato Nobel Berit Reiss-Andersen motivando l'assegnazione del premio di quest'anno a Narges Mohammadi, attraverso il quale il comitato spera di inviare un segnale al governo iraniano affinché "ascolti il proprio popolo". Reiss-Andersen ha spiegato che nominare Mohammadi come vincitrice di quest'anno è "prima di tutto un riconoscimento ad un intero movimento in Iran con la sua leader indiscussa Narges Mohammadi". E ha aggiunto: "Speriamo che sia un incoraggiamento a continuare il lavoro in qualunque forma questo movimento ritenga opportuno". Alla domanda su come verrà consegnato fisicamente il premio a dicembre, la presidente del comitato norvegese ha detto che spera che il governo iraniano prenda "la decisione giusta", autorizzandola a ricevere il Nobel. "La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane", ha commentato l'Onu.
Il fratello di Mohammadi: "Mia sorella potrebbe non uscire mai da Evin"
"La gioia è grande. Sono così felice per Narges", ha detto il fratello di Narges Mohammadi, Hamidreza, all'emittente norvegese NRK. L'uomo, come riporta il Guardian, ha detto che non sa se sua sorella riceverà la notizia subito "ma forse qualcuno glielo dirà in prigione". Carcere dal cui l'attivista iraniana potrebbe non uscire mai: "È difficile dire che possa essere rilasciata, sotto questo regime", ammette il fratello Mohammadi. L'auspicio dell'uomo è che il premio renda "più sicuro l'Iran: la situazione lì è molto pericolosa, gli attivisti possono perdere la vita".
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Chi è Narges Mohammadi
Nata a Zanjan il 21 aprile 1972, Narges Mohammadi è laureata in fisica ed è un ingegnere. Già negli anni universitari fu arrestata durante alcuni raduni studenteschi e scrisse diversi articoli a sostegno dei diritti delle donne. Nel 2003 è entrata a far parte del Centro per la difesa dei Diritti Umani, guidato dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, di cui è diventata poi vicepresidente. Nel 1999 ha sposato il giornalista riformista Taghi Rahmani, con il quale ha avuto due figli. Rahmani, dopo aver scontato 14 anni di reclusione, si è trasferito in Francia, mentre Mohammadi è rimasta in Iran per proseguire il suo lavoro per i diritti umani.
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Gli arresti
Mohammadi viene arrestata per la prima volta nel 1998 per aver criticato il governo, e rimane un anno in carcere. Finisce ancora in prigione, nella struttura di Evin, nel 2010, dopo essere stata convocata alla Corte rivoluzionaria islamica per la sua adesione al Centro per la difesa dei Diritti Umani. Altri arresti si susseguono nel 2011, nel 2015 e nel 2016 con accuse che vanno dall’"aver agito contro la sicurezza nazionale" alla "propaganda contro il regime": nel mirino anche le sue interviste ai media internazionali e il suo incontro nel marzo 2014 con l'allora Alto Rappresentante dell'UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Catherine Ashton. Il 16 febbraio 2021 Mohammadi viene arrestata arbitrariamente a Karaj, nella provincia di Alborz, mentre partecipa a una commemorazione per Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze di sicurezza iraniane durante le proteste nazionali nel novembre 2019. Il 15 gennaio 2022 viene condannata a otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate. Secondo Amnesty International, le vengono negate le cure mediche nonostante soffra di una malattia polmonare. Nel dicembre 2022, durante le proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini, Mohammadi, in un rapporto pubblicato dalla Bbc, racconta gli abusi sessuali e fisici sulle donne detenute e nel gennaio 2023 fornisce un rapporto scioccante dal carcere che descrive dettagliatamente la condizione delle donne nella prigione di Evin, incluso un elenco di 58 prigioniere e il processo di interrogatorio e le torture che hanno subito.