Terremoto in Marocco, oltre 2.800 morti. Il governo dice sì agli aiuti solo da 4 Paesi

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I soccorritori faticano a raggiungere le aree rurali vicine a dove è stato registrato l’epicentro del sisma: "Quando cerchiamo di creare nuovi accessi, si aprono voragini. Non c'è elettricità e gli elicotteri non possono lavorare di notte", spiega Abdelrahim Aid Douar, sindaco di Tata N'Yaacoub. Polemica sugli aiuti: Rabat ha accettato squadre soltanto da quattro Paesi spiegando di aver tenuto conto che "la mancanza di coordinamento in tali situazioni potrebbe essere controproducente"

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Si continua a scavare, anche a mani nude, fra le macerie del Marocco colpito dal terremoto. Molte zone rurali e remote, vicino all’epicentro del sisma, rimangono isolate. È lì che si contano la maggior parte delle 2.862 vittime finora comunicate da Rabat. Secondo gli ultimi bilanci ufficiali, tra le aree più colpite ci sono le province di Al Haouz, Taroudant e Chichaoua. Seguono le province di Ouarzazate, Marrakech, Azilal e la prefettura di Agadir. Si segnalano decessi anche nella Grande Casablanca e nelle province di Youssofia e Tinghir. I feriti, molti dei quali gravi, sono 2.562. E scoppia la polemica sugli aiuti.

Le difficoltà dei soccorsi

Alcune città e villaggi nelle zone montagnose più colpite fuori da Marrakesh sono stati completamente rasi al suolo, mentre cresce la frustrazione della popolazione locale per gli scarsi aiuti giunti per l'estrazione degli eventuali sopravvissuti dalle macerie, poiché le squadre di intervento faticano a portare i macchinari nelle aree remote, riferisce la Bbc. A Marrakech, l'operatrice ospedaliera Manel, ripresa dall'emittente britannica, ha spiegato di aver perso 10 parenti nel terremoto, nei villaggi fuori città dove l'accesso è difficile: "Non possiamo fare nulla da ora perché volevamo andare ad aiutare ma non possiamo perché la strada è interrotta. Dovrebbero aprire le strade. Per ora non abbiamo altre informazioni perché Internet e tutto il resto là non funziona".

Sulla via del ritorno gli italiani bloccati sull'Atlante

Intanto è finalmente libera di tornare a casa la famiglia di turisti italiani rimasta bloccata sui monti dell'Atlante. I tre - padre, madre e figlio di 15 anni - erano arrivati il 31 agosto in Marocco e hanno il volo di rientro da Fes, il 14 settembre. Sono in auto, incolonnati, dietro le ambulanze che hanno la precedenza, sulla strada che li porta a Taroudant. Ad attenderli, al passo del Tiz'n Test, il console italiano di Agadir, Antonella Bertoncello. Questa mattina, incoraggiati dai lavori di consolidamento i tre italiani hanno deciso di affrontare la strada con l'auto. Sono stati però bloccati, poco più di un chilometro oltre, da un altro cratere apertosi all'improvviso. La Protezione civile che è sul posto ha spianato la strada e liberato il percorso per permettere ai soccorritori di arrivare nei villaggi che erano ancora isolati. Ci sono volute ore per mettere in sicurezza il tragitto. Alle 19.52 (le 20.52 in Italia), finalmente il via libera.

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Gli aiuti

Mentre il Re Mohammed VI ha chiesto alle autorità e ai cittadini di pregare in tutte le moschee del Regno, monta la polemica per gli aiuti. Il Marocco ha confermato di aver accettato squadre di soccorritori soltanto da quattro Paesi - la Spagna, il Regno Unito, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar - mentre tutte le altre persone che stanno aiutando sono volontarie. La denuncia arriva anche dal presidente della Ong francese Secouristes sans Frontières, Arnaud Fraisse: "Normalmente avremmo preso un aereo che decollava da Orly un minuto dopo il sisma. Purtroppo non abbiamo ancora l'accordo del governo marocchino". Ma la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, ha respinto stamattina - in un'intervista a BFM TV - qualsiasi tensione fra Rabat e Parigi, smentendo l'esistenza di una "querelle" fra i due governi. La ministra ha invitato a "rispettare" le decisioni del Marocco, che è "un Paese sovrano", che ha deciso di "dare la priorità all'arrivo degli aiuti, rivolgendosi ai Paesi disponibili caso per caso e non ricevendo aiuti che non corrisponderebbero alle sue necessità". Da molti Paesi è comunque partita la gara di solidarietà. L'Algeria ha proposto un piano urgente per fornire aiuti, qualora Rabat volesse accettarlo visto i rapporti con i vicini. L'Italia, tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani, si è detta pronta a inviare aiuti e team sanitari. Come hanno fatto la Francia, la Turchia e gli Stati Uniti. Ed è arrivato il via libera della Commissione europea ai primi aiuti umanitari, per un totale di un milione di euro. Solo a Marrakech, afferma l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), sono in 300mila ad aver bisogno di aiuto.

La posizione del re

Il re Muhammad VI ancora non si fa vedere: né in tv, né nelle aree colpite a mostrare vicinanza ai suoi sudditi, limitandosi a decretare tre giorni di lutto nazionale e a lanciare un appello alla preghiera. Tornato proprio da Parigi - dove era in visita privata - poche ore dopo la scossa di magnitudo 7, il re ha partecipato domenica - insieme al figlio ventenne, il futuro Hassan III - a una riunione di crisi del governo, finita con un comunicato e senza alcuna dichiarazione alla nazione.

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La decisione di Rabat

Rabat ha "effettuato una valutazione precisa delle esigenze sul campo" e "in questa fase specifica" della drammatica emergenza provocata dal terremoto "ha risposto favorevolmente alle offerte di sostegno di Paesi amici, vale a dire da Spagna, Qatar, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti". Lo ha segnalato una nota del ministero dell'Interno marocchino ripresa da L'Opinion, con la quale il governo punta a porre fine alle polemiche suscitate dal rifiuto di aiuti. Il ministero dell'Interno marocchino ha chiarito nella nota di aver accettato l'aiuto offerto solo da quattro Paesi "in questa fase specifica", giustificando la sua decisione "tenendo conto che la mancanza di coordinamento in tali situazioni potrebbe essere controproducente". In ogni caso, il governo non esclude di chiedere aiuto ad altri Paesi, se necessario: "Con l'avanzamento delle operazioni di intervento, la valutazione dei possibili bisogni potrebbe evolversi, il che consentirebbe di sfruttare le offerte di sostegno presentate da altri Paesi amici, secondo le esigenze specifiche di ogni fase".

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Il sindaco del paese epicentro: "Solo morti e macerie"

"Sono il sindaco di un comune che non c'è più e sono qui a scavare con le mani e con ogni mezzo, nella speranza di trovare vivo qualcuno", dice Abdelrahim Aid Douar, 34 anni, sindaco di Tata N'Yaacoub, il comune dove ha avuto epicentro il terremoto. I 28 tra paesi e piccoli villaggi che fanno parte del comprensorio, tra cui Ighil e Imlil, non è ancora riuscito a visitarli tutti. "Quelli che ho visto, però, sono ridotti a cumuli di macerie", spiega all'Ansa. La strada per raggiungerli, a 120 chilometri da Marrakesh è interrotta in più punti. "I soccorsi sono resi difficili dal fatto che quando cerchiamo di creare nuovi accessi, si aprono voragini. Non c'è elettricità e gli elicotteri non possono lavorare di notte". Si scava senza sosta, con le mani soprattutto ma anche con gli escavatori che si sono salvati: erano in dotazione del municipio ed erano parcheggiati a valle. Un lavoro senza sosta e una corsa contro il tempo, ma con esiti spesso drammatici, perché, dice il sindaco, "tra coloro che ho cercato di raggiungere, al telefono o anche urlando a squarciagola, non mi ha risposto nessuno".

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